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    AVVISO AGLI EVASORI FISCALI: LA NUOVA DIRETTIVA DELLA COMMISSIONE EUROPEA TRASFORMA I COMMERCIALISTI IN “SPIE” DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE - IN CHE MODO? OBBLIGANDOLI PER LEGGE A COMUNICARE GLI “SCHEMI DI PIANIFICAZIONE FISCALE AGGRESSIVA” PREDISPOSTI PER I LORO CLIENTI – ECCO COSA PUO’ ACCADERE…


     
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    Andrea Bassi per “il Messaggero”

     

    EVASIONE FISCALE EVASIONE FISCALE

    Il grido di allarme è arrivato, per ora inascoltato, anche al Tesoro. I commercialisti rischiano di trasformarsi in sceriffi del Fisco. Questo potrebbe essere l'effetto della direttiva della Commissione europea approvata qualche giorno fa, il 13 marzo scorso, dall'Ecofin. Lo scopo delle nuove norme europee è nobile: impedire le evasioni fiscali transfrontaliere, quelle, per intendersi, che hanno reso famosi alcuni schemi messi in atto per esempio dalle multinazionali del web come il «double irish», che ha permesso a società come Apple di pagare pochi spiccioli di tasse a fronte di fatturati miliardari.

     

    Solo che per raggiungere lo scopo, l'Europa ha deciso di trasformare tutti i consulenti fiscali, commercialisti in testa, in spie delle Agenzie delle Entrate dei vari paesi. In che modo? Obbligandoli per legge a comunicare gli «schemi di pianificazione fiscale aggressiva» predisposti per i loro clienti.

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    LE CONTRADDIZIONI

    Il primo problema è che la definizione di pianificazione fiscale aggressiva è molto lasca, e dunque i commercialisti, ma anche gli altri consulenti fiscali, come gli avvocati tributaristi, si potrebbero trovare nelle condizioni di dover comunicare molte operazioni messe a punto per i loro clienti.

     

    Nel documento inviato prima dell'approvazione della direttiva al ministero del Tesoro, il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti, ha sottolineato, per esempio, come l'Ace, l'aiuto alla crescita economica, una misura per incentivare gli investimenti voluta dal governo italiano, venga considerata dalla Commissione europea una pratica aggressiva.

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    Ma il punto sostanziale è un altro. «Obbligare le persone a comunicare alle pubbliche autorità l'esistenza di atti o fatti illegali», si legge nel documento del Consiglio Nazionale dei commercialisti, «è il sogno di ogni governo». Se da un lato è vero che «informatori volontari» sono normalmente previsti dalla legge, e anche protetti, come nel caso dei whistleblowers, dall'altro l'obbligo di denuncia, soggetto a sanzioni penali in caso di violazione, «non è frequente anche in relazione a situazioni che sono chiaramente particolarmente gravi». Nemmeno in caso di rapina a mano armata o di rapimento esiste un obbligo di denuncia, ricorda il documento del Consiglio nazionale.

     

    «Sul fine della proposta di direttiva», spiega Alessandro Solidoro, consigliere nazionale dei commercialisti con delega alle attività internazionali, «siamo tutti d'accordo. Che le tasse vadano pagate dove il reddito viene prodotto», sottolinea, «è un principio fondamentale». Il problema, secondo Solidoro, è un altro.

     

    Agenzia delle entrate Agenzia delle entrate

    «Il legislatore», spiega, «ha scritto la normativa avendo in testa le grandi società di consulenza, che spesso giocano su due tavoli: quello di consulenti dei governi per scrivere le legislazioni fiscali, e quello di consulenti delle multinazionali». In alcuni, anche clamorosi, si legge ancora nel documento del Consiglio Nazionale dei commercialisti, gli schemi elusivi derivavano da aiuti di Stato, e quindi già noti all'autorità competente alla quale dovrebbero essere comunicati.

     

    LE CONSEGUENZE

    Ma quali sono concretamente le controindicazioni per i commercialisti di questo obbligo di delazione? Innanzitutto, spiegano, i loro clienti potrebbero essere preoccupati di confidare la loro situazione complessiva effettiva, così inducendoli in errore. Cosa accadrebbe poi, se la segnalazione fosse considerata falsa o inutile? Ci potrebbero essere delle ritorsioni legali da parte degli stessi clienti.

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    Qualcuno rischierebbe di finire a processo senza aver violato la legge. Insomma, «un obbligo di comunicazione soggetto a sanzione», spiegano, «trasformerebbe un privato e onesto cittadino in un pubblico ufficiale, col rischio che molti (in buona o cattiva fede) potrebbero denunciare altri per il solo fatto di non averne ricevuto una buona impressione, o per limitare le proprie responsabilità». Senza contare che i clienti potrebbero rivolgersi a studi di Paesi extracomunitari che non hanno lo stesso obbligo di segnalazione. «La Svizzera», osserva Solidoro, «dista solo 74 chilometri dal mio ufficio». Molto a questo punto dipenderà da come l'Italia recepirà la direttiva, che dovrà diventare legge entro il 2019.

     

     

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