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    C'E' PUZZA DI CORNA – UN LETTORE SCRIVE A ‘LIBERO’: “LEI ERA UN BOMBA SEXY. IO, ECCITATISSIMO, MI AVVICINAI PER BACIARLA MA VENNI INVESTITO DA UN TANFO SIMILE AL PUZZO ESALATO DA UNA FOGNA DI CALCUTTA. E’ STATO TRADIMENTO? – FELTRI RISPONDE: NO, SI È TRATTATO DI UN AVVERTIMENTO. QUESTO: NON LASCIARE LA STRADA VECCHIA SE QUELLA NUOVA È MALEODORANTE


     
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    LETTERA DI ALBERTO FRAJA a Libero Quotidiano

     

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    Lei, trent' anni o poco più, lavorava (si fa per dire) al secondo piano del palazzo dell' Agenzia dell' Entrate, ufficio relazioni con il pubblico. Io, cinquantenne con girovita badiale, mi giravo i pollici al terzo, sezione catasto e cartografia. Di quando in quando si saliva in ascensore insieme senza che tuttavia, almeno per lunga pezza, l' uno degnasse di uno sguardo l' altra. Come direbbero i toscani, insomma, 'un ci si cahava punto.

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    M' accorsi ch' ella era assai bonina solo il giorno in cui, s' era in un torrido mattino d' inizio luglio, si presentò al lavoro (si fa di nuovo per dire) vestita con una blusetta trasparente dalla cui scollatura s' indovinava un seno trionfalmente ingombrante e un paio di leggins che disegnavano un fondoschiena al cui confronto quello della Venere Callypigia dalle Belle Natiche sembra piatto come un asse da stiro. Quelle curve mi lasciarono estasiato.

     

    Da quel giorno cominciai a sognarle e a desiderarle più di un gol di Icardi alla Juventus. La loro appetibilità stimolava la mia residua carnalità progesteronica.

    La libido s' arrampicò a livelli tali che non riuscii a domarla neanche attraverso una squallidissima plena satisfactio libidinis cum effusione semini sine copula (vulgo: masturbazione).

     

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    Dovevo conoscerla a tutti i costi, guadagnarne fiducia e confidenza e poi sperare di portarmela al letto. Ero insomma talmente infoiato che la prospettiva di tradire mia moglie, donna perbene cui ero rimasto fedele per 21 lunghi anni, non mi creava scrupolo alcuno.

     

    Grazie alle attendibilissime e complici indicazioni di un collega, mi misi sulle tracce della maliarda come un lupo affamato su quelle della preda. La seguivo quando scendeva per andare in bar a prendere un caffè o quando s' intratteneva sul pianerottolo a ciarlare, sfumacchiando, con le altre impiegate.

     

    A mensa facevo di tutto per sedermi a un tavolo non lontano dal suo. Fino al giorno in cui, in ascensore (guarda tu che scherzi ti gioca il destino), presi coraggio e le chiesi come si chiamasse.

    "Paola e tu"? fece lei. "Marcello, piacere" feci io.

     

    Era fatta. S' era aperta la breccia di Porta Pia. Cominciammo a prendere il caffè insieme e a consumare gli incommestibili pasti della mensa l' uno di fronte all' altra. Entrammo in confidenza. Mi resi conto che non le dispiacevo, che avrei potuto osare. E un giorno osai. Le chiesi se volesse uscire una sera con me. A prendere un gelato, mica cosa. Al suo sì, il mio cuore sfiorò la fibrillazione atriale.

     

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    L' appuntamento era per sabato sera, alle 21, in piazza Mazzini. Si presentò coperta solo da un corto vestitino a fiori sottile come le ali di una farfalla, tette in libera uscita, gambe toniche abbronzate en plein air, tacco dodici. Appena la vidi avvicinarsi mi eccitai come un facocero della Savana. Entrammo nel locale e, mentre appollaiati su due trespoli delibavamo un cono gocciolante pistacchio ed amarena guatandoci a fondo negli occhi, avvertii subito il ciclo estrale della gatta che avevo di fronte.

     

    Tornammo in strada e salimmo in macchina. Il limonate sembrava lì lì dall' essere consumato quando accadde l' irreparabile. Quando infatti mi avvicinai al suo bel viso per baciarla, venni investito da un tanfo tremendo, qualcosa di simile al puzzo esalato da una fogna di Calcutta. Rinculai stordito. Ci volle un amen a realizzare che quella gnocca tanto bramata aveva un alito talmente cattivo da abbattere un elefante indiano. Non solo. Probabilmente per meglio favorire le imminenti evoluzioni amatorie, la signorina con evidente e involontaria sindrome da natural born killer si era tolta le scarpe denudando piedi afflitti da ferina fragranza. Rimasi senza parole, stordito, per lunghi interminabili secondi.

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    Riavutomi inventai una scusa, dovevo tornare di corsa a casa, la feci scendere, ingranai la prima e scappai più veloce dello struzzo Bip Bip di Willy il cojote. Il mattino dopo ero di fronte al prete a confessarmi. Il monsignore mi diede l' assoluzione piena risparmiandomi pateravegloria.

    E ora la domanda delle cento pistole: secondo lei direttore Feltri il mio è stato tradimento?

     

     

    2. LA RISPOSTA DI VITTORIO FELTRI

    Vittorio Feltri per Libero Quotidiano

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    Caro Alberto, il suo racconto esilarante merita di essere pubblicato con grande evidenza.

    L' ho letto volentieri e lo ripropongo a chi ci segue su Libero nella consapevolezza che susciterà divertimento. Succede pure a chi è sposato di essere attratto da una persona apparentemente affascinante, e dal momento in cui essa ci colpisce seguitiamo a pensare a lei. Ci pare irresistibile, seducente e ci sforziamo di averla senza valutare le eventuali conseguenze. Nel suo caso c' era l' illusione di trovare non dico la felicità, ma qualcosa di simile. La fase del corteggiamento è la più stimolante.

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    Un mio collega mi confessò ridacchiando che una volta gli capitò in ufficio, quale collaboratrice, una signorina sui trenta anni, abbastanza gradevole d' aspetto però afflitta da una gibbosità sulla schiena, una gobba per andar giù piatti. Non la degnò di uno sguardo, all' inizio. Gli faceva più impressione che pena, e la trascurò. Passa un po' di tempo e lui si abituò a frequentarla. Spesso i due conversavano ed egli scoprì che la donna era tutt' altro che stupida. Parlare con lei era gratificante.

     

    Ad un certo punto si convinse che in fondo la gobba era un particolare irrilevante, e nacque un' intesa che maturò in una specie di flirt. Si baciarono. Fecero l' amore dietro un armadio. Il mio amico apprezzava la ragazza a prescindere dalla suddetta gibbosità. Ecco perché, anche lei, caro Alberto si è innamorato o, comunque, si è invaghito della puzzona. Al momento di concludere però, allorché si è accorto che la fanciulla emanava afrori disgustosi, ha desistito dal portare a termine il progetto.

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    Comprendo la sua ritrosia. L' amore non sboccia definitivamente se manca il consenso dell' olfatto, un senso infallibile. Pertanto, posso affermare che lei non ha commesso alcun tradimento, lo ha solo immaginato. Si è trattato di avvertimento. Questo: non lasciare la strada vecchia se quella nuova è maleodorante. Di norma la moglie è preferibile alle donne che non hai annusato preventivamente. Buona fortuna.

     

     

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