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    IL BUE CHE DICE CORNUTO ALL’ASINO. LO SQUALO MURDOCH CONTRO I PESCECANI FACEBOOK E GOOGLE: “HANNO IL MONOPOLIO DELLA PUBBLICITA’ E NON COMBATTONO LE FAKE NEWS. E CON I LORO ALGORITMI CONDIZIONANO I CONSUMATORI''


     
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    Maria Teresa Cometto per L’Economia del Corriere della Sera

     

    Robert Thomson Robert Thomson

    Google e Facebook, i due «editori di notizie più potenti nella storia umana, hanno creato un ecosistema anormale e socialmente distruttivo». Il più duro attacco ai due giganti di Internet è venuto nei giorni scorsi dal gruppo di Rupert Murdoch. Nel suo mirino non solo il ruolo di Facebook e Google nel diffondere fake news, notizie false, ma anche il loro duopolio in stile nord -coreano nel mercato pubblicitario.

     

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    «Parlare di fake news sembra diventato di moda - ha detto Robert Thomson, l' amministratore delegato (ceo) di News Corp, la società di Murdoch che pubblica il Wall Street Journal, parlando alla Asia Society di Hong Kong -. In realtà il falso prolifera da decenni, ma ora è diventato un problema pressante a causa del duopolio digitale di questi due potenti editori. Entrambi avrebbero potuto fare molto di più per sottolineare una gerarchia dei contenuti, invece hanno prosperato alla grande vendendo una filosofia assurda che non distingue fra il falso e il vero, perché guadagnano un sacco di soldi sia con il falso sia con il vero».

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    LE CIFRE

    Thomson ricorda che le due Big della Silicon Valley controllano insieme circa due terzi del mercato pubblicitario digitale e secondo l' Interactive advertising bureau l' anno scorso hanno incassato oltre il 90% dei nuovi investimenti pubblicitari. Il paradosso, denuncia il ceo, è che il modello di business così profittevole è basato sulla conoscenza intima e dettagliata degli utenti di Google e Facebook, che però lamentano di non poter controllare i loro contenuti. «Monetizzare si, monitorare no!», sbotta Thomson.

     

    Un altro pezzo forte della strategia di Google e Facebook, ma anche di Amazon, sono gli algoritmi, le formule matematiche che «automaticamente» scelgono i contenuti da far apparire in cima ai risultati di una ricerca. «Sono citati come una fonte oggettiva di saggezza e conoscenza - sostiene Thomson -. Invece sono aggiustati per soddisfare i bisogni commerciali di quelle società».

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    E il ceo cita uno studio del WSJ su 25 mila ricerche fatte da utenti su Google: nel 91% dei casi in cima alle risposte apparivano pubblicità di prodotti della stessa Google. Per esempio tutte le mille ricerche di laptop hanno prodotto nel 100% dei casi risultati con in testa la pubblicità di Chromebook, il laptop della società di Mountain View. «Il dittatore della Corea del Nord Kim Jong Un sarebbe invidioso di risultati simili alle elezioni - commenta Thomson.

     

    Che si chiede: «Come si può sostenere che questo non è il risultato dello sfruttamento ingiusto del dominio di Google come motore di ricerca e dell' abuso degli algoritmi?».

     

    IL PERICOLO

    REDAZIONE WALL STEET JOURNAL REDAZIONE WALL STEET JOURNAL

    I potenti algoritmi di Google, Face book e anche Amazon evocano uno scenario orwelliano, conclude. E rincara la dose: «Per quanto riguarda le notizie, siamo verso la censura». Il motivo è che nelle società della Silicon Valley non c' è alcuna tradizione simile a quella dei grandi giornali, dove ogni giorno in redazione si discute animatamente su che cosa sia giusto e sbagliato, sulla responsabilità sociale del giornalismo e la libertà di parola.

     

    «Invece le loro risposte tendono ad essere politicamente corrette - osserva Thomson -. Non importa di quali opinioni siate, dovreste preoccuparvi che stiamo entrando in un' era in cui questi editori decideranno continuamente e in modo selettivo di non pubblicare certi punti di vista e certe notizie». Eppure c' è la luce in fondo al tunnel suggerisce alla fine: «La vera realtà tornerà in auge. E' un valore crescente nell' era dell' artificiale».

     

     

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