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    ALLA CORTE DEL SULTANO – I CALCIATORI OZIL E GUNDOGAN, TEDESCHI DI ORIGINE TURCA, OMAGGIANO ERDOGAN CON DUE MAGLIETTE AUTOGRAFATE: “AL MIO PRESIDENTE CON RISPETTO” – LA MERKEL SI INCAZZA: I SIMBOLI DELLA GERMANIA MULTIETNICA USATI COME ARMA DI PROPAGANDA – IL 24 GIUGNO IN TURCHIA CI SONO LE ELEZIONI, ERDOGAN FLIRTA ANCHE CON LA BOSNIA PER DIVENTARE…


     
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    1 - LE STAR TEDESCHE E IL DONO A ERDOGAN «GESTO INFELICE, GIOCATE PER BERLINO»

    Paolo Valentino per il “Corriere della Sera

     

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    Da due giorni in Germania non si parla d' altro. Perfino Angela Merkel, prima tifosa della nazionale tedesca, è dovuta intervenire nella polemica con parole severe verso due dei suoi beniamini. Ma Mesut Özil e Ilkay Gundogan l' han fatta grossa.

     

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    I due calciatori di origine turca ma naturalizzati tedeschi, campioni del mondo con la Mannschaft nel 2014, in forza rispettivamente all' Arsenal e al Manchester City, si sono fatti fotografare domenica scorsa a Londra con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in visita nella capitale inglese, al quale hanno regalato le magliette autografate delle loro squadre. Gundogan ha anche aggiunto una dedica personale: «Al mio Presidente con rispetto».

     

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    Un colpo propagandistico sensazionale per il controverso leader turco, che sta imprimendo al Paese una forte stretta autoritaria e il 24 giugno affronta una cruciale elezione parlamentare: il suo partito, l' Akp, ha immediatamente diffuso le immagini sui social network, sfruttandole a fini elettorali.

     

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    Ma in Germania le foto hanno provocato un' ondata di sdegno e critiche verso i due campioni, che la Bild Zeitung ha definito «geni calcistici ma idioti politici». «I nostri valori non sono quelli di Erdogan - ha detto Reinhard Grindel, presidente della Dfb, la Federcalcio tedesca - e non è bene che due giocatori della nostra nazionale si siano lasciati manipolare a uso e consumo della sua campagna».

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    «Abbiamo spiegato loro che è stato un gesto infelice», ha dichiarato il commissario tecnico, Joachim Löw, secondo il quale quando «si gioca per la Germania, se ne rappresentano anche i valori e gli ideali».

     

    Löw ha comunque dato atto ai due atleti «di aver fatto molto per l' integrazione» e li ha confermati nella lista preliminare dei 27 nomi della nazionale tedesca per i Mondiali di Russia.

     

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    Talenti purissimi, Mesut Özil e Ilkay Gundogan, 29 e 27 anni, sono nati entrambi a Gelsenkirchen da genitori turchi, ma diventati maggiorenni hanno optato per la nazionalità tedesca. Insieme ad altri come Sami Khedira (di origine tunisina) e Jerome Boateng (di origine ghanese) sono diventati le icone di una Germania integrata, multietnica e vincente.

     

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    Nelle parole della cancelliera Merkel, l' episodio «solleva interrogativi e favorisce incomprensioni». Particolarmente criticata è stata la dedica «al mio presidente» scritta sulla maglia da Gundogan al leader turco: «Il presidente di un giocatore della nazionale tedesca si chiama Frank-Walter Steinmeier e non Erdogan», ha detto Cem Ozdemir, ex leader dei Verdi, anche lui di origine turca, secondo cui i «campioni del calcio sono modelli per i nostri figli e non possono onorare un autocrate corrotto, che semina odio e nega i diritti democratici».

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    In molti commenti è emerso il dubbio che nonostante tanti figli di immigrati turchi scelgano la cittadinanza tedesca, mantengano sempre riserve mentali sull' adesione al Paese.

    Gundogan ha provato a difendersi, definendo il suo un «gesto di cortesia» da cittadini tedeschi verso la carica di presidente, giustificato dalle «nostre radici turche». «In nessun modo - ha aggiunto - volevamo dare alle foto significato politico, tantomeno far campagna in suo favore. La nostra vita è il calcio e non la politica».

    Merkel con Ozil negli spogliatoi della Germania Merkel con Ozil negli spogliatoi della Germania

     

    Com' era da attendersi, la querelle non è rimasta in Germania. «Inaccettabili e calunniose», ha definito le critiche all' incontro il capo della Federcalcio turca, Yildirim Demiroren, che ha definito Erdogan «un grande appassionato di calcio»: «È del tutto normale che il presidente inviti giocatori di origine turca, nati in Germania».

     

    2 - ACCUSE A NETANYAHU E COMIZI IN BOSNIA ERDOGAN PUNTA ALLA LEADERSHIP ISLAMICA

    Giordano Stabile per “la Stampa

     

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    Israele è uno «Stato terrorista», che pratica l' Apartheid e sta compiendo «un genocidio» nei confronti dei palestinesi, guidato da un premier, Benjamin Netanyahu, «con le mani sporche di sangue», mentre gli Stati Uniti sono «parte del problema» in Medio Oriente con la loro scelta di spostare l' ambasciata, perché «il mondo islamico non permetterà mai che Gerusalemme sia perduta».

     

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    Se la scelta delle parole indica qualcosa nell' orientamento politico, quello del presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è avvicinato vertiginosamente all' asse anti-israeliano che di solito vede l' Iran in prima linea.

     

    Campagna elettorale

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    Le dichiarazioni del leader turco, ieri in visita a Londra, colpiscono ancora di più se confrontate con quelle, prudenti, dell' Arabia Saudita, e con l' azione sottotraccia dell' Egitto che ieri ha imposto ad Hamas di non spingere più i manifestanti contro il confine e il fuoco dei cecchini.

     

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    I Paesi arabi sunniti puntano alla diplomazia, la Turchia, potenza sunnita non araba, vuole isolare lo Stato ebraico e preme sui 57 Paesi dell' Organizzazione per la cooperazione islamica, Oic, invitati venerdì a un summit straordinario a Istanbul, perché espellano gli ambasciatori israeliani.

     

    Monito a Riad e al Cairo

    C' è tanta retorica, Erdogan è in piena campagna elettorale, punta a fare il pieno di voti fra i pii musulmani. Ma la sua azione ha ambizioni più vaste.

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    Ora che l' Arabia Saudita e l' Egitto si sono allineati sulle posizioni di Usa e Israele, il leader turco punta alla leadership islamica nel nome di «Al-Quds», un nome che evoca battaglie epiche, da Saladino in poi.

     

    Ieri i suoi sostenitori sfilavano nelle città e scandivano: «Guerra, jihad, martirio, lascia che le truppe turche marcino su Gerusalemme».

     

    Due mesi fa il giornale Yeni Safak, il megafono ideologico di Erdogan, ha pubblicato uno «studio» che sosteneva come le forze armate congiunte dei Paesi dell' Oic sarebbero in grado di sconfiggere Israele e «liberare» Gerusalemme «in dieci giorni».

     

    Missione in Europa

    L' articolo è stato notato anche dall' Intelligence militare israeliana, e preso sul serio. Venerdì Erdogan sfilerà con i manifestanti ad Ankara e forse anche a Dyarbakir, vicino alla Siria, dove si è già scavato una zona di influenza sotto il controllo delle sue truppe, a spese dei curdi.

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    Ma l' appuntamento più importante sarà a Sarajevo, nel cuore dell' ex Europa ottomana: una sfida a Germania, Austria e Olanda che hanno proibito comizi di politici turchi durante la campagna elettorale. Sono attesi almeno diecimila immigrati turchi da tutta Europa.

     

    Erdogan l' anno scorso ha accusato Germania e Olanda di «metodi nazisti» e un mese fa ha minacciato l' Austria di «un caro prezzo da pagare» se avesse insistito con il bando ai comizi.

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    Sfidare Vienna da Sarajevo dà i brividi storici, perché nella Bosnia per metà musulmana e per metà cristiana l' Impero asburgico e i sultani di Istanbul si sono combattuti per secoli. L' offensiva balcanica non comincia oggi. La Turchia ha investito miliardi di dollari anche in Macedonia e Albania, dove il paesaggio è marcato da decine di moschee nuove di zecca, con annesse scuole islamiche.

     

    Oltre alla diaspora turca ad attendere Erdogan ci saranno anche i bosniaci. Il loro leader Bakir Izetbegovic, uno dei tre presidenti della Bosnia, è pronto ad accoglierlo e ha avvertito: «Molti in Occidente non amano il nostro amico, ma solo perché è un leader musulmano potente come non si vedeva da tempo» .

     

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