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    “BREXIT”, PLEASE! - IL MAGNATE DEGLI HOTEL DI LUSSO IN GRAN BRETAGNA, ROCCO FORTE: “È GIUSTO ANDARSENE, SENZA LACCI IL BUSINESS CRESCERÀ. IN EUROPA LA BUROCRAZIA È SOFFOCANTE, CONDIZIONA I GOVERNI, È UN OSTACOLO ALL’ECONOMIA E AL LIBERO MERCATO. E POI GLI INGRESSI VANNO CONTROLLATI”


     
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    Rocco Forte Rocco Forte

    Fabio Cavalera per il “Corriere della Sera”

     

    Quella della famiglia Forte è una delle tante storie italiane di emigrazione e successo. Carmine, classe 1908, lasciò la provincia di Frosinone, sbarcò nel Regno Unito e fondò un impero alberghiero. Il suo nome divenne Charles. Nel 1981 fu nominato barone e membro della Camera dei Lord da Margaret Thatcher.

     

    Ma il suo legame con l'Italia rimase sempre di grande passione. Ogni anno tornava in Ciociaria per la processione della Madonna nel suo paese. Morì 98enne, nel 2007, e le chiavi di comando passarono al figlio Rocco che oggi guida un gruppo con hotel a cinque stelle in tutta Europa.

     

    Inglese di nascita, italiano nel sangue. Da che parte sta, sir Rocco Forte? A favore della Brexit o contro la Brexit?

    «Voterò per la Brexit».

     

    Ma come… lei per metà inglese e per metà italiano, figlio di un migrante italiano, crede che Londra debba uscire dall' Europa.

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    «Non vedo nulla di drammatico. L'ipotesi che il Regno Unito abbandoni l'Unione mi pare realistica e giusta».

     

    Il rischio di contraccolpi economici dovrebbe preoccuparla.

    «Guardi… ciò che conta è mantenere la calma. La più banale delle considerazione ci suggerisce che alla fine conta solo il business. Dentro o fuori dall'Europa il motore sono gli affari. Chi vende Mercedes o Fiat, chi vende servizi finanziari…chiunque penserà sempre a comperare e vendere, sia che Londra resti in Europa sia che ne esca».

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    Ma perché voterà la Brexit?

    «In Europa la burocrazia è soffocante, condiziona i governi, è un ostacolo all' economia e al libero mercato».

     

    E, secondo lei, sarebbe più facile fare impresa chiamandosi fuori dall' Europa?

    «Non ho dubbi. I costi di un' azienda in Europa sono molto più alti. Qui la corporation tax scenderà al 18%. I costi sociali sono al 10% mentre in Europa sono al 40 o al 50%. Il continente non è competitivo. Il Regno Unito lo è. Quindi, meglio uscire».

     

    Soli e isolati?

    «Ma no. Osserviamo i dati con attenzione. Il 48% dell' import-export di beni è con l' Europa. Il 52% con il resto del mondo. L' 80% dell' import-export di servizi è fuori dall' Europa. A parte il contraccolpo di breve periodo per qualche settore merceologico particolare, l' economia britannica marcerebbe benissimo lo stesso. In ogni caso, se Londra esce, ci saranno nuove negoziazioni commerciali e la situazione in una paio d' anni si normalizzerà».

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    Cameron, il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, la Banca d'Inghilterra, le grandi istituzioni finanziarie non la pensano così, prospettano anni difficili.

    «Siamo in campagna referendaria e ognuno gioca le proprie cartucce. Mi sembra un approccio molto allarmistico che tra l'altro non dà i risultati sperati. Anche gli interventi di governi e premier stranieri sono inutili. Ai britannici non piace che da fuori si suggerisca cosa devono fare».

     

    Non saranno le preoccupazioni per l'economia a condizionare il voto: è questo che intende?

    «Intendiamoci, il risultato è in bilico ma non credo che a determinarlo siano solo le questioni economiche».

     

    Lei è figlio di un immigrato italiano. E l'immigrazione è uno dei temi che hanno scosso il dibattito. La soluzione ai problemi è davvero chiudere le frontiere?

    «Lo dico con cognizione di causa: tutti vogliono venire qui. Ed è giusto. Ma con l'allargamento dell'Ue all' Est i flussi sono finiti fuori controllo».

     

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    Non solo dall' Europa dell' Est. L'Italia è al secondo o terzo posto nel 2015 quanto a numero di lavoratori entrati nel Regno Unito.

    «Le frontiere non vanno e non si possono blindare. Sarebbe sbagliato, inutile, controproducente. Però gli ingressi vanno misurati in base all' offerta di lavoro, alle professioni, alle mansioni richieste, alle abilità del singolo richiedente. La soluzione non è porte aperte a chiunque. La soluzione sono politiche pragmatiche, porte aperte secondo le necessità. Come del resto avviene negli Usa, in Australia, in Svizzera. Ogni Paese ha il diritto di controllare il futuro. Ne va della sua sovranità, che è un principio al quale nessun britannico intende rinunciare».

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    L' Europa proprio non le piace. Ma il suo business è lì.

    «Il castello istituzionale europeo non mi piace perché c' è un forte deficit di democrazia, perché le leggi e i regolamenti vengono partoriti dalla burocrazia di Bruxelles e hanno effetti devastanti nel Regno Unito. Un conto è esser parte di una vero mercato libero e un conto è essere parte di un' Unione che vuole essere politica e centralizzata, spogliando i governi della loro sovranità. Questa non è la mia Europa e non sarebbe stata nemmeno quella di mio papà».

     

     

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