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    È MORTA A 80 ANNI CARLA FENDI, QUARTA DELLE CINQUE SORELLE DELLA CASA DI MODA. UNA DELLE ULTIME PERSONE A CREDERE E INVESTIRE SU ROMA, SUL TEATRO E L’ARTE PER TUTTI - QUANDO NEL 1960 IL PADRE MORÌ, LE RAGAZZE PRESERO IL CONTROLLO. LUI LO PREDISSE: ‘IL MARCHIO FENDI DIVENTERÀ FAMOSO. È BREVE, UNICO, E MUSICALE IN TUTTE LE LINGUE’ - DOPO I SUCCESSI CON KARL LAGERFELD, IL CINEMA E LE BORSE, NEL 2000 VENDONO ‘A MALINCUORE’ AL GRUPPO LVMH DI ARNAULT. CARLA E IL SUO AMATO MARITO CANDIDO, SCOMPARSO NEL 2013, SI DEDICHERANNO AL MECENATISMO E AL FESTIVAL DI SPOLETO


     
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    Carla Anna Alda Franca e Paola Fendi Carla Anna Alda Franca e Paola Fendi

     

    1. E’ MORTA A 80 ANNI CARLA FENDI

    Costanza Ignazzi per www.ilmessaggero.it

     

    E' morta a 80 anni la stilista Carla Fendi, uno dei pilastri dello storico marchio italiano. La quarta delle 5 sorelle Fendi, figlie dei fondatori della Maison, si è spenta a Roma questa sera. Era malata da tempo.

     

     

    CARLA FENDI 9 CARLA FENDI 9

    Una vita al servizio della moda: Carla entra nell'azienda di famiglia alla fine degli anni ’50, ancora giovanissima, per lavorare a fianco delle sorelle Paola, Anna, Franca e poi Alda. Passa dall’amministrazione alla progettazione e dagli anni sessanta si dedica anche al settore delle relazioni pubbliche puntando soprattutto sul mercato americano, che porterà Fendi a conquistare il mondo. Il suo lavoro avviene fianco a fianco con Karl Lagerfeld nei 50 anni di sodalizio tra il designer e il marchio Fendi.

     

    CARLA FENDI CARLA FENDI

    Carla negli anni '60 incontra Candido Speroni, l'amore della sua vita, che sarà suo marito per 50 anni: «Non mi ha mai dato fastidio avere una moglie più famosa di me. Anzi, mi inorgoglisce», diceva sempre lui che per amore aveva rinunciato alla carriera da farmacista mettendosi al servizio della Maison. Speroni si è spento nel 2013 dopo una breve malattia.

     

    Amante dell'arte e della musica, nel 2007 aveva creato la Fondazione Carla Fendi che opera con azioni di mecenatismo allo scopo di supportare le arti, l'artigianato e il sociale.

     

     

    2. CARLA FENDI: «I MIEI GENITORI? SEVERI, SOPRATTUTTO LA MAMMA. SE SI MORDEVA LE MANI ERA UN BRUTTO SEGNO»

    carla fendi riccardo muti a spoleto carla fendi riccardo muti a spoleto

    Valerio Cappelli per il ‘Corriere della Sera’ del 20 gennaio 2017

     

     

    Una volta a Roma le strade dello shopping non erano tra via Condotti e piazza di Spagna, ma a via del Corso (oggi ridotta a una jeanseria), nel tratto fra Largo Goldoni e piazza Venezia. E lì, in via del Plebiscito, nel 1925 Adele Casagrande e Edoardo Fendi aprirono un piccolo negozio.

     

    «Partirono dal niente, un fornitore li incoraggiò con un prestito», racconta Carla Fendi. Lei, che incarna il simbolo delle due «Effe» incrociate, è una specie di soldatessa sabauda: disciplina, gentilezza, tenacia, cura dei dettagli. Le origini della famiglia sono per metà piemontesi e per metà napoletane, la madre di suo padre era dama di corte di Casa Savoia.

     

    carla fendi e giorgio ferrara spoleto carla fendi e giorgio ferrara spoleto

    Dal 2007 Carla si dedica a tempo pieno alla Fondazione che porta il suo nome: dall’Accademia di Santa Cecilia al Festival di Spoleto, dal Fai all’Opera di Roma, è diventata una mecenate dell’arte. In Italia manca l’apporto dei privati. Se si escludono banche e istituzioni, sono poche le famiglie che fanno ciò che in passato, dai nobili, era vissuto come un dovere. Carla è la quarta delle cinque sorelle che nel 1960, dopo la morte del padre, presero il comando della maison.

    carla fendi e giorgio ferrara spoleto carla fendi e giorgio ferrara spoleto

     

    «Mia madre era orfana di padre, andò a Firenze da sua zia, ma chiese di poter lavorare, anche se all’epoca poche donne lo facevano. Non voleva essere mantenuta dai parenti. Avevano una pelletteria. È cominciato tutto così. Poi mamma si fidanzò con mio padre e tornò a Roma, dove aprirono la loro pelletteria, a cui aggiunsero una piccola guarnizione di pellicceria: il manicotto, il cappello, la sciarpetta. Si portavano molto».

     

    Saranno famosi

    La sorella maggiore, Paola, interruppe gli studi per aiutare la mamma che era rimasta sola. Suo padre lo aveva predetto: «Il marchio Fendi diventerà famoso. Perché il cognome è breve, unico, ed è musicale in tutte le lingue del mondo».

    carla fendi e carla fendi e

     

     «Erano severi, soprattutto mamma. Quando si mordeva le mani era un brutto segno, si stava trattenendo per darci uno schiaffo. A tavola tutti raccontavamo la giornata, era un momento di libertà. Oggi nelle case il dialogo è rovinato dalla tv. Più tardi, certi pranzi fra noi cinque sorelle sembravano dei Consigli di amministrazione. Si discuteva, a volte volavano i piatti. Ma cercavamo di ricordarci la regola dei nostri genitori: «Siete le cinque dita di una mano: non potete litigare».

     

    carla fendi carla fendi

    Ognuna si ritagliò il suo ruolo. A Carla toccò soprattutto la vendita e la comunicazione. «Uno dei primi insegnamenti ricevuti da mamma è come si deve ricevere il cliente. Bisogna essere ancora più gentili con chi non acquista nulla, perché potrebbe tornare. Era attenta alla cosa pubblica, il marciapiede davanti al negozio deve essere uno specchio».

     

    carla sozzani carla fendi carla sozzani carla fendi

    Nessuna delle sorelle sapeva disegnare. Quando, nel 1965, cominciarono l’attività delle pellicce, si affidarono a degli stilisti. Ma nessuno le soddisfaceva. «Erano pellicce pesanti, grandi, il marito le comprava alla moglie per mostrare la sua posizione economica. La svolta fu quando un nostro amico, il conte Franco Savorelli di Lauriano, ci presentò Karl Lagerfeld, che dopo cinquant’anni è ancora in azienda. Portava già i capelli col codino.

     

    carla fendi foto di luciano di bacco carla fendi foto di luciano di bacco

    Uno dei modelli che portò alla sua prima collezione fu il cincillà color albicocca. È come prendere un diamante puro e dipingerlo di giallo. Uno shock. Siamo andati sempre d’accordo, è colto, ha una curiosità onnivora, pronto a rivedere un’idea. Quando un disegno non gli piaceva lo gettava nel cestino. Io andavo a raccoglierlo. Così ho creato l’archivio Fendi a Palazzo Ruspoli».

     

    Il mercato più difficile? «Quello americano. «Negli Anni 70 vi andammo con l’Istituto per il commercio estero. Toccammo la provincia, che nella creatività era molto indietro rispetto all’Europa. Tornammo a mani vuote. Ma l’anno dopo ci presentammo a New York alla buyer di Henri Bendel, il department store più sofisticato, con le valige piene di pellicce e una mannequin».

    peppino di capri carla fendi bruno vespa peppino di capri carla fendi bruno vespa

     

    Il sogno americano

    La buyer se sbaglia collezione salta come un tappo di champagne. Le Fendi entrarono nella guerra (vinta) per conquistare le vetrine dei grandi magazzini USA. Poi venne il ‘68, le proteste coinvolsero le donne in pelliccia, simbolo della borghesia decadente.

     

    carla e paola fendi carla e paola fendi

    Ma Catherine Deneuve disse a Carla: «Se non ho il piacere dello zimbellino, è come togliermi le lenzuola di lino». Tanto cinema, Fellini e Visconti, Bolognini e Zeffirelli, Evita con Madonna e Il diavolo veste Prada con Meryl Streep; gli abiti della sartoria Tirelli oggi in custodia di Dino Trappetti, e l’amicizia con Piero Tosi; la mostra di moda e arte alla Galleria d’arte moderna; la valorizzazione degli artigiani («un modo per salvare i giovani dalla disoccupazione»); l’amato marito Candido Speroni scomparso tre anni fa che le ha trasmesso la passione per la musica, Riccardo Muti gli ha reso omaggio a Spoleto: «Ha accettato anche perché nessun privato in Italia aveva restaurato un teatro».

    frida ismolli carla fendi edoardo vianello frida ismolli carla fendi edoardo vianello

     

    Una baguette

    Negli Anni 90 la rivoluzione della borsa baguette. «Fu un’idea di Silvia, una delle 11 nipoti. La borsa fino allora era piccola, rigida, c’entrava poca roba. Noi ci siamo dette: oggi le donne lavorano, qui bisogna cambiare tutto. Era il momento dei materiali poveri. Non ci aveva ancora pensato nessuno alla borsa pratica a tracolla, comoda, morbida, leggera, si portava come il filone di pane a Parigi, la baguette. Era di tutti i colori e i materiali, ne realizzammo 500 versioni».

     

    Premio Guido Carli Carla Fendi premia Virman Cusenza Premio Guido Carli Carla Fendi premia Virman Cusenza

    Siamo al 2000. Le Fendi vendono al colosso francese LVMH. «Abbiamo ceduto ai corteggiamenti e, a malincuore, abbiamo venduto. Poi ci hanno seguito altri. Il mondo si globalizza, per essere competitivi c’è bisogno di una potenza economica. Il dispiacere è che, tra chi si è offerto, non c’è stato un solo imprenditore del nostro paese. L’Italia non ha mai creduto nella sua moda, questo è il cruccio». Le sorelle Fendi si sono fatte da sole, tenendosi lontane dalla politica. In fondo, una tipica storia italiana.

     

    Premio Guido Carli Barbara Palombelli Carla Fendi Premio Guido Carli Barbara Palombelli Carla Fendi Gerardo Sacco Carla Fendi e MariaPia Garavaglia Gerardo Sacco Carla Fendi e MariaPia Garavaglia Anna Coliva e Carla Fendi Anna Coliva e Carla Fendi CARLA FENDI PIERO TOSI resize CARLA FENDI PIERO TOSI resize QUIRINO CONTI CARLA FENDI PIERO TOSI A SPOLETO QUIRINO CONTI CARLA FENDI PIERO TOSI A SPOLETO CARLA FENDI CON PIERO TOSI SARTORIA TIRELLI Credits Fiorenzo Niccoli copia CARLA FENDI CON PIERO TOSI SARTORIA TIRELLI Credits Fiorenzo Niccoli copia ISABELLA ROSSELLINI CARLA FENDI PIAZZA DUOMO SPOLETO Credits Trabalza Studio ISABELLA ROSSELLINI CARLA FENDI PIAZZA DUOMO SPOLETO Credits Trabalza Studio MARIA TERESA MASTROMARINO CARLA FENDI GIANNI LETTA MADDALENA LETTA CARLA VANNI CANDIDO SPERONI MARIA TERESA MASTROMARINO CARLA FENDI GIANNI LETTA MADDALENA LETTA CARLA VANNI CANDIDO SPERONI Carla Fendi e Renzo Arbore Carla Fendi e Renzo Arbore Carla Fendi Renzo Arbore Carla Fendi Renzo Arbore

     

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