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    SUI CARBONI ARDANT (FANNY): "MARCELLO MASTROIANNI DICEVA COME ME LE BUGIE A FIN DI BENE. LE MENZOGNE SONO UNA FORMA DI CORTESIA, AIUTANO A STARE MEGLIO - ETTORE SCOLA? IL SUO SORRISO ERA UNA LACRIMA NON VERSATA, VITTORIO GASSMANN? TIMIDO E MELANCONICO - TRUFFAUT? ‘LA SIGNORA DELLA PORTA ACCANTO’ HA TUTTO QUELLO IN CUI CREDEVO" - VIDEO


     
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    Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”

     

    «Ah, l' Italia». Fanny Ardant, la musa di François Truffaut, dal quale ebbe una delle sue tre figlie, Joséphine, rimanda d' istinto al miglior cinema italiano. «Voi non vi prendete troppo sul serio, come facciamo noi in Francia. Da voi mi sento leggera come una farfalla, avete queste barzellette. Sono una grande forza».

     

    Detto da una francese sofisticata come lei... «Ricordo Ettore Scola sul set di La famiglia , con i suoi abiti di lino sgualcito, il suo sorriso che era una lacrima non versata. Ettore era un umanista, un uomo curioso che mi parlava delle sue letture, aveva un distacco intelligente dalle cose e un sorriso per non piangere. Durante le riprese non parlava di niente, poi ogni cosa si metteva in ordine.

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    Mi disse che avrebbe voluto che scrivessi un film per lui, ero sorpresa e lusingata ma poi capii che non era vero, era solo un modo per farmi un complimento. Veniva sempre a vedere i miei film e alla fine mi diceva: Ma non si ride mai! A tavola mi diceva: come sei retorica. L' ho capito solo dopo tanto tempo cosa voleva dire».

     

    E Mastroianni? «Eravamo simili, anch' io mi fido più dell' istinto che degli attori che studiano. Marcello diceva le bugie come me: a fin di bene. Le bugie aiutano a stare meglio, è una forma di cortesia. Lui lo diceva anche in 8 e ½ di Fellini. Sono arrivata alla conclusione che la menzogna sia un' ottima invenzione, non so chi l' abbia inventata, forse è cominciato tutto da Adamo ed Eva».

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    Ha recitato due volte per Paolo Sorrentino, due brevi apparizioni, Il divo e La grande bellezza , dov' è tinta di biondo, lei che è il simbolo della mediterraneità, bruna con i suoi lineamenti duri, le labbra che non finiscono mai, e sembra di rivedere La signora della porta accanto di Truffaut, accanto al suo vecchio complice Gérard Depardieu: «Ci piace stare dalla parte sbagliata. Sul set ti porta dentro un universo, com' era Vittorio Gassman, sorpassa il fatto di essere un bravo attore».

     

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    Gassman era un uomo monumentale e fragile. «Sono d' accordo. È difficile parlare delle persone che hai amato. Vittorio era un grande timido che si nascondeva. Era un melanconico, mi ha protetto quando ero fragile, e avrei voluto proteggerlo io. Quello che amava profondamente era il teatro. A volte dopo un mio spettacolo mi faceva delle critiche, mi diceva ciò che non gli era piaciuto, ma con l' occhio dell' attore teatrale».

     

    Parliamo di Truffaut? «Bon, La signora della porta accanto ha tutto quello in cui credevo nella vita, una storia folle che riemerge dal passato, e l' idea che si può morire per amore. Lui è stato il primo regista che mi ha dato fiducia, venivo dal teatro e il mondo dello spettacolo era diviso in compartimenti stagni. Il vero talento di Truffaut era quello di essere veramente appassionato di quello che faceva. Il cinema diventò per me una promessa di felicità. Però poi non ho mai accettato di fare un film per il nome del regista, ma per la parte che mi proponevano, se era un ruolo che potevo amare».

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    È difficile fare un film su una persona realmente esistita... «Si rischia il feuilleton. Quello su Edith Piaf con Marion Cotillard: nata povera e sfortunata, e bla bla bla. A me non è piaciuto. Sono stata Maria Callas per Zeffirelli, che però non ha raccontato la sua vita ma il lavoro incredibile, la fatica che c' è dietro un' artista assoluta come la Callas».

     

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    Parli con Fanny Ardant, 68 anni, e capisci cos' è il carisma. Ti dice: «Ho fatto anche tanti film che non hanno avuto successo, e mi hanno dato felicità lo stesso». Al Festival di Locarno ha appena portato un film (Lola Pater di Nadir Moknèche) in cui i confini sessuali sono sottili: «Interpreto un uomo che diventa donna, e ama una donna. Mio figlio in seguito alla morte della madre si mette sulle tracce del padre. E incontra me. Mi è piaciuta questa incursione mascherata, non è il sesso che definisce una persona, è piuttosto il carattere. Io la vedo così».

     

    Una classe lunga come le sue gambe troppo magre, una donna che ha declinato l' amore in tutti i modi possibile. Quando nel 2010 andò al Festival di Spoleto le chiedemmo cos' è la seduzione. Non ha cambiato idea: «È partire, lasciare tutto così com' è.

     

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    Quella è la seduzione. Che è per sua natura effimera, fugge via, è qualcosa di inafferrabile e non ha niente a che vedere con la bellezza. Non posso spingermi oltre, lei non è un poliziotto, a cui direi delle bugie; non è uno psicoanalista, che mi manderebbe in confusione. E non è un prete, con cui mi confesserei».

     

    Vuole parlare dell' amore materno, che ti apre nuove strade. Dice che una delle tre figlie l' ha introdotta alla musica dodecafonica, lei che ha studiato Bach e il pianoforte: «Da ragazza lavoravo al Festival di Aix-en Provence. Noi attori usiamo il corpo, come i musicisti. Mi sono fatta l' idea che il piano è un uomo e il violoncello una donna». Le sue figlie, avute da tre compagni diversi. «Ecco, non sono mai stata un' amica per loro. La madre è un albero: sono lì, ferma, a proteggere, ascoltare, il padre invece è il sole. Ho accettato l' idea della responsabilità, a cui prima non avevo mai pensato».

     

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    Lei ha perso suo padre da giovane. «Avevo 15 anni, era ufficiale di cavalleria, governatore a Palazzo Grimaldi a Monaco, dove ho vissuto a lungo. Non mi ha mai visto recitare, non ha potuto sapere nulla di me. Ma ricordo bene il suo sguardo. Ho idealizzato la figura maschile attraverso di lui.

     

     

    Comunque non si deve legare l' amore alla famiglia. L' amore diventa puro quando sei adulta e non pensi più all' edificazione, a elevare l' animo con le parole. Se una donna dice che non ha più nulla da dare è finita. Ho amato L' odore del sangue di Mario Martone, che andò al Festival di Cannes; beh, ho amato quella donna che preferisce morire piuttosto che rassegnarsi».

    ETTORE SCOLA E FANNY ARDANT ETTORE SCOLA E FANNY ARDANT

     

    Com' è diventata regista? «Facendo teatro, mi sono trovata spesso ad avere pomeriggi liberi e ho iniziato a riempirli scrivendo delle storie. Un produttore ha creduto in una di quelle storie e mi ha proposto di farne un film, dirigendolo io stessa. Poi ne ho fatto un altro, e un altro ancora. Ma non abbandono il mio lavoro di attrice, lo amo troppo».

    Catherine Deneuve. Fanny Ardant Catherine Deneuve. Fanny Ardant

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