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    VAFFAN-CURIA! - ECCO LE DUE MOSSE DI BERGOGLIO PER RISPONDERE ALL’ACCERCHIAMENTO DEI CONSERVATORI - IL PAPA VA ALLO SCONTRO MA SA DI DOVER METTERE MANO ALLE ZONE D’OMBRA DELLE FINANZE VATICANE:  BILANCI NON AGGIORNATI, ENTRATE E USCITE POCO CHIARE, IL NODO IOR, LA SEGRETERIA PER L'ECONOMIA ANCORA SENZA GUIDA DOPO PELL…


     
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    1 - DAGOREPORT

    bergoglio bergoglio

    Papa Francesco è stanco di assistere alle ruberie e agli scandali all’interno della Chiesa. E mal sopporta la sempre più evidente spaccatura tra le porpore: la “destra” conservatrice al seguito del cardinale Burke e la “sinistra” progressista al traino del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Il Pontefice affila la tiara e prepara un paio di colpi per spiazzare i suoi avversari interni.

     

    La prima mossa è stata quella di convocare, per la primavera del 2019, il Sinodo dei vescovi. Un modo per “andare alla conta” e verificare “de visu” quante sono le voci di dissenso. La seconda mossa è quella di istituire un “Consiglio di amministrazione” delle finanze vaticane. Una sorta di ministero dell’Economia (che accorpi e superi il Consiglio per l'economia, la Segreteria per l'economia e Revisore generale) che vigili, in modo strutturato e collegiale, su entrate e uscite (e in modo particolare sugli appalti).

     

    bergoglio bergoglio

    Ma la partita non è solo all’attacco. Bergoglio deve preparare la difesa in vista del nuovo affondo di monsignor Viganò. L’ex nunzio apostolico negli Stati uniti ha pronto un dossier, realizzato con la collaborazione di molti parroci ostili all’attuale pontificato, per dimostrare il calo delle presenze dei fedeli in chiesa. E’ un modo per certificare che il tanto propagandato “effetto Bergoglio” si è già consumato. Il Papa barcolla ma non molla: l’idea di diventare “emerito” non lo sfiora neanche. Chi lo segue da vicino sostiene che la guerra è appena iniziata…

     

    2 - LE ZONE D'OMBRA DELLE FINANZE DEL VATICANO

    Francesco Peloso per https://www.lettera43.it

     

    musei vaticani musei vaticani

    L’operazione trasparenza economica in Vaticano si è da tempo inabissata nella palude delle burocrazie interne. Tuttavia dietro meccanismi amministrativi complessi quanto unici – quelli del governo della Chiesa universale – si intravvede il tentativo di occultare, almeno in parte, la situazione reale delle finanze d’Oltretevere. A ciò si aggiungano decisioni non sempre lineari da parte del papa, nomine che si sono rivelate un boomerang, segreti del passato che sono rimasti tali.

     

    Fra l’altro i famosi bilanci della Santa sede, come del Governatorato (lo Stato), in attesa di nuovi criteri contabili e quindi di un’operazione verità e trasparenza da più di cinque anni, non hanno ancora visto la luce. Può essere che questo passaggio avvenga infine nei prossimi mesi? Non lo si può escludere, ma fino a ora si tratta di un appuntamento mancato nel pontificato riformatore di papa Francesco.

    papa francesco bergoglio con il cardinal theodore mccarrick papa francesco bergoglio con il cardinal theodore mccarrick

     

    UN DISAVANZO DI 12,4 MLN

    Di fatto, guardando l’andamento storico delle cifre diffuse dallo stesso Vaticano, il bilancio della Santa Sede e dello Stato vaticano (i dicasteri della Curia nel primo caso, le funzioni amministrative nel secondo che comprendono però anche le entrate decisive dei Musei vaticani, superiori ai 90 milioni annui), si aggira intorno ai 500 milioni complessivi; 250 milioni circa per ognuno dei due bilanci considerati separatamente. Gli ultimi dati disponibili – senza che nemmeno siano state diffuse le cifre generali relative a entrate e uscite – dicono che nel 2015 la Santa Sede ha fatto registrare un disavanzo di 12,4 milioni di euro, mentre il governatorato ha goduto di un surplus di circa 60 milioni.

     

    IMMOBILI E SANTI: LE ENTRATE DEI DICASTERI

    bergoglio bergoglio

    In generale il bilancio del Vaticano è inferiore a quello di varie chiese nazionali, di movimenti o organizzazioni cattoliche particolarmente ricche di risorse (che peraltro contribuiscono a finanziare la Santa Sede) e tuttavia c’è da credere che le cifre rese note fino a oggi sono solo parziali. Restano infatti un ‘mistero’ i costi sostenuti dai diversi dicasteri della Curia romana, la maggior parte dei quali non beneficia di entrate, con due significative eccezioni.

     

    La prima è il dicastero di Propaganda Fide, retto dal cardinale Fernando Filoni, proprietario di un vasto patrimonio immobiliare sulla cui entità circolano ormai da anni le cifre più diverse. Di certo si tratta di un dicastero che ha una propria rilevante autonomia finanziaria, tanto da chiudere ogni anno in attivo il proprio bilancio.

     

    fernando filoni fernando filoni

    La seconda è la Congregazione per le cause dei santi: in questo caso bisogna considerare che ogni ‘causa’ ha un suo costo, che ci sono ‘santità’ ricche e altre povere; le prime spesso sono andate avanti più velocemente verso gli altari, le seconde si arenano o impiegano più tempo. Tuttavia papa Francesco ha introdotto, un paio di anni fa, alcune norme per limitare le spese in quest’ambito.

     

    I RAPPORTI MONEYVAL

    Si tenga presente però che dai rapporti Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa incaricato di vigilare sulla normativa antiriciclaggio degli Stati, emerse qualche anno fa una realtà complessa: quella di più di 300 conti attivi presso lo Ior riferibili alle cause di canonizzazione. Non è dato sapere, invece, quanto denaro vi fosse depositato e quali fossero le disparità fra una causa e un’altra.

     

    bergoglio bergoglio

    Ancora, ignota resta la situazione della diverse fondazioni collegate alla Sede, poco si sa pure dei bilanci del Vicariato di Roma, cioè la diocesi della Capitale, che, stando alle voci, avrebbe avuto non pochi problemi economici in questi anni. Si registrano inoltre forti uscite, oggetto di un aspro dibattito interno ai sacri palazzi, dovute alle consulenze attribuite a tante società finanziarie esterne che hanno risucchiato risorse importanti in questi anni.

     

    Il fondo pensioni vaticano rappresenta una voce in uscita pesante. Fu lo stesso cardinale George Pell, ex prefetto della Segreteria per l’Economia, a dire che ogni anno si registrava una perdita di circa 30 milioni di euro alla quale il Vaticano stava cercando di porre rimedio, ma i tempi sarebbero stati lunghi.

    Il torrione Niccolò V, sede dello Ior niccolov Il torrione Niccolò V, sede dello Ior niccolov

     

    Di certo sui bilanci passati pesava in positivo il contributo a fondo perduto dato dallo Ior che si aggirava ogni anno intorno ai 50 milioni di euro (su 250 totali). La banca vaticana in ogni caso ha donato al Santo Padre tutti i 36 milioni di utili fatti registrare nel 2017; di certo la pubblicazione, ormai ogni anno, del bilancio dello Ior, costituisce un passo in avanti concreto sulla strada di una gestione trasparente delle risorse, per quanto non siano mancati conflitti e contrasti lungo questo percorso.

     

    LO IOR E LE ZONE D'OMBRA

    È rimasta però un’ampia zona d’ombra assai difficile da illuminare: non sono infatti mai stati resi noti i nomi dei clienti eccellenti, laici in particolare ma non solo, che si sono serviti dei servizi discreti - offshore - dello Ior negli anni passati: si consideri che migliaia di conti sono stati chiusi a partire dal 2010.

    PAPA BERGOGLIO E LA LAVANDA DEI PIEDI NEL CARCERE DI REGINA COELI PAPA BERGOGLIO E LA LAVANDA DEI PIEDI NEL CARCERE DI REGINA COELI

     

    Lo stesso uso dello Ior da parte delle rappresentanze diplomatiche presso la Santa Sede è poco noto. Nel 2013, in piena riforma dell’istituto, emersero notizie relative a ingenti spostamenti di capitali attraverso l’istituto vaticano a suon di 500 mila euro per volta da parte di Paesi come l’Iran, L’iraq, la Siria, l’Indonesia, successivamente bloccati. Se insomma lo Ior vive una fase di riorganizzazione e ridimensionamento, la storia recente dell’istituto sembra destinata a rimanere in gran parte segreta ancora a lungo.

     

    IL CAPITOLO APERTO DELL'APSA

    L’altro grande dicastero finanziario vaticano, l’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica, che gestisce risorse finanziarie e immobiliari a livello internazionale, resta un capitolo aperto. Lo stesso Bergoglio di recente ha dichiarato all’agenzia Reuters che lì le cose ancora non vanno. L’ex presidente del dicastero, il cardinale di origini liguri Domenico Calcagno, è stato sostituito dal Segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, assai vicino al papa, il che indica pure come il peso della Chiesa italiana nella gestione degli affari economici resti significativo.

    GEORGE PELL GEORGE PELL

     

    Anche perché il dicastero della programmazione finanziaria e della vigilanza sul rispetto dei budget, ovvero la segreteria per l’Economia creata da papa Francesco, è ancora senza guida. Il prefetto dell’organismo, Pell, è in congedo da oltre un anno per rispondere in sede giudiziaria in Australia in un processo che lo vede imputato con l’accusa di aver commesso abusi sessuali. Il segretario dell’organismo è monsignor Luigi Mistò, che in passato gestì le finanze della diocesi di Milano con i cardinali Martini e Tettamanzi. È lui ora che sta di fatto guidando la segreteria per l’Economia cercando di normalizzare i rapporti con i vari dicasteri, riottosi e poco abituati alla trasparenza, alla necessità di stabilire regole condivise giustificando entrate e spese.

    Bergoglio e Vigano Bergoglio e Vigano

     

    IL VULNUS NELLA GOVERNANCE DI FRANCESCO

    Resta il fatto che il dicastero chiave delle finanze è senza un proprio ‘ministro’: si tratta di un vulnus evidente nella governance di papa Francesco difficilmente giustificabile. D’altro canto Pell ha ormai 77 anni, dunque ha già oltrepassato di due anni l’età della pensione secondo la legge vaticana (75). Attendere dunque la fine del processo in Australia per procedere a una nuova nomina appare un passaggio a dir poco superfluo.

     

    CARDINALE DOMENICO CALCAGNO CARDINALE DOMENICO CALCAGNO

    Resta infine inevasa la vicenda spinosa della nomina del nuovo revisore generale delle finanze d’Oltretevere. Si ricorderà che Libero Milone, il supertecnico laico chiamato in quel ruolo, entrò in rotta di collisione con la segreteria di Stato e un anno fa venne allontanato con durezza e accuse roventi (Milone si sarebbe rivolto a una società esterna per indagare su diversi alti prelati e le loro attività finanziarie). Anche la casella del revisore è rimasta fino ad ora vuota, segno che in materia di nomine, nella prima parte del pontificato sono stati commessi diversi passi falsi e ora prevale una prudenza che sfiora l’immobilismo.

    LIBERO MILONE LIBERO MILONE

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