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    ''SONO UN NINFOMANE CHE NON RAGGIUNGE MAI L'ORGASMO'' - KARL LAGERFELD È MORTO A 81 ANNI DICHIARATI, 85 PROBABILI. STILISTA, FOTOGRAFO, ILLUSTRATORE, ARTISTA, DESIGNER, ICONA POP E SUPERSTAR, COME UNICA STELLA POLARE AVEVA LA SCORRETTEZZA POLITICA. HA LAVORATO PER E RIVOLUZIONATO CHLOÈ, FENDI, CHANEL, MA ANCHE H&M. NEL 2001, APPASSIONATO DI JUNK FOOD E DI COCA COLA, PERDE 42 CHILI IN MENO DI UN ANNO, E LA SUA DIETA DIVENTA UN BESTSELLER. A 11 ANNI CHIESE ALLA MADRE ''COS'E' L'OMOSESSUALITA'?'' E LEI RISPOSE...


     
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    Serena Tibaldi per ''D - la Repubblica''

    https://d.repubblica.it/moda/2019/02/19/news/morte_karl_lagerfeld_stilista_direttore_creativo_di_chanel_ricordo-4299878/?ref=twhr

     

    KARL LAGERFELD GILET GIALLO KARL LAGERFELD GILET GIALLO

    Se volete essere politically correct siatelo pure, ma per favore non provate a coinvolgere gli altri nella vostra discussione, perché sarebbe la fine di tutto. Volete essere noiosi? Basta essere politically correct". Questo, in estrema sintesi, il Lagerfeld-pensiero: ironico, assolutamente non allineato, controtendenza e soprattutto personale.

     

    Se c'è una cosa che Karl Lagerfeld non ha mai cercato di fare è stato cercare di accattivarsi le simpatie del pubblico: lui è sempre andato avanti per la sua strada, a prescindere da successi (molti) e polemiche (altrettante). Karl Lagerfeld, leggendario stilista, fotografo, illustratore, artista, designer, icona pop e superstar della moda si è spento all'età (forse) di 85 anni, e si può affermare con totale sicurezza che il mondo della moda non sarà davvero più lo stesso.

     

    Definito un uomo rinascimentale, capace di avere mille interessi e mille capacità diverse, un genio, un punk (la definizione è di Riccardo Tisci, che in un'intervista a D La Repubblica del 2013 lo portò a esempio della moda meno "allineata"), soprannominato Kaiser Karl per l'imponenza della sua figura nel panorama stilistico, rappresenta una figura unica, di quelle che gli americani definiscono "larger than life", che valica i limiti del suo lavoro.

     

     

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    Una cosa va detta subito di Lagerfeld: le cose andavano fatte a modo suo, a prescindere dal resto. È accaduto così persino per la sua data di nascita e la sua famiglia: Karl Otto Lagerfed nasce ad Amburgo il 10 settembre 1933 da Otto, imprenditore nel campo dei prodotti caseari, ed Elizabeth Bahlmann, che all'epoca dell'incontro con il futuro marito lavorava come commessa in un negozio di Berlino.

     

    E qui, le cose si complicano: lui sostiene le origini nobiliari della famiglia, spiegando che la madre era conosciuta come "Elizabeth di Germania" e che il padre era Otto Ludwig Lagerfeldt, di una nobile casata svizzera, e di essere nato nel '38, per poi parlare del '35. Un programma televisivo tedesco, intervistando un suo compagno di scuola, conferma il '33 come anno corretto, lui nicchia fino alla fine ma poco importa, lui può.

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    Quel che è certo è che a 14 anni va a Parigi a studiare arte e disegno, perché il talento è evidente. Parla diverse lingue, si fa subito notare, nel 1954 vince il neonato Woolmark Prize, antesignano dei premi di moda tanto in voga oggi: a dargli la vittoria il bozzetto di un cappotto, mentre l'altro talento emergente con cui si deve spartire il titolo, Yves Saint Laurent, ha creato un abito da sera.

     

    Dopo il trofeo va a fare l'assistente da Pierre Balmain, all'epoca l'epitome dello chic parigino, poi per 5 anni disegna la haute couture di Jean Patou. Al suo debutto alcune giornaliste abbandonano la sala indignate per gli spacchi e gli scolli degli abiti: le critiche non sono particolarmente positive, ma per Lagerfeld la cosa conta poco, e continua a scorciare gli orli sino e a strutturare le forme in maniera nuova, inusitata. La verità è che la couture da sola gli sta stretta, perché è al contemporaneo, alla realtà e al progresso che tende naturalmente.

    KARL LAGERFELD KARL LAGERFELD

     

    L'arrivo da Chloé nel 1963 (fino al '78, per poi tornare alla guida del brand tra il '92 e il '97) è dunque l'ideale per lui, perché può dar vita alla sua visione. Le sue donne sono eteree, bohémienne, sexy e a tratti persino camp, ma di sicuro sono vere e vestite per la realtà che le corconda. Nel '65 inizia il suo sodalizio da Fendi, dove firma un contratto a vita (lo stesso accordo che sottoscriverà anni dopo da Chanel). Con le sorelle Fendi diventa uno di famiglia, le sarte degli atelier romani lo conoscono e lo adorano, lui lavora instancabilmente su sempre più progetti: nel 1974 fonda anche il brand che porta il suo nome, e che a fortune alterne prosegue ancora oggi (nel 2005 lo ha rilevato Hilfiger, lasciandogli però il controllo artistico).

     

    Nel 1983 le cose cambiano, ancora una volta. A dieci anni dalla morte di Coco gli viene chiesto di prendere in mano la maison Chanel e renderla di nuovo "di moda". I suoi amici lo scongiurano di non farlo, di non rovinarsi la vita in quel mausoleo polveroso e superato, ma per lui è una sfida da vincere: e la vince, eccome. Con un notevole senso degli affari punta sui simboli della maison, manipolandoli e svecchiandoli sino a renderli pop.

     

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    Spiega di sapere bene che Coco odierebbe quello che sta facendo, ma che il suo compito è proprio evitare di ripetere ciò che è stato già fatto, ma di proiettarsi nel futuro. Con lui Chanel torna a essere uno dei punto di riferimento dello stile, uno status symbol, qualcosa da esibire tanto per le gran dame quanto per le star e le it-girl della nuova generazione. Intanto, nel 1989, scompare il suo compagno storico, Jacques de Bascher, dandy di ultima generazione e carismatica figura del panorama notturno parigino. È l'unico legame che Lagerfeld, sempre molto discreto, abbia mai ammesso.

     

    Assieme alla grandezza del marchio anche la fama di Lagerfeld cresce di pari passo: da fotografo realizza le campagne stampa di Fendi e Chanel, segue una serie di progetti "collaterali", dall'editoria di moda (ultimo in ordine di tempo il numero di dicembre di Vogue Paris) al design di arredi, passando per la Steidl, casa editrice in cui detiene una partecipazione, al Calendario Pirelli, fino (persino) ai gadget e ai gelati. La sua casa di Parigi, con la spettacolare biblioteca, zeppa di volumi, è spesso adibita a suo studio fotografico: quello che conta per Lagerfeld è non fermarsi mai, continuare a fare e a scoprire cose nuove.

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    È un onnivoro culturale, a chi gli chiede se sia mai pienamente soddisfatto dopo una sfilata risponde di essere come "una ninfomane che non raggiunge mai l'orgasmo". Nel 2001 lui, appassionato di junk food e di Coca Cola, perde 42 chili in meno di un anno: la sua dieta diventerà anche un libro, e a chi gli chiede perché lo ha fatto, spiega che voleva potersi vestire con i completi di Hedi Slimane, da molti indicato come suo naturale successore, non solo spirituale. 

     

    KARL LAGERFELD KARL LAGERFELD

    Quando si tratta di dare il suo parere, non si tira mai indietro, e i risultati spesso sono piuttosto controversi: per spiegare le ragioni della magrezza delle sue modelle afferma che a nessuno piace osservare delle donne giunoniche, descrive Adele un po' troppo grassa (salvo poi scusarsi precipitosamente con lei), indica nei pantaloni delle tute il segno del cedimento finale, ammette di vestirsi come se fosse un personaggio in maschera per proteggersi dagli estranei, di odiare le conversazioni "intellettuali" perché l'unico parere che gli interessa è il suo, stigmatizza chi protesta contro le pellicce definendo l'argomento infantile per  una società in cui si mangia carne e ci si veste di pelle.

     

    LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI KARL LAGERFELD A CUBA LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI KARL LAGERFELD A CUBA

    Non ha nemmeno paura di essere "popolare": è a lui che H&M affida la prima collezione creata da un grande designer nel 2004. Le code fuori dagli store per accaparrarsi un pezzo sono lunghissime, ma lo stilista ha da ridire: troppo bassi i quantitativi prodotti, secondo lui, per una linea il cui scopo è quello di portare la grande moda di lusso alla massa (si irrita anche per il fatto che i suoi modelli, pensati per persone magre, siano stati prodotti anche in taglia 48 da donna, ma pazienza).

     

    Nello stesso periodo però, un documentario del 2005, "Signé Chanel", racconta il rapporto di stima profonda e affetto che c'è tra lui e le sarte dell'atelier parigino, mentre la sua passione negli ultimi anni è Choupette, una bellissima gatta birmana donatagli dal suo protetto, Baptiste Giabiconi, alla quale lui riserva dei cameriere 24 ore su 24 e che ritrae spessissimo nei suoi editoriali. A questo punto resta da capire chi prenderà il suo posto: da Chanel pare che Slimane sia già dato per certo, da Fendi ancora tutto tace, ma la questione va ben oltre la moda pure e semplice. Se ne è andata un'icona, amata e discussa: e quello è un vuoto che non si colmerà facilmente.

     

     

     

    KARL LAGERFELD

    Da www.cinquantamila.it, a cura di Giorgio Dell'Arti

    Laura Laurenzi, ”la Repubblica” 15/7/2007

     

    laura brown e karl lagerfeld laura brown e karl lagerfeld

    Non si rilassa neanche per un minuto, tutto preso a recitare se stesso. E che messinscena: sembra (volutamente) Nosferatu, il principe della notte. Un po' Nosferatu e un po' Dorian Gray: dicono i maligni che si abbigli sempre e invariabilmente in questa maniera per occultare gli insulti del tempo. La camicia bianca inamidata dal colletto altissimo, sotto la quale sembra ingessato, a nascondere le grinze sul collo. I mezzi guanti di pitone nero, con le borchie: non esce mai senza, dicono lo faccia per coprire le macchie dell' età.

     

    Gli occhi perennemente nascosti dietro gli occhiali scuri, anche di notte. è complicato parlare a lungo con una persona, di argomenti anche seri, senza mai, neppure un secondo, intercettare il suo sguardo. Sostiene che tiene sempre gli occhiali, notte e giorno, per vedere le cose in una tonalità più smorzata: «Se poi me li levo, le persone che ho intorno dimostrano di colpo dieci anni di più».

     

    LAGERFELD CHOUPETTE LAGERFELD CHOUPETTE

    E difatti non se li leva. Eccolo lo stilista più pagato, più eclettico, più cosmopolita, più erudito del mondo. Stilista? Non solo. Karl Lagerfeld è molto altro: è un fotografo (e sogna di essere il nuovo Helmut Newton), è un creativo pubblicitario, è un editore, è un imprenditore, è un furibondo collezionista d' arte, a tempo perso anche un attore. Da qualche tempo è pure proprietario di una libreria, 7L, specializzata in libri d' arte, moda, fotografia, nel cuore della rive gauche parigina, in rue de Lille, la strada dove abitava Lacan.

    anna wintour e karl lagerfeld anna wintour e karl lagerfeld

     

    Non che lo si trovi al banco, però la segue con attenzione. è qui che mi dà appuntamento, in un arioso retrobottega dove predominano i toni austeri del grigio e un rigoroso e geometrico ordine. Il pretesto è parlare della campagna pubblicitaria che ha appena firmato e fotografato per lo champagne Oenothèque di Dom Pérignon. Glamour e lusso da manuale. Ha rispolverato la sua conterranea Claudia Schiffer immortalandola in una sorta di fotoromanzo in bianco e nero dove lei incarna docilmente personaggi, tipologie, voluttuosi travestimenti accarezzati dalla fantasia maschile: la donna in carriera, la camerierina, la geisha, la cantante afro, una palpitante Maria Antonietta, multiforme e incline alla metamorfosi secondo i diversi accostamenti proprio come uno champagne di gran marca.

     

    cara delevingne e pharrell williams per karl lagerfeld 9 cara delevingne e pharrell williams per karl lagerfeld 9

    E prepariamoci alla campagna dell' anno prossimo, sempre per Dom Pérignon. Lagerfeld ce l' ha già tutta in testa: «La protagonista sarà Gisele Bundchen, prototipo di donna forte, in una reinterpretazione delle Liaisons dangereuses. Il set naturalmente Versailles. Quando io ho un' idea non la discuto mai. è così e basta: prendere o lasciare. Questo c' è di bello alla mia età: che non devo lavorare per vivere».

     

    Anche oggi pomeriggio il look è quello di sempre, da damerino del Settecento rivisitato in chiave dark: capelli ormai bianchi, non c' è più bisogno di incipriarli come faceva da giovane, legati in un codino, cravatta di cuoio nero, al collo un filo di grosse perle grigio scuro, di perle anche la spilla che immobilizza la cravatta. Niente ventaglio oggi: quello lo sfoggia in genere durante le uscite mondane, gli piace molto, prima non sapeva come tenere occupate le mani.

    karl lagerfeld vivienne westwood karl lagerfeld vivienne westwood

     

    Ha cominciato a usarlo, racconta, nei ruggenti anni Settanta quando frequentava lo Studio 54 «dove faceva un gran caldo e non c' era l' aria condizionata». Tutto è studiato in Karl Lagerfeld e nel suo personaggio, ogni dettaglio, ogni mossa, ogni parola. Arriverà presto nelle sale un film su di lui e sulla sua vita speciale: «Una troupe mi ha seguito ovunque per due anni di fila, me li ritrovavo dappertutto, era strano. Mi sono rivisto e mi ha fatto una curiosa impressione. Non so se mi sono piaciuto. Sembravo piuttosto un personaggio dei cartoni animati!».

    yves saint laurent karl lagerfeld yves saint laurent karl lagerfeld

     

    Il film si intitola Lagerfeld Confidential e uscirà il 10 ottobre. Col suo codino e il suo colletto inamidato è così immediatamente riconoscibile, così famoso, da non riuscire neppure a camminare per la strada: «Non solo qui a Parigi, sa? In tutto il mondo. Neanche fossi una rockstar. Mi piacerebbe andarmene in giro indisturbato, ma non è possibile. Ho sempre bisogno di una bodyguard, sono gli inconvenienti della popolarità. è lusinghiero, mentirei se dicessi il contrario, ma avrei preferito mi fosse capitato quando ero giovane, non so, a 40 anni».

     

    karl lagerfeld karl lagerfeld

    Già. E adesso quanti ne ha? La sua data di nascita è nebulosa: lui accredita il 1938, ma secondo altre fonti sarebbe nato nel 1933. Una cosa è certa: da quando, qualche anno fa, è dimagrito fino in pratica a dimezzarsi (ha perso 43 chili in tredici mesi, e lo ha raccontato in un best seller) vive il mantenimento della sua ritrovata forma fisica come una sorta di religione il cui oggetto di culto è l' adorazione di se stesso. «è stato meraviglioso riscoprire le mie ossa. C' erano ancora, erano ancora lì! Da quando ho perso tutto quel peso la mia energia è decuplicata. Non sono mai stanco, lavoro ore e ore e mi sento sempre fresco, dormo bene, sono tranquillo, ho sempre tantissime idee».

    karl lagerfeld prima della dieta karl lagerfeld prima della dieta

     

    Come fa a resistere, come fa a non mangiare? «Non mangio mai, mai, nulla di ciò che non mi è consentito. Mai dolci, mai pane, mai burro, mai formaggio, quasi mai carne. Fortunatamente ho due cuochi francesi bravissimi che lavorano per me a turno 24 ore al giorno e mi preparano manicaretti meravigliosi, rigorosamente dietetici, ogni volta che ne ho voglia. Capisco che per la gente normale è più complicato». E come fa quando va a cena fuori?

    karl lagerfeld 1954 karl lagerfeld 1954

     

    «A cena fuori? Io non vado mai a cena fuori. Non metto mai piede in un ristorante, se vado nelle case private non mangio niente oppure faccio finta di mangiare. Ma non è stato difficile: basta usare la forza di volontà. Mi sono convinto, in una sorta di autoipnosi, che tutto quello che mi fa ingrassare fa schifo, anzi: è di plastica. Cioccolata? è plastica, non la voglio. Dolci? Plastica. Pasta? è di plastica. Guardi che funziona, basta crederci». Amando i paradossi annuncia ridendo: «Ammiro la gente che distrugge se stessa perché io sono capace soltanto di preservarmi!».

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    Della moda sembra non avere particolare voglia di parlare. Di come riesca («Non mi costa nessunissimo sforzo») a disegnare per Chanel e poi per Fendi e poi magari per H&M cambiando completamente stile, ma restando se stesso. Di come abbia lanciato una sua griffe col suo nome senza mai aver raggiunto il successo sperato, ma di come abbia invece mietuto onori e sia diventato una sorta di Re Mida per conto terzi. Di come, oltre mezzo secolo fa, era il 1955, la sua strada si sia divisa da quella del collega e coetaneo Yves Saint Laurent.

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    Cominciano insieme, a Parigi, vincendo ex aequo un concorso, giovanissimi; lui va disegnare da Balmain, Saint Laurent da Dior. Dior muore all' improvviso e Saint Laurent a 21 anni diventa una star, mentre Lagerfeld, prima di assurgere all' olimpo della fama, deve pazientare lunghi anni. Deve aspettare di essere scritturato - non senza riserve all' inizio, lo ritenevano troppo sulfureo - per rianimare il boccheggiante marchio Chanel, gioco di prestigio che gli riesce magnificamente.

     

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    Se c' è una parola che lo irrita, lui che vive nel lusso e lo alimenta a livello planetario, è "esclusivo": «Una parola atroce». E chi spende migliaia di euro per comprare un tailleur Chanel non compra una cosa esclusiva? «Assolutamente no. è un equivoco. Compra una cosa costosa, expensive. Non è la stessa cosa». Parla velocissimamente, saltabeccando nervosamente dal francese all' inglese con rapidissime incursioni nella sua lingua madre, il tedesco. Ripete volentieri quello che ha già detto varie volte: «Sono un ninfomane della moda che non raggiunge mai l' orgasmo, sono un eterno insoddisfatto». Ma dice anche che «la moda è felicità, non sopporto i colleghi che creano soffrendo, in fondo facciamo solo vestiti».

     

    karl lagerfeld karl lagerfeld

    E si definisce «un acrobata, un camaleonte, un raffinato voyeur». Ha un' idea molto chiara sulla bellezza femminile, lui che ha fotografato e frequentato le donne più ammirate del mondo: «Non esiste una bellezza omologata o omologabile, non può esserci una seconda Brigitte Bardot o un' altra Nicole Kidman o una nuova Kate Moss. Ognuna è bella e unica alla sua maniera. E comunque condivido quello che scrisse il poeta Marlowe: non c' è bellezza senza qualche cosa di strano nelle proporzioni».

     

    Parla di Gianfranco Ferré, che fotografò facendolo travestire da mamie di Via col Vento, a ciglio asciutto: «Ci divertimmo immensamente. Un servizio fotografico in cui ebbi l' idea di capovolgere i ruoli: i bianchi erano i servitori e i neri erano i padroni. Così ho fatto vestire John Galliano da cameriera, Manolo Blahnik da giardiniere, Ferré da nutrice negra. Quante risate! Ecco, mi piace ricordarlo così, Ferré, in mezzo a tutta quell' allegria». Chissà com' è quando si toglie gli occhiali. La sua sfera privata è sua e sua soltanto. Ha raccontato tante volte che a 11 anni chiese alla madre: che cos' è l' omosessualità? Lei minimizzò: niente di importante, come avere i capelli neri oppure averli biondi, tutto qui. Il grande amore di Karl Lagerfeld è morto nell' 89, falciato dall' Aids: si chiamava Jacques de Bascher e aveva 38 anni. Fu chiuso nella bara abbracciato al suo orsacchiotto Mischka.

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    Non meraviglia che dopo tanto tempo Lagerfeld sia ancora così inaccessibile anche a se stesso. Già da prima diceva: sono immune all' amore, non mi innamoro mai, sono innamorato soltanto del mio lavoro. L' intervista è finita, il tempo è scaduto. Kaiser Karl deve andare a prepararsi, a cambiarsi, a reinterpretarsi e ad ingabbiarsi in una delle sue mille tenute tutte uguali per la grande festa in onore di se stesso, delle sue foto patinate, di Claudia Schiffer versione secolo dei Lumi. Codice d' abbigliamento, c' è scritto nel lussuosissimo invito, «libertino».

     

    Lui è perfetto, quasi in maschera; gli altri ospiti tirano un po' via. La festa è in una delle sue molte dimore di alta rappresentanza: un palazzo con scalone e stucchi e specchi, fughe di saloni, lusso sibaritico, un grande giardino, a due passi dalla sua libreria, in rue de l' Université. Lo champagne, è il caso di dirlo, scorre a fiumi. Anzi: da bere c' è solo quello, o al massimo acqua. Un' altra cena di lavoro; chissà se c' è mai un momento in cui Lagerfeld, l' acrobata, il camaleonte, il raffinato voyeur, tira il fiato e si rilassa.

     

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