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    COSA SUCCCEDE A BARCELLONA? I PROFUGHI CACCIATI DALLE NOSTRE SPIAGGE SI SONO TRASFERITI NELLA CAPITALE CATALANA - IL SINDACO ADA COLAU CELEBRA I MORTI NEL MEDITERRANEO ANZICHÉ LE VITTIME DEL TERRORISMO E PROPONE “IL NUMERO CHIUSO CONTRO GLI ECCESSI DEL TURISMO” …


     
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    Paola Pellai per “Libero Quotidiano”

     

    barcellona barcellona

    Uno dei tanti Mustafà (se chiedi il nome, la maggior parte ti risponde così) storce il naso al mio passaggio. È sulla trafficatissima Rambla del Mar con la sua lenzuolata di scarpe sportive contraffatte. Allungo l' occhio sulla mercanzia, quanto basta perché lui si faccia avanti. Indosso la maglietta arancione di chi sostiene l' indipendenza della Catalogna e a lui non piace. Lui non vuole una Barcellona né una Spagna diverse da quelle che lo hanno accolto.

     

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    Me lo spiega in un buon italiano senza inflessioni dialettali e con parole appropriate. Viene dal Senegal, ha 27 anni e il nostro Paese lo conosce bene per esserci sbarcato da rifugiato politico 4 anni fa: Palermo, Napoli, Genova, Novara, Rimini, Lecce, Ancona... Stava bene in Italia, ma a maggio ha intuito che le cose stavano cambiando velocemente e ha preferito andarsene.

     

    «Qui - mi racconta - non devo scappare da nessuno, i controlli sono praticamente inesistenti. Guarda quanti siamo e dove siamo: stiamo facendo un' attività illegale, è pieno giorno, da qui passano migliaia di turisti, nessuno ci dà fastidio. Io in Italia non torno, il governo è cambiato, tutto si è ribaltato. Ora ci sono delle regole, Matteo Salvini ci ha complicato tutto. La scorsa estate l' ho trascorsa da vu cumprà sulle spiagge della Romagna, impensabile riuscirci di nuovo. Sono fuggito via, lontano da Salvini. Ho ancora un fratello a Caserta, sta organizzandosi per raggiungermi».

     

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    Lo stanno facendo in tanti, l' Italia sta diventando troppo severa per loro e con loro. Meglio andare dove ti lasciano in pace e, anzi, a ogni passo ti ricordano che Barcellona «è e sarà sempre un rifugio per chi cerca protezione». Non si è spostato di un millimetro il modo di pensare del sindaco Ada Colau che, all' indomani della strage terroristica sulla Rambla, dichiarò: «Questa città ama la diversità e vuole essere una città di pace, ora più che mai dobbiamo stare assieme». E ancora: «Siamo la capitale della speranza in un' Europa sempre più xenofoba». E così lei ha pensato bene di proporre «il numero chiuso contro gli eccessi del turismo» e accogliere invece a braccia aperte i profughi.

    ada colau ada colau

     

    FUORI CONTROLLO Camminando per la Barcellona turistica incontri ovunque chi ti vuole vendere qualcosa di contraffatto. Alla luce del sole e con postazioni ingombranti. Fuori dalla Sagrada Familia, davanti alla Casa Batlò, lungo la Rambla, all' interno della metro di Plaza Catalonya, all' esterno del Camp Nou... Difficile non cedere alla tentazione di portarsi a casa per 15 euro (ma la trattativa parte da 25) la maglietta di Messi o la nuova di Ronaldo. Le vedi ovunque e le indossa chiunque. I poliziotti e pure la Guardia Local lasciano fare, passano in mezzo a quel mercato dell' illegalità senza sollevare timori né in chi vende né in chi acquista.

     

    L' unico intervento l' ho visto in un tardo pomeriggio sulla spiaggia di Barceloneta e ha «intrappolato» per qualche minuto quattro venditori nordafricani di acqua ghiacciata truccata da mojito o sangria (prezzo richiesto 10 euro, si chiude a 5). Quattro venditori sono il nulla in una processione senza sosta tra i turisti sdraiati sulla sabbia: girano tenendo sulle braccia vassoi stracolmi di bicchieri e, una volta finiti, ne riempiono di nuovi mimetizzati sull' arenile. Quando in lontananza vedono una jeep della polizia, si fermano e chiedono la complicità dei turisti per nascondere i sacchi di ghiaccio sotto i teli.

    barcellona folla barcellona folla

     

    Aspettano che la jeep si dilegui e ripartono anche loro. Come giocare a guardie e ladri. Quando la polizia riesce a fermarli, gli altri applaudono e prendono in giro chi si è fatto incastrare. La polizia svuota i bicchieri, raccoglie in sacchetti i corpi del reato, chiede i documenti che non hanno mai e, camminando, li porta in caserma.

     

    La verità è che chi ha rischiato di più sono stata io, beccata dalla poliziotta a scattare foto. Mi urla incazzata, mi punta il dito contro: io abbasso la testa e mi dileguo in fretta per non finire nei guai. È una strana Barcellona.

     

    Ci sono stata più volte negli ultimi anni, ma in quest' occasione è stata più fatica che gioia. Mi ha dato fastidio, ad esempio, che sulla Rambla io non abbia trovato (eppure l' ho cercato) un altare, una lapide, una corona di fiori o un qualsiasi segno che mi commemorasse il sacrificio di quelle 16 vittime innocenti (c' erano anche due italiani) del folle attentato messo a segno dall' Isis il 17 agosto 2017.

     

    SENZA VERGOGNA Lungo la passeggiata di Barceloneta, invece, è spuntato, su iniziativa del Comune, un «memoriale della vergogna» con un timer, costantemente aggiornato, sulle persone morte o scomparse nel Mediterraneo dall' inizio del 2018.

     

    BARCELLONA MANIFESTAZIONE PER IL DIALOGO BARCELLONA MANIFESTAZIONE PER IL DIALOGO

    E così mentre Barcellona diventa una città dai contorni multietnici, i balconi sono un rincorrersi di bandiere catalane che rivendicano un' identità sempre più compromessa. Ora non c' è più solo la sanguisuga di un governo centrale come è quello di Madrid, ma c' è anche un Consiglio Comunale capace di sovvenzionare con 132 mila euro (pari al 75% del progetto) la costruzione di una moschea islamica. E tutto ciò mentre restano in prigione i capi storici dell' indipendentismo catalano.

     

    Sono tanti i negozi che espongono la richiesta di libertà per questi traghettatori verso una Repubblica che è, innanzitutto, desiderio d' identità. Me lo spiega bene il catalano Fernando Almirante, 54 anni, piccolo artigiano del legno: «Non siamo Europa e neppure Spagna, siamo un mondo a parte. La Catalogna è nostra, non la svendiamo a nessuno e non vogliamo farcela depredare. Per noi la Spagna è un' entità fisica, nulla di più. La nostra bandiera, la nostra lingua, la nostra testa affonda in altre radici. E quelle sono la nostra storia. Vogliamo semplicemente tenerci quello che è nostro.

    BARCELLONA GUARDIA CIVIL1 BARCELLONA GUARDIA CIVIL1

     

    Madrid c' inganna, pensa solo ai propri vantaggi, siamo stufi di concederle regali».

    Fernando, al contrario di Mustafà, è uno di quelli che un Matteo Salvini lo vorrebbe in Catalogna. Presto, subito. Perché lo ammira e pensa che stia facendo tanto e bene.

     

    Sorride quando gli ricordo il successo dei nostri referendum sull' autonomia di Lombardia e Veneto e si sente vicino a una Lega che dà il suo stesso valore alle radici e alla difesa delle proprie risorse economiche. A lui non va neppure di pagare per chi non lo fa. Intanto poco più in là un disinvolto Mustafà sta mettendo a segno l' ennesimo colpo della giornata: la borsa Chanel stavolta finirà a Lione. È plastica tarocca, ma l' importante è venderla. Per vera.

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