DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
1. MARCO GIUSTI SCRISSE: IL ‘NEOREALISMO/NEOTRUCE’ TRA IL CASSONETTO DELL’AMA E SCAMPIA. I GIOVANI REGISTI DI FAMIGLIA RICCA GIRANO COME RUMENI CHE SCAPPANO DALLA MISERIA
2. QUEI FILM IN PERIFERIA, UN RICATTO ESPRESSIVO
Enrico Vanzina per il Messaggero
carlo e enrico vanzina con francesco rudilosso consolo
In questi ultimi anni sulla scia di grandi successi editoriali e televisivi (Gomorra, Romanzo Criminale, Suburra), i giovani autori del cinema italiano si sono spostati in massa nelle periferie delle nostre grandi città. Ai festival è tutto un fiorire di pellicole ambientate a Tor Bella Monaca, a Scampia, con qualche digressione nei campi Rom. Oggi diventi un giovane autore trendy solo se racconti la storia di un marginale che s’innamora di una marginale in un quartiere marginale. Film tosti, violenti, con gente che si mena, che si odia, che si spara, che non riesce a trovare l’equazione giusta per sfuggire ad un destino segnato: quello dell’emarginazione.
Qualcuno dirà: ma tutto ciò era già stato raccontato all’epoca di Pasolini. Vero, ma oggi quel realismo poetico è stato sostituito da un verismo quasi iperrealista, dove non c’è più spazio per i sentimenti. I personaggi dei film pasoliniani parlavano un dialetto di borgata quasi magico. Oggi, i personaggi dei film della new wave periferica parlano uno slang veicolato dalla Curva Sud e dagli Sms, finendo per diventare un vocio globalizzato del giovanilismo ignorante. Io, sinceramente, sono stufo di vedere rappresentata l’Italia nei festival internazionali da questo sguardo parziale della nostra realtà.
Mi irrita questa moda pignetiana di volere ridurre la complessità dei giovani a un’accozzaglia di sbandati che vagano senza senso, senza ideali, marci di fumo e coca, sessualmente irresponsabili, trasgressivi per conformismo, sciatti. Mi indigna ridurre l’esercito della nostra gioventù a un “panel” di coatti che fanno miserabili guerre di quartiere. A ragazze tatuate che scopano a vista, che non hanno ambizioni, che non sognano una vita migliore, che non sanno soffrire, fare sacrifici, ma che si avventurano verso il futuro usando i raffermi codici d’onore di una malavita da fumetto.
Basta, ci avete stufato. I vostri film sono tristi, noiosi, inutili. Non parliamo poi di quando il “plot” si sposta su temi sociali. C’è sempre la parrucchiera che cerca di redimere il ladruncolo rom. La ragazza piccolo borghese che sogna un amore impossibile con un mussulmano, o un migrante vilipeso dal nostro orribile modo di vivere occidentale. Certo, capita. Ma non è la norma. Noi non siamo per forza i “cattivi” e loro i “buoni”.
Noi, in tantissimi, siamo solidali, facciamo volontariato, difendiamo i loro diritti. Non siamo nazisti, siamo democratici e con il cuore aperto. Noi non siamo il mondo della oppressione, siamo ancora quello della speranza e delle opportunità. Ho letto le dichiarazioni di uno di questi giovani autori. Dice: basta con i film borghesi, noi vogliamo raccontare gli emarginati; basta con il lieto fine, basta con le commedie consolatorie. A lui rispondo: magari tu sapessi fare un film come “La terrazza” di Scola dove il ritratto della borghesia è illuminante.
Gatta Cenerentola di Alessandro Rak
Magari tu potessi immaginare un film sul popolo vero, alla De Sica. Magari tu riuscissi, in commedia, a raccontare il nostro paese come in “Una vita difficile” di Dino Risi. E aggiungo: magari sapessi inventare un “Pretty Woman”. Perché no, anche girato a Tor Bella. Forse la gente tornerebbe al cinema.
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