DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
- ASSALTO A TIM: ORA SILVIO TIFA PER ELLIOT CHE SFIDA BOLLORÉ
Estratto dall’articolo di Stefano Feltri e Carlo Tecce per ‘il Fatto Quotidiano’
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Elliot compra, sfratta Bolloré, trasforma l' azienda in una public company all' americana senza alcun socio-padrone e rivende quando il titolo sarà salito: questo è il piano.
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Elliot è un fondo americano, molto attivo in Italia e tangente a tutto il mondo berlusconiano: ha finanziato con 300 milioni Yonghong Li, acquirente del Milan da Berlusconi. E poiché il misterioso finanziere cinese è in difficoltà, Elliot rileverà la squadra, dove ha già messo in cda un suo uomo, l' ex ad dell' Eni, Paolo Scaroni, imputato per corruzione internazionale e oggi vicepresidente della banca Rothschild.
Anche le mosse di Elliot su Tim si reggono su uomini che, come Scaroni, sono di area di centrodestra e stimati da Berlusconi: a occuparsi delle pratiche sul golden power c' è Antonio Catricalà, ex viceministro dello Sviluppo e sottosegretario a Palazzo Chigi, con la giurista Luisa Torchia. Secondo fonti vicine al dossier, Elliot avrebbe già in programma di mettere in cda di Tim lo stesso Scaroni e Paolo Dal Pino, che già dieci anni fa ha mancato di poco la poltrona di ad Telecom. Advisor dell' operazione è la società di consulenza Vitale & C.
Poiché è ragionevole pensare che Elliot abbia già coalizzato un fronte anti-francese, Bolloré e Vivendi saranno messi in minoranza all' assemblea dei soci il 24 aprile e non potranno più esprimere presidente e ad, oggi manager Vivendi, Arnauld de Puyfontaine e l' israeliano Amos Genish.
Indebolito anche dall' ostilità in Francia della presidenza di Emmanuel Macron, un Bolloré dimezzato sarà un avversario molto più agevole per Berlusconi. Il finanziere bretone sarà costretto a trattare, ma non più da una posizione di forza: nel bilancio di Vivendi le azioni di Tim sono in carico con un prezzo di acquisto medio di 1,1 euro mentre in Borsa valgono 0,77 centesimi, nonostante il rialzo del 6 per cento ieri.
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- DAL PINO E SABELLI
Estratto dall’articolo di Rosario Dimito per ‘Il Messaggero’
In base allo statuto, Elliott potrà chiedere l' integrazione dell' ordine del giorno entro 30 giorni; dato che i termini per presentare una propria lista per il nuovo cda prevedono invece 40 giorni, entro il 15 marzo si saprà chi sarà chiamato, nelle intenzioni del fondo Usa, a dare la scossa all' ex incumbent. Secondo quanto risulta al Messaggero, il candidato ceo sarebbe Paolo Dal Pino, profondo conoscitore di Tim avendone guidato le attività in Brasile ed ex ceo di Wind; nella squadra come presidente anche Rocco Sabelli, già ceo del gruppo al tempo di Roberto Colaninno, e Paolo Scaroni, storicamente vicino al fondo statunitense.
- IL FONDO AVVOLTOIO DI SINGER
- Gianluca Paolucci per la Stampa
La domanda che ieri circolava più insistentemente sulla chat dei trader di Borsa era: dove si fermerà questa volta Elliott?
La quota rastrellata dal fondo di Paul Singer per ora è di poco inferiore al 5% di azioni ordinarie, più un pacchetto di titoli di risparmio. Soglia che non fa scattare l' obbligo di comunicazione, ma il fondo ha tenuto comunque a far sapere, dopo le indiscrezioni di Bloomberg nella notte di ieri, di aver studiato per mesi il dossier Tim, spendendo «tempo e risorse significative».
Guardando alla storia del fondo, che ha 34 miliardi di asset in gestione, questa affermazione sembra preparare a una vera e propria offensiva di quelle che hanno reso celebre Elliott e ancora più ricchi i suoi sottoscrittori. Anche a costo di aspettare anni e investire in avvocati quanto in titoli.
Il caso più clamoroso è quello dei bond argentini, rastrellati a prezzi stracciati dopo il default di Buenos Aires del 2001 e che - dopo quindici anni e una lunga serie di battaglie legali - hanno reso 2,4 miliardi di dollari, quasi quattro volte l' investimento iniziale. Nel 2016 ha dato l' assalto a Samsung, chiedendo una serie di azioni tra le quali una profonda revisione della governance del colosso coreano della telefonia. Alcune delle richieste - compreso un aumento dei dividendi - sono state accolte. E il titolo nel frattempo è salito di circa il 50%.
In Italia Elliott si è guadagnato i titoli dei giornali per il finanziamento di Li Yonghong, che senza i 300 milioni di Singer non avrebbe potuto chiudere l' affare. Per averli, Li paga quasi 35 milioni all' anno, pari a un interesse dell' 11,5% e ha dovuto dare in pegno l' intero capitale della società che lui ha comprato da Fininvest valorizzandola 740 milioni di euro. Se va bene, Elliott guadagna un bel po' di soldi. Se va male e Li non paga, si prende con 300 milioni tutto il Milan.
Meno mediatico il caso di Ansaldo Sts, che vede il fondo contrapposto a Hitachi. Il sospetto è quello di una vendita non proprio limpida da parte di Finmeccanica al gruppo giapponese. In attesa che la questione venga risolta nelle aule di tribunale, Elliott ha rastrellato il 30% e bloccato il delisting della società italiana. Sempre in Italia è presenta anche nella ricca partita dei crediti deteriorati delle banche, con una partecipazione nel Credito fondiario.
Poca cosa, rispetto all' altra grande battaglia che vede da mesi impegnato Elliott: l' assolto al più grande operatore minerario del mondo, l' australiano Bhp Billton. La modalità è pressoché identica da Ansaldo a Bhp: viene individuata una società con quotazioni insoddisfacenti e preme per ottenere cambi strategia, blocco di operazioni straordinarie cambi di manager. Fondo «attivista» - come si presenta - o «avvoltoio» - come lo definiscono i suoi detrattori poco conta.
Quello che conta è che quando Elliott scommette sulla crescita di un titolo di solito ci guadagna un sacco di soldi. Se per di più ci tiene a sottolineare di aver studiato la società «per mesi» e spendendoci tempo e denaro, per Tim e per il suo socio Vivendi si preparano tempi piuttosto intensi.
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