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    COME VIVERE, E BENE, ANCHE SENZA SOCIAL - DA LAPO ELKANN A KLOPP SONO MOLTI I VIP CHE STANNO ABBANDONANDO FACEBOOK, TWITTER E INSTAGRAM – IL FRAGOROSO ADDIO DI AL BANO: “NELLA MER*A NON MI PIACE STARE, E QUELLO È UN MONDO DI MER*A” - UN LIBRO CI SPIEGA COME TORNARE AL MONDO REALE


     
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    Antonello Piroso per “la Verità”

     

    LAPO ELKANN LAPO ELKANN

    Si può vivere - e bene, anzi: meglio - senza social network? Si può essere asocial, non bazzicare cioè Facebook, Instagram, Twitter, e non per questo trasformarsi in un animale asociale, senza amici e disinformato? Si può staccare la spina, cessare di essere iperconnessi, uscire dalla virtualità della bolla (e relative balle di contorno, grazie agli algoritmi che gonfiano i numeri del tuo presunto «gradimento") di follower e like?

     

    Non stiamo parlando dell' uso del computer o di Internet. Qui ci si riferisce alle relazioni digitali che s' instaurano quando - aprendo una pagina Facebook, un profilo Instagram, un account Twitter - entriamo in rapporto con chi non conosciamo. Sottoponendoci -volenti o nolenti-al suo giudizio. Fenomeni al tramonto? No.

     

    Ma se non si può parlare di un' inversione di tendenza, qualche segnale di stanchezza, qualche dichiarazione di ripensamento circa le magnifiche sorti e progressive di questi strumenti di comunicazione interpersonali comincia ad affiorare. Una ricerca della Stanford e della New York University, The welfare effects of social media, ha certificato che i soggetti sottoposti all' esperimento «un mese senza Facebook» hanno visto migliorare la loro salute psicologica e il loro umore.

     

    Mutamento che tuttavia non riguarda solo anonime cavie. In Germania, il leader dei Verdi, Robert Habeck, ha annunciato il suo abbandono, dopo un infortunio (un tweet scritto frettolosamente sulle alleanze nientemeno che in Turingia) all' origine di un piccolo «caso» politico. Habeck se n' è andato perché secondo lui i social rendono «più aggressiva» la comunicazione.

     

    Analoga presa di posizione è quella di un altro nibelungo, l' allenatore del Liverpool Jurgen Klopp: «L' aver rinunciato ai social è la decisione più intelligente che ho preso in vita mia. La gente può scrivere ciò che vuole, tanto le offese non mi colpiscono perché non le leggo proprio».

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    Da noi, due anni fa è stato Lapo Elkann a pronunciare la fatidica frase «Non gioco più, me ne vado»: «Comincia una nuova fase per me, personale e professionale, e la vorrei vivere offline: nel mondo reale, non in quello virtuale». Contemporaneamente gli faceva eco Al Bano, sancendo il suo addio a Facebook: «Dopo un infarto, un' ischemia, un edema alle corde vocali, ci mancava solo questa guerra (sui social, ndr) inutile, disgustosa e vergognosa». Distacco che non gli pesa, se -come ha appena ribadito - «nella merda non mi piace stare, e quello è un mondo di merda. Ci sono troppe persone con disagi che si sfogano, producendo uno squallore unico».

     

     

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    E non è neanche una mosca bianca (come lo ha definito il Fatto Quotidiano commentando la sua scelta), perché l' attrice Giovanna Mezzogiorno, davanti all' esibizionismo collettivo cui lei si sottrae non avendo account, è sbottata: «Io sono sbalordita da questa voglia di essere continuamente guardati in ogni fase della propria vita. Ma chi se ne frega!

     

    Tu, individuo social, sai che la tua vita non è così interessante? Anzi, è super-noiosa. Non ci importa nulla della tua vacanza! È pura presunzione: perché devo credere che la mia foto al mare con una birra interessi qualcuno? E se succede, vorrei andare da questa persona e dirle che ha un problema».

     

    Al che, bisognerebbe mandare in analisi -nemmeno una cattiva idea, in fondo- i milioni di fan dei Ferragnez, Chiara Ferragni e Fedez, che sul voyeurismo di massa hanno costruito la loro fortuna, mettendo di mezzo anche il figlioletto. Insomma: se una volta si diceva che un fatto non ripreso da una telecamera, non raccontato dalla tv, era come non fosse accaduto, oggi ciò varrebbe per la tua stessa identità. Non esisti se non sei presente e visibile sui social network (anche professionalmente, se non sei su Linkedin).

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    Era stato un buon profeta, il filosofo Gianni Vattimo nel 1989: aveva previsto una marcia a tappe forzate verso l'«estetizzazione dell' esistenza», il suo restyling -se non addirittura il suo lifting- con uno spostamento del confine tra vita e verità. Perché se desideri che sia ammirata, o invidiata, la devi esporre. Imbellettandola. O ostentandola, trasformandoti però in un bersaglio -se ciò avviene in modo plateale e pacchiano, da arricchito- degli squadristi da tastiera.

     

    Ma allora: perché complicarsi la vita? Perché, semplicemente, non smetterli di usarli, i social network e i social media? È quanto esorta a fare Jaron Lanier, studioso del virtuale fin dai suoi albori, che vive nella Silicon Valley ed è un consulente dei laboratori di ricerca Microsoft, che ha scritto Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social.

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    Perché non ce ne rendiamo conto, ma siamo pedine di un modo di informarci e comunicare controllato da uno schema di business teso a «catturare e mantenere l' attenzione».

     

    E cosa c' è di meglio delle emozioni negative, ansia, rabbia, paura, per tenere connesse le persone, suggestionandole?Una sudditanza che spinge poi a cercare i propri simili, con cui ci si richiude in gruppi tribali che non si confrontano con gli altri, no: ci vanno in guerra. Facebook, Twitter e tutti gli altri social, insomma, ci hanno risucchiato in un vortice di indignazione, estremismo e isolamento che crea dipendenza. Avvelenandoci il carattere.

     

    Il rimedio? Uscirne. In dettaglio, ecco i dieci motivi per cui diventare asocial: 1 Stai perdendo la libertà di scelta2 Abbandonare i social media è il modo più mirato per resistere alla follia dei nostri tempi 3 I social media ti stanno facendo diventare uno stronzo4 I social media stanno minando la verità5 I social media tolgono significato a quello che dici6 I social media stanno distruggendo la tua capacità di provare empatia7 I social media ti rendono infelice

    al bano da maurizio costanzo al bano da maurizio costanzo

     

    8 I social media non vogliono che tu abbia una dignità economica9 I social media stanno rendendo la politica impossibile: I social media ti odiano nel profondo dell' animaGli ultimi tre punti concernono l' annosa questione del copyright (quando viene utilizzato materiale su cui non si vogliono pagare diritti agli autori); la politica come terreno non di confronto ma di scontro, a colpi anche di fake news (a cui ricorrono in molti: è la solita, vecchia disinformatija, solo che ora è quotidiana, amplificata e elevata all' ennesima potenza); l' odio inteso come prepotente desiderio di manipolarti omologandoti, espropriandoti così del libero arbitrio.

     

    Uno scenario apocalittico?

    Uno studio dell' università della Pennsylvania, condotto prima delle elezioni di Midterm negli Stati Uniti nel novembre scorso, ha evidenziato che i partecipanti all' indagine, rinunciando ai social network, erano meno polarizzati, ovvero decisamente meno inclini a contrapporsi a muso duro. Di certo, i social media -plasmando comportamenti e stili di vita - stannoimponendo un approccio diverso all' informazione e alla valutazione delle «notizie».

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    Parafrasando il titolo di una serie tv, L' ho letto in Rete, is the new (è diventato il nuovo) «L' ha detto la televisione».

     

    Con una particolarità, e al netto delle fake news. Scrive Rachel Botsman nel suo libro Di chi possiamo fidarci?, sottotitolo: Come la tecnologia ci ha uniti. E come potrebbe dividerci - che gli informatici della Columbia University e dell' Istituto nazionale francese hanno dimostrato come spesso si ritwittino i link (cioè i collegamenti) senza averli neppure aperti. Il 59 % di quelli condivisi non è mai stato cliccato. Le persone, cioè, sembrano sempre più disposte a diffondere una «notizia» che non hanno letto o un video che non hanno guardato. Formandosi un' opinione sulla base di un semplice feed, un riassunto, o un riassunto di riassunti, senza fare alcuno sforzo di andare un po' più a fondo, magari incrociando le fonti, paragonandole, per non scoprire poi di aver contribuito a rendere virale una «bufala».

    giovanna mezzogiorno giovanna mezzogiorno

     

    Con risultati paradossali. Il 13 febbraio 2012 Matteo Renzi posta due strani messaggi: «Xl m Nd» e «X vhgcuy». In pochi minuti, più di 50 persone li ritwittano. Non solo. Parte il dibattito: cosa avrà voluto dire il sindaco (all' epoca) di Firenze?

     

    Poco dopo è lo stesso Renzi a svelare l' arcano: «Apprezzabile lo sforzo esegetico per capire i miei ultimi tweet. Ma è solo l' iPhone lasciato aperto.

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    Stavo twittando #amiainsaputa». Diverso il caso dello scambio di colpi tra Theresa May e Donald Trump. Quando il presidente americano ha ritwittato un post con un video del gruppo Britain First, May ha scritto: «Ha sbagliato, quello è un gruppo che semina odio». Replica grondante soavità da tutto il toupet: «Pensa ai tuoi terroristi». Mandata però alla May sbagliata, un' omonima o forse un fake.

    piroso piroso

    Quando si dice: la nemesi.

     

    Ps. Secondo l' indagine annuale americana Trust Barometer, che misura l' indice di fiducia, nel 2018 la percentuale di chi si si rivolge ai media tradizionali per tenersi informato è passata dal 26 al 40%.

    Pro domo nostra, anche se i risultati della Verità sono brillanti, c' è da sperare comunque - con il linguaggio dei broker di Borsa - che non sia il rimbalzo del gatto morto.

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