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    ALITALIA, LA MANFRINA INFINITA - IL CAPO DEI PILOTI DISSIDENTI: 'HANNO PRESENTATO UN PIANO GIÀ SUPERATO, DISTRUGGONO CENTINAIA DI POSTI DI LAVORO E TRA DUE ANNI SAREMO DA CAPO. MEGLIO IL COMMISSARIAMENTO' - MA IL GOVERNO NON SI PUÒ PERMETTERE IL CRAC ALITALIA A POCHI MESI DALLE ELEZIONI, CON AEROPORTI BLOCCATI E LAVORATORI IN PIAZZA. COSÌ CALENDA AVVERTE: 'IL NO ALL'ACCORDO COSTERÀ 1 MILIARDO ALLO STATO'


     
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    1.ALITALIA:CALENDA,CON NO A PREACCORDO 1 MLD COSTI STATO

    CARLO CALENDA CARLO CALENDA

     (ANSA) - Il preaccordo firmato nella notte su Alitalia "è positivo". Così il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, a 24Mattino su Radio 24, avvertendo però che "se l'operazione dovesse fallire tutti i costi finirebbero sullo Stato", e si tratta di "più di un miliardo". Se l'accordo sarà "approvato dai sindacati, condizione per le banche di mettere le risorse, lo Stato italiano attraverso Invitalia potrà dare una garanzia se le cose dovessero andare male nel 2018".

     

     

    2."QUESTO È UN PIANO GIÀ SUPERATO MEGLIO IL COMMISSARIAMENTO"

    Lucio Cillis per 'la Repubblica'

     

    L' associazione è ancora piccola nei numeri ed è nata da poco più di un mese, in piena crisi Alitalia. L' Anp, Associazione nazionale piloti, punta a intercettare il malcontento montante.

     

    Marco Veneziani, ex pilota, il leader, è stato per 17 anni a capo del trasporto aereo della Uil. E oggi dopo aver divorziato dalla sigla, si pone come contraltare alle aperture del sindacato confederale.

     

    Che pensa dell' accordo?

    «È un' intesa che serve solo a tenere in piedi la baracca e a non far perdere denaro agli azionisti, mentre è un disastro per i naviganti che ci metteranno ancora una volta tanti soldi, senza avere la certezza di vedere la ripartenza dell' azienda. Entro due anni saremo punto e a capo».

    Piloti Alitalia Piloti Alitalia

     

    Perché ne è certo?

    «Perché non si vive con un piano di questo tipo, al massimo si sopravvive. E non lo dico io ma quasi tutti gli esperti del settore. Qui si taglia su tutto. Negli anni scorsi Alitalia aveva una flotta da 210 aeroplani. Oggi è stata dimezzata. Vogliamo parlare poi degli esuberi?

    Quelli che sono stati comunicati sono solo una parte. In realtà sono tanti di più: qui si tratta di almeno altri mille tra piloti e assistenti di volo che andranno complessivamente in solidarietà. Questi non sono posti di lavoro persi?».

     

    Cosa serve oggi alla compagnia per salvarsi?

    ALITALIA ALITALIA

    «Un piano di rilancio serio, fatto con coraggio e soprattutto risorse».

     

    In alternativa che farebbe?

    «Una sola cosa: portare Alitalia in amministrazione controllata, in stile Chapter 11 americano. Una strada sulla quale è stata immessa Blu Panorama con successo. Sempre meglio di questo piano improvvisato».

     

     

    3.L' ULTIMA SCOMMESSA DI STATO PER LA COMPAGNIA CHE PERDE 7.000 EURO OGNI CINQUE MINUTI

    Francesco Manacorda per 'la Repubblica'

     

    Nei cinque minuti che impiegherete per leggere questo articolo l' Alitalia avrà perso circa settemila euro svolgendo la sua normale attività. Una somma forse trascurabile per una grande compagnia.

     

    cramer ball alitalia cramer ball alitalia

    Ma se si moltiplicano quei settemila euro per i cinque minuti che stanno in un' ora si arriva a oltre ottantamila euro, per un giorno due milioni, per un anno circa 700 milioni di euro. E settecento milioni sono appunto quelli che Alitalia ha "bruciato" nel 2016, anche se a bilancio risulteranno meno perché verranno in parte compensati da alcune cessioni.

     

    ALITALIA ALITALIA

    Per capire passato presente e futuro della compagnia di bandiera bisogna avere in mente questa cifra e accostarvene un' altra significativa: secondo i dati raccolti da Mediobanca i salvataggi pubblici a ripetizione di Alitalia nei quarant' anni 1974-2014 sono costati 7,4 miliardi di euro. Anche qui una media grossolana, ma non priva di significato, dice che ogni anno la compagnia di bandiera ha avuto dai contribuenti 180 milioni di euro. Significa mezzo milione ogni giorno per quarant' anni, da quando Iva Zanicchi vinceva il festival di Sanremo con "Ciao cara come stai?" e a Palazzo Chigi c' era il quinto governo Rumor, fino praticamente all' altro ieri.

     

    alitalia etihad alitalia etihad

    Sulla base di questi numeri è possibile farsi qualche domanda sul "preaccordo" formula squisitamente italica - firmato in queste ore. È giusto e conveniente un ennesimo intervento pubblico - questa volta sotto forma di garanzia che la società statale Invitalia dovrà dare sui prossimi crediti concessi alla compagnia e anche su parte di nuovo capitale eventualmente necessario - a favore di Alitalia? E sarà questa la cura - pagata dal socio privato Etihad, dalle banche creditrici ma anche dallo Stato - che può rimettere in piedi Alitalia o stiamo dando una costosissima e ancora inutile aspirina a un malato molto grave che è destinato comunque a non migliorare e probabilmente a soccombere?

     

    Luigi Gubitosi Luigi Gubitosi

    La risposta dei manuali di economia alla prima domanda prevederebbe che si decida di lasciare andare Alitalia - compagnia privata da un decennio - al suo destino senza alcun intervento pubblico. Se il droghiere sotto casa rischia di chiudere il governo non offre garanzie. Perché allora favorire alcune aziende rispetto ad altre?

     

    Il governo che si muove spiega che senza compagnia di bandiera non si può restare. Può essere vero, specie nel caso di un Paese ad alti flussi turistici come l' Italia.

     

    Ma più che altro pare che il governo non possa permettersi, a pochi mesi dalle elezioni, di avere un' Alitalia fallita e i suoi dipendenti a casa o peggio ancora in piazza.

     

    E qui si arriva al secondo punto. I costi di Alitalia, dopo il «preaccordo» diminuiranno certo meno di quello che prevedeva in origine il piano presentato dalla compagnia e sul quale le banche avevano preso i loro impegni. Basti dire che per alcune categorie di dipendenti si prevedevano tagli del costo del lavoro pari a oltre il 25% e si è arrivati a una riduzione solo dell' 8%.

     

    Numeri precisi sui risparmi previsti ancora non ne circolano, ma bisognerà appunto vedere se il piano così rivisto sarà considerato sostenibile dai creditori. E se le prospettive di sviluppo su cui puntano il governo e il presidente in pectore Luigi Gubitosi, ossia il potenziamento dei voli a lungo raggio, sulla carta hanno senso, sarà un lavoro arduo riportare Alitalia a uno standing di grande compagnia internazionale. È quasi ovvio però che i grandi creditori Intesa-Sanpaolo, Generali e Unicredit non si potranno tirare fuori da un' operazione che ormai coinvolge il governo in modo così diretto.

    james hogan di etihad a roma foto lapresse james hogan di etihad a roma foto lapresse

     

    Peraltro i due principali istituti del Paese hanno anche l' aggravante di aver tenuto a lungo i loro uomini di primissimo piano, non esattamente dei passanti, nel consiglio della compagnia. Il rischio è che risorse pubbliche e private vengano (re)investite in Alitalia senza che questo porti a un cambio di rotta vero e a un' uscita dai bilanci in rosso. La strategia di Gubitosi, uomo di numeri prima di tutto, è quella di rimettere in forma la compagnia pensando ufficialmente a un futuro da sola.

     

     Ma anche nel trasporto aereo la legge del consolidamento conosce poche eccezioni e oggi i nomi che in Europa possono puntare a creare grandi gruppi si chiamano British Airways, Lufthansa e Air France. Il nome di Alitalia non c' è. La scommessa di rimettere in ordine la compagnia in un paio d' anni è tutt' altro che sicura. I precedenti sono negativi.

     

    L' ambiente circostante non è favorevole, la concorrenza delle low cost fortissima, i sussidi dei piccoli e meno piccoli aeroporti regionali alle stesse low cost rappresentano un veleno per una concorrenza già difficile e l' ennesima spesa di soldi pubblici.

     

    Difficile che Alitalia ce la faccia. Quasi impossibile che ce la faccia da sola. Nel migliore dei casi potrà sperare di diventare qualcosa di simile alla nuova Ilva, un "mostro" industriale che nessuno per anni si è voluto accollare e che poi finisce per attrarre magari più di un offerente.

     

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