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    BREXIT CARA E AMARA - OGGI PARTONO I NEGOZIATI CON TRA LONDRA E L’UE IN UN CLIMA DI INCERTEZZA - THERESA MAY NON HA PIU’ LA MAGGIORANZA E LA SUA DEBOLEZZA COMPLICA LE TRATTATIVE - PER L’EUROPA E’ PIU’ CONVENIENTE AVERE IL REGNO UNITO COME PARTNER O COME RIVALE? LA RISPOSTA E’ NEI DATI. ECCOLI


     
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    Stefano Stefanini per “la Stampa”

     

    BREXIT PASSAPORTO BREXIT PASSAPORTO

    Brexit parte tardi e male. Può arrivare peggio. Per evitarlo occorre far maturare il nuovo rapporto fra Unione Europea e Regno Unito senza conti alla rovescia. Uscire sbattendo la porta di Bruxelles può essere disastroso per i britannici; chi è causa del suo mal pianga se stesso. È però nell' interesse dell' Ue gettare basi sane delle future relazioni attraverso la Manica sulle macerie di Brexit. Le acque della globalizzazione sono agitate; sull' Atlantico spirano venti contrari all' Europa su commercio internazionale, cambiamenti climatici, Iran, bilanci difesa. Vogliamo Londra come partner o come rivale? Elementare, direbbe Sherlock Holmes.

     

    BREXIT I GIORNALI INGLESI BREXIT I GIORNALI INGLESI

    La lista delle mine economico-industriali vaganti, nonché degli interessi e posti di lavoro a rischio, è infinita. Chi farà le ispezioni alle centrali nucleari britanniche dopo l' abbandono di Euratom? Che fine faranno le catene di produzione che attraversano l'Europa, come quella di Leonardo, secondo investitore straniero nell' industria difesa del Regno Unito?

     

    theresa may firma la richiesta secondo l articolo 50 theresa may firma la richiesta secondo l articolo 50

    Nissan e Toyota producono nel Regno Unito per i 500 milioni del mercato Ue. Che assorbe quasi la metà (48%) delle esportazioni britanniche. L'Ue fornisce il 55% delle importazioni. Uk è il quarto Paese di destinazione delle esportazioni italiane (5.4% nel 2016); il terzo di quelle tedesche (7,1%). Ryanair ha avvisato Londra: o trova rapidamente un' intesa bilaterale con l' Ue o Brexit la lascerà fuori da «Open Skies», senza voli da e per il Regno Unito a partire da marzo 2019. Banche e società finanziarie si domandano se rimanere nella capitale britannica o emigrare sul continente. E così via.

     

    nick clegg protesta davanti al parlamento nick clegg protesta davanti al parlamento

    Tardi. Il bagaglio di carne al fuoco è enorme. Il negoziato Brexit inizia oggi a Bruxelles, esattamente un anno dopo il referendum britannico (23 giugno): dodici mesi di riscaldamento per portarsi ai blocchi di partenza. Il Regno Unito si accorge adesso che la preparazione atletica è sbagliata; spera di mettersi a regime in corso d'opera. Pensare che il groviglio che lega Londra all'Ue possa essere armoniosamente sciolto, e rimpiazzato, nei prossimi 21 mesi è una pericolosa illusione.

     

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    Male. La responsabilità è soprattutto britannica. Col voto dell' 8 giugno Theresa May si è autoinflitta un tallone d'Achille. Guida un governo di minoranza. Dipende sia dai 10 seggi del partito unionista nord-irlandese (Dup), pro-Brexit ma pro-frontiera aperta con Dublino, sia dai 13 seggi scozzesi del suo partito che non vogliono l'uscita dal mercato unico. Alla sua posizione su Brexit (taglio netto) è andato in fumo il consenso interno.

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    Nel Parlamento che dovrà approvare qualsiasi accordo con l'Ue e rinazionalizzare l'intera legislazione europea, May non ha più la maggioranza. L'Ue gioca bene ma in difesa. Ha tracciato le linee rosse senza sbavature fra i 27. Ha un' unità tatticamente impeccabile, ma strategicamente evasiva.

     

    Non si è chiesta cosa fare col Regno Unito dopo Brexit. Sa cosa vuole adesso, non dove arrivare in futuro. Londra ha fatto il contrario, con una fuga in avanti sulla partnership bilaterale post-Brexit. Vengono però prima le questioni da risolvere: conto da pagare, confini terrestri da gestire (Irlanda, Gibilterra), residenti da garantire reciprocamente.

     

    brexit farage juncker brexit farage juncker

    La confluenza d'insicurezza politica britannica con le rigidità tattiche Ue è foriera di tempesta perfetta. Non c' è negoziato peggiore di quello con una controparte debole. Londra è dilaniata dal dilemma fra tagliare tutti i ponti («hard Brexit», con o senza accordo con Bruxelles), e trovare una formula per rimanere nel mercato unico o nell' unione doganale («soft Brexit»).

     

    La prima opzione, scelta da May, non ha più maggioranza nel nuovo Parlamento; la seconda avrebbe una maggioranza trasversale, che spaccherebbe il partito conservatore e il governo. La prima mette a rischio l' economia, la seconda la politica.

     

    FARAGE E JUNCKER FARAGE E JUNCKER

    L'incauto voto alla vigilia del negoziato ha aggrovigliato il nodo Regno Unito. May voleva licenziare il Cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammond, contrario alla «hard Brexit»; se l' è dovuto tenere. Hammond non ha perso tempo a gettare acqua sul fuoco degli entusiasmi dei «Brexiteers»: sappiamo come cominciare il negoziato, ha detto, come finirà dipende anche dalla controparte. Solo i britannici possono tirarsi fuori dall' impasse in cui si sono cacciati. L'Ue può però aiutarli dando loro tempo.

     

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    Questo significa accantonare la finzione di Brexit concluso entro marzo 2019. La scadenza può essere rispettata per la formale uscita di Londra dall' Unione, purché seguita da un consistente periodo di transizione (4-5 anni) durante il quale il Regno Unito rimanga nell' Area Economica Europea (Eea), eventualmente adattando i modelli Svizzera o Norvegia. La decompressione è indispensabile per risolvere le innumerevoli pendenze e negoziare il nuovo rapporto Ue-Regno Unito.

     

    I britannici dovranno aiutarsi da soli, e molto. Questa soluzione significa mettere a freno l'impazienza dei Brexiteers e accettare, durante il periodo transitorio, sia l' immigrazione dall' Ue che la giurisdizione di Strasburgo. Bocconi amari da ingoiare per Theresa May, ma prezzo da pagare al disastro elettorale. D' altro canto è l' unica via d' uscita dal vicolo cieco, con pragmatismo politico e buon senso economico. E anche il messaggio tranquillizzante che il settore privato britannico e multinazionale attende pazientemente da un anno.

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    Transizione non esclude né «hard» né «soft» Brexit. Non esclude nulla; rinvia a un Brexit a mente fredda. Fra sei o sette anni i leader sotto i quali si è dipanato il pasticcio, da May a Juncker, da Merkel a Tusk, saranno probabilmente storia; alcuni (Cameron, Hollande) lo sono già. Meglio affidarne l' esito a successori più freschi.

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