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    ENI WAY - LA NOTIZIA NON È TANTO L'ASSOLUZIONE DI SCARONI, QUANTO LA CONDANNA DEI DUE MEDIATORI: VUOL DIRE CHE I PM HANNO TROVATO LE PROVE DELLA CORRUZIONE, COSA CHE AVRÀ CONSEGUENZE PESANTI NELL'ALTRO PROCESSO APPENA INIZIATO, DOVE SONO COIMPUTATI SCARONI E DESCALZI PER LA MEGA-COMMISSIONE (1 MILIARDO E 300 MILIONI) VERSATA PER IL GIACIMENTO NIGERIANO E FINITA AI MARTUFONI LOCALI


     
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    Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera

     

    Descalzi Scaroni Descalzi Scaroni

    La condanna di primo grado in Tribunale a Milano a 4 anni per concorso in corruzione internazionale in Nigeria nel 2011, e la confisca di 112 milioni di dollari, riguarda solo due mediatori, il nigeriano Obi Emeka e l' italiano Gianluca Di Nardo, ma è una campana giudiziaria che suona foschi rintocchi anche per Eni proprio all' indomani dell' assoluzione dalla corruzione internazionale addebitata invece in Algeria nel 2008-2011 alla controllata Saipem.

    Dan Etete Dan Etete

     

    La sentenza su Obi e Di Nardo è infatti una indiretta cattiva notizia per Eni (e per i suoi coimputati attuali ed ex n.1, Claudio Descalzi e Paolo Scaroni, a giudizio con l' ex ministro nigeriano del Petrolio Dan Etete e una decina di altre persone nel rito ordinario appena iniziato) perché il verdetto della gup Giusi Barbara presuppone vi sia stata davvero corruzione internazionale di politici nigeriani in una importante operazione commerciale: quella con la quale nel 2011 Eni e Shell (pure imputata con quattro ex manager) versarono 1 miliardo e 300 milioni su un conto ufficiale del governo nigeriano per acquisire la concessione del giacimento «Opl-245» in pancia alla società nigeriana privata Malabu, dietro la quale in realtà era schermato il ministro del Petrolio Etete.

    dan etete ex ministro del petrolio nigeriano dan etete ex ministro del petrolio nigeriano

     

    L' indagine dei pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro ritiene di aver ricostruito che questa lineare forma di pagamento alla luce del sole al governo (che poi girò alla società proprietaria Malabu i soldi che tra mille rimbalzi in mezzo mondo tornarono infine in Nigeria non al popolo ma al portafoglio di ministri e politici per almeno 523 milioni) sia però stata non una reale scelta di trasparenza nel controverso ambiente nigeriano, ma solo l' accorta copertura formale (il «preservativo», secondo l' originale definizione del pure imputato Ednan Agaev, ex ambasciatore russo in Colombia) per riattualizzare l' iniziale (e poi abbandonato) schema d' affare.

     

    Schema nel quale Shell ed Eni si stavano orientando a pagare Malabu (cioè il ministro Etete) attraverso due intermediari come l' azero Agaev e il nigeriano Emeka Obi, quest' ultimo suggerito a Scaroni (e da questi all' allora direttore Descalzi) da Luigi Bisignani, a sua volta in affari con il socio Gianluca Di Nardo. Questa parte di vicenda affiora curiosamente in Tribunale a Londra nel 2013 quando Obi, accusando Etete di non avergli corrisposto la mediazione pattuita nella prima fase di trattativa, in società con Di Nardo fa causa all' ex ministro nigeriano, vince e ottiene 110 milioni spostati in Svizzera (e sequestrati dai pm milanesi nel 2014).

     

    luigi bisignani (2) luigi bisignani (2)

    Eni «ribadisce di aver trattato direttamente col governo nigeriano», e «ritiene che in Tribunale sarà effettuata una ricostruzione dei fatti completa ed esaustiva rispetto a quella di cui disponeva il gup del rito abbreviato che poteva utilizzare solo le acquisizioni dell' accusa». In realtà il verdetto di ieri si è formato anche sulle copiose documentazioni e dichiarazioni prodotte da Obi e dalla sua difesa.

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