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    DRAGHI, SALVACI TU! - IL PRESIDENTE DELLA BCE IN PRESSING SU FRANCIA E GERMANIA PER COMPLETARE L’UNIONE BANCARIA IN VISTA DELLA FINE DEL QUANTITATIVE EASING - DRAGHI CHIEDE DI CREARE UNA GARANZIA PUBBLICA CHE FACCIA DA PARACADUTE AL FONDO SALVA-BANCHE E DI DARE ALL'UE UNA DOTAZIONE DI BILANCIO ANTI-CRISI PER AUMENTARE LA CONDIVISIONE DEI RISCHI


     
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    MARIO DRAGHI MARIO DRAGHI

    Umberto Mancini per “il Messaggero”

     

    Mario Draghi traccia la rotta e indica tre obiettivi da raggiungere ai leader europei. Lo fa da Firenze, indicando rischi e vantaggi in vista del decisivo Consiglio di giugno che dovrebbe, il condizionale è d' obbligo dopo i tanti fallimenti del passato, mettere mano all' architettura complessiva, avviando quella riforma auspicata con forza dal numero uno della Bce.

     

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    Per questo, per spingere francesi e tedeschi a collaborare, mettendo da parte gelosie e paure, Draghi insiste per completare in fretta l' unione bancaria, creare una garanzia pubblica che faccia da paracadute al Fondo salva-banche e, fatto più rilevante, dare all' Unione europea una dotazione di bilancio anti-crisi per aumentare la condivisione dei rischi. Tutto ciò per evitare che le crisi finanziarie del futuro, le bolle speculative, i crac bancari, possano rischiare di travolgere con la loro virulenza la stabilità stessa degli Stati. Tre punti su cui la Germania ha sempre dimostrato freddezza.

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    CORAGGIO

    Draghi, gettando tutto il suo peso politico a favore del un rilancio dell' Unione, ovvero su una maggiore integrazione economica, chiede di avere coraggio, mettendo da parte gli interessi particolari. E spera che lo slancio dell'Eliseo di Emmanuel Macron a cambiare le cose non si arresti di fronte ai no della cancelliera Merkel.

     

    Forte del ruolo decisivo svolto dalla Bce nel portare l'euro fuori dalla lunga crisi, con oltre 2.500 miliardi di euro di debito comprati attraverso il Quantitative easing, Draghi sa che alla fine del suo mandato, fra poco più di un anno, il bazooka anti-crisi verrà ridimensionato, come chiesto con forza da Berlino.

     

    E dunque richiama i governi europei alle proprie responsabilità, a fare uno scatto in avanti. Lo splendido Palazzo Vecchio, dove Draghi è ospite della conferenza annuale State of the Union, organizzata dall'European University Institute, incentrata sul tema della «Solidarietà in Europa», fornisce il palcoscenico adatto per l'appello.

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    LA STRADA

    Un appello che è un mantra. Perché, ripete il presidente Bce «le riforme strutturali a livello nazionale restano una priorità», così come è importante la disciplina di bilancio. Ma in un'unione federale ben funzionante come gli Usa, gli shock dei singoli Stati sono assorbiti dal bilancio federale di Washington, che ripartisce i rischi e ne assorbe un buon 10%.

     

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    Non solo. La gran parte della condivisione dei rischi avviene attraverso il settore privato, le banche e il mercato dei capitali, che in Europa dovrebbero divenire davvero europei: con azionisti, investitori, asset sparpagliati per il continente. Purtroppo non è così nel Vecchio Continente dove prevale la segmentazione nazionale e Draghi lo spiega chiaramente: «l'esperienza di altre unioni monetarie, e la nostra finora, dice che ciò non accade da sé. Piuttosto, la condivisione dei rischi privati deve essere facilitata da politiche pubbliche sia nazionali sia comunitarie».

     

    È il caso del fondo di risoluzione bancario europeo: in Europa, spiega, «manca ancora un sostegno pubblico» che, come in Usa Giappone o Gran Bretagna, faccia da paracadute evitando il panico dei mercati. È il caso dell' assicurazione comune dei depositi bancari, la cui istituzione è essenziale per portare a termine l' Unione bancaria.

     

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    E, più in generale, pensa alle politiche di bilancio, dove «abbiamo bisogno di un ulteriore strumento per mantenere la convergenza durante i grandi shock, senza dover aggravare i compiti della politica monetaria». Insomma, serve il Fondo monetario europeo, progetto della Commissione Ue in discussione a giugno e che rappresenta un compromesso minimo in assenza di una vera unione di bilancio magari dotata anche di un ministro delle Finanze unico.

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