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    LUGLIO 1992, STRAGI DI MAFIA -  IL FILO-ARABO ANDREOTTI 'SENTE' L'OSTILITA' DI WASHINGTON E CHIEDE UN INCONTRO ALL'AMBASCIATA USA A ROMA DOVE ATTACCA ORLANDO E VIOLANTE - I CARTEGGI RISERVATI RITROVATI AL DIPARTIMENTO DI STATO USA: “ANDREOTTI TEME POSSANO ESSERE RESE PUBBLICHE SUE CONVERSAZIONI DI ALTO LIVELLO E SENSIBILI


     
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    Attilio Bolzoni e Salvo Palazzolo per “la Repubblica”

     

    GIULIO ANDREOTTI GIULIO ANDREOTTI

    Il dispaccio indirizzato a Washington è del 23 luglio 1992, quattro giorni dopo l'uccisione del procuratore Paolo Borsellino: «L'ultimo massacro della mafia contro il simbolo delle speranze dei siciliani ha scioccato e ulteriormente infiammato la gente, ormai stanca dell'influenza mafiosa che pesa sul futuro».

     

    Il console generale americano a Palermo Mann nel suo messaggio (numero "P231430Z Jul 92", from Amconsul Palermo to AmEmbassy Rome and SecState WashDc) avverte la segreteria di Stato: «Sono il governo e il sistema politico, che la gente valuta nel loro fallimento... La reputazione internazionale dell'Italia, già messa a dura prova dall'omicidio di Falcone, viene ulteriormente scalfita dall'uccisione di Borsellino e dall'apparente incapacità del governo e delle istituzioni politiche nel definire un piano d'azione contro la minaccia».

    PETER SECCHIA PETER SECCHIA

     

    Carteggi riservati sull'Italia delle stragi. Le bombe di mafia commentate dagli americani in una serie di comunicazioni che cominciano il 26 maggio 1992 - appena dopo Capaci - e si chiudono il 2 luglio 1993, quando sono passati meno di due mesi dal massacro di via dei Georgofili. Ci sono dentro i morti di mafia ma ci sono anche personaggi sospettati di mafiosità come Giulio Andreotti.

    GIULIO ANDREOTTI GIULIO ANDREOTTI

     

    Documenti riservati e recuperati al Dipartimento di Stato americano dal professore Andrea Spiri della Luiss di Roma, una ricostruzione di quei mesi di terrore vista con gli occhi degli americani. A Roma tremano, a Washington mettono in allarme tutte le sedi consolari in Italia. L'ambasciatore Peter Secchia - è il 20 luglio 1992, il giorno dopo la strage di via D'Amelio - incontra il nuovo procuratore capo di Caltanissetta Giovanni Tinebra (il magistrato che deve indagare sulle uccisioni di Falcone e Borsellino) e riferisce al governo americano: «Non ha nascosto di essere sotto pressione».

     

     

    CAPACI FALCONE CAPACI FALCONE

    E informa Washington che il procuratore ha chiesto l'intervento dell' Fbi nelle indagini sugli attentati. Da Palermo è ancora il console Mann che, il 20 luglio, inoltra un altro dispaccio alla segreteria di Stato: «Borsellino era stato identificato poco prima dell'omicidio Falcone come l' obiettivo di un assassinio commissionato dalla mafia stessa, stando alle rivelazioni di mafioso in carcere che sta collaborando con le autorità giudiziarie».

     

    Borsellino, un delitto annunciato. L'Italia è nel caos. Passano alcuni mesi e alla procura di Palermo mettono sotto accusa per mafia l'ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. È il 27 marzo del 1993, la richiesta di autorizzazione a procedere al Senato è datata 14 aprile.

     

    PAOLO BORSELLINO - LA STRAGE DI VIA D AMELIO PAOLO BORSELLINO - LA STRAGE DI VIA D AMELIO

    L'uomo politico italiano più importante dal dopoguerra - 7 volte capo del governo e 21 volte ministro della Repubblica - chiede un incontro con l'ambasciata americana. Il primo luglio del '93, «l'incaricato d' affari riceve a pranzo il presidente Andreotti e il suo ex capo di gabinetto, Riccardo Sessa».

     

    Per gli americani, è un incontro riservato. Annotano all'ambasciata di via Veneto nel dispaccio numero P021616Z: «Abbiamo spiegato in modo chiaro che il pranzo doveva intendersi come un incontro privato e che non avrebbe dovuto essere strumentalizzato per scopi mediatici». Il report ha questo titolo: «L'accusato. Parla Andreotti».

     

    Il testo riportato è all' inizio una lunga autodifesa: «Andreotti ha fatto presente che negli anni '70, nelle sue vesti di presidente del Consiglio, ha fatto trasferire i principali detenuti per mafia (compreso il pentito Buscetta, uno dei suoi attuali accusatori) da Palermo in un carcere di massima sicurezza.

     

    BATTAGLIA FALCONE BATTAGLIA FALCONE

    Egli era a capo del governo anche nel momento in cui il giudice antimafia Falcone fu portato a Roma come funzionario del ministero della Giustizia. Più tardi, sulla scia dell'assassinio di Falcone, il suo governo ha varato la normativa che si è rivelata così efficace negli ultimi mesi. La mafia, ha detto Andreotti, si sta vendicando di lui».

     

    Poi gli americani annotano altre parole di Andreotti: «Questa vendetta viene sfruttata dai politici della Rete di Orlando, alcuni dei quali egli ha descritto come molto vicini alla mafia, e da vecchi comunisti implacabili come il presidente della Commissione parlamentare antimafia (Luciano Violante, ndr)... ».

     

    Le accuse dell'ex presidente del Consiglio non si fermano lì: «Con ogni probabilità sono coinvolti anche mafiosi americani e possibili spezzoni "deviati" dei servizi segreti italiani oltre che dello United States Marshall Service».

    PALERMO 19 LUGLIO 1992 - STRAGE IN VIA D'AMELIO PALERMO 19 LUGLIO 1992 - STRAGE IN VIA D'AMELIO

     

    Gli americani chiedono ad Andreotti se è ancora convinto, dopo l'esecuzione di Salvo Lima, dell' estraneità agli ambienti mafiosi del suo amico siciliano: «Lui ha risposto di non avere mai avuto prova evidente di un simile rapporto, sostenendo che le dichiarazioni sul punto rese dai pentiti non sono chiare e convincenti».

     

    Ma ad un certo punto è Andreotti a fare domande. Viene segnalato nel report: «Ha chiesto informazioni sulla diffusione da parte del governo americano di un dispaccio del 1984 proveniente dal nostro Consolato di Palermo, nel quale viene riferito che, se i presunti legami di Lima con la mafia fossero confermati, allora sia Andreotti che l'intero regime politico italiano si troverebbero in seri guai».

     

    Gli americani gli dicono che quella profezia in qualche modo è stata confermata dagli eventi successivi, ma gli spiegano pure «che è stato un errore» aver diffuso quella nota. Andreotti si mostra preoccupato che altri messaggi «possano essere resi pubblici». Messaggi con sue conversazioni «di alto livello e sensibili».

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