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    IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - ADDIO A JIMMY IL FENOMENO, 86 ANNI DA LUCERA. PIÙ DI CENTO FILM, 'DRIVE IN' E 'PICCOLO SLAM', I RUOLI ERANO QUASI SEMPRE GLI STESSI: IL MATTO, L’ASSATANATO, IL BARISTA, IL FAN DI CELENTANO, IL PETOMANE, LA SUORA, E GARANTIVANO LA RISATA SICURA DEL PUBBLICO CHE LO RICONOSCEVA IMMEDIATAMENTE. “QUESTO HA UNA FACCIA DA SCEMO NATURALE”, SEMBRA CHE GLI ABBIA DETTO TOTÒ - LA SUA UNICA INTERVISTA A 'STRACULT' (AL RITORNO SBAGLIÒ TRENO E FINÌ NON SI SA DOVE)


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

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    Solo il cinema italiano poteva produrre un attore stracult come Jimmy il Fenomeno, nato a Lucera come Luigi Origine Soffrano nel 1932 e morto a Milano in una casa di cura dove ormai risiedeva da quasi vent’anni. Più vero fenomeno che caratterista o attore, con tanto di occhi storti, eccitazione da maniaco continua e risata isterica, lo abbiamo visto in più di cento film, spesso neanche segnalato nei titoli di testa o di coda, oltre alle partecipazioni a programmi tv come “Drive In”, “Piccolo slam”, e ovviamente “Stracult”, che gli dedicò nel 2001 l’unica intervista della sua vita e una partecipazione straordinaria in un memorabile sketch con Fernando Di Leo e Eva Henger diretto dai Manetti bros.

     

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    La sua presenza era così costante nei film degli anni 70-80 che in Sesso in testa, commedia sexy diretta in segreto da Fernando Di Leo, la protagonista Pilar Velasquez, quando se lo vede alla porta di casa sua esclama: “Pure in questo film ce l’abbiamo?”. Del resto era quasi impossibile non averlo nel cinema alto, medio, basso e bassissimo del tempo.

     

    I ruoli erano quasi sempre gli stessi, il matto, l’assatanato, il barista, il fan di Celentano, il petomane, la suora, e permettevano una risata sicura da parte del pubblico che lo riconosceva immediatamente. “Questo ha una faccia da scemo naturale”, sembra che gli abbia detto Totò quando lo incontrò a Lucera battezzandolo per il cinema.

     

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    E il cinema fece, fin dai primi anni ’60, grazie a Luciano Salce, da Il federale a La voglia matta, La cuccagna, grazie a Piero Vivarelli e a Adriano Celentano, che lo vollero nei loro primi film, Io bacio… tu baci, Uno strano tipo, allo stesso Totò, Il monaco di Monza. Ma fece anche peplum, Ercole alla conquista di Atlantide, western, 10.000 dollari per un massacro, qualche raro film d’autore, Giorno per giorno, disperatamente di Alfredo Giannetti, dove faceva ovviamente il matto, qualche Franco e Ciccio, I figli del leopardo, Paolo il freddo, L’esorciccio, dove è il matto in caduta che giustifica il cartello “caduta matti”, prima di approdare ai grandi generi anni ’70 della commedia sexy e dei Monnezza dove fu davvero onnipresente.

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    Si alternò così tra dottoresse, professoresse, Pierini, impossibile da gestire proprio come attore, mentre veniva richiamato in servizio anche da Luciano Salce, Vieni avanti cretino, Celentano, Il bisbetico domato, e scoperto perfino da Renato Pozzetto, Il ragazzo di campagna, e Paolo Villaggio, Super Fantozzi e Fantozzi in Paradiso, di fatto il suo ultimo film.

     

    Qualche regista cercò di costruirgli un ruolo che andasse oltre la battuta di pochi secondi, penso allo stesso Fernando Di Leo, foggiano e quindi quasi compaesano, che lo volle anche in Colpo in canna con Ursula Andress e Lino Banfi, e a Nando Cicero, che in La soldatessa alle grandi manovre costruisce una serie di gag memorabili con lui e Gianfranco D’Angelo.

     

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    Ovviamente dilaga nei film barzelletta sui matti. Ne I carabimatti si frantuma le palle con un martello tipo Tafazzi e alla domanda di Gianni Agus sul fatto che non si faccia male, risponde con un “Sì, ma quando sbaglio è una goduria che non finisce”. Ma lo troviamo anche nei film dei Vanzina, Arrivano i gatti, dove fa se stesso, Eccezziunale… veramente, poi un Mi faccia causa di Steno, dove è un tifoso del Foggia, nel fondamentale Attila flagello di Dio di Castellano e Pipolo, dove è una bionda bruttissima.

     

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    Con Jimmy il Fenomeno il nostro cinema del ’900 perde quel vento di follia e di politicamente scorretto che l’aveva attraversato negli anni di piombo. Per questo il Ricci di “Drive In” e dell’”Araba fenice” lo aveva spesso chiamato e rimane memorabile la fotografia che immortala la stretta di mano tra Jimmy e Berlusconi sotto lo sguardo attento di Ricci. Quando lo chiamammo a Roma per “Stracult”, al ritorno sbagliò treno e finì non so dove. 

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