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    LA CHAMPIONS LEAGUE LA DECIDE IL RAMADAN – IL 26 MAGGIO MOHAMMED SALAH GIOCHERÀ LA FINALE DEL TROFEO EUROPEO A DIGIUNO – “MOMO” NON HA INTENZIONE DI CONTRAVVENIRE AI PRINCIPI DELLA SHARIA E NON MANGERÀ PRIMA DEL TRAMONTO DEL SOLE – GIÀ QUANDO GIOCAVA (POCO E MALE) NEL CHELSEA...


     
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    Francesco Giambertone per il “Corriere della Sera

     

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    La finale di Champions League del 26 maggio potrebbe decidersi in soli 52 minuti. Non durante, ma subito prima della partita.

     

    È il tempo compreso tra le 20.53, quando sullo stadio di Kiev tramonterà il sole, e le 21.45, l' ora locale del fischio d' inizio di Real Madrid-Liverpool: quel poco che Mohamed Salah avrà a disposizione per ricominciare a mangiare e a bere dopo la giornata di digiuno assoluto che la sua religione gli imporrà, fino a pochi istanti dalla gara più importante della sua carriera.

     

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    Al fuoriclasse egiziano «Momo», musulmano praticante rivelatosi (un po' a sorpresa) il miglior calciatore d' Europa nella stagione che sta per concludersi, il calendario islamico ha giocato un brutto tiro: quest' anno il Ramadan è cominciato proprio ieri, dieci giorni prima che il suo Liverpool disputi la finale della Coppa dei Campioni a undici anni dall' ultima volta, per di più contro il Real Madrid a caccia del terzo successo di fila.

     

    E senza cibo né acqua per 16 ore al giorno un' impresa sportiva già complicata potrebbe diventare titanica, anche per chi di fede ne ha da vendere.

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    Un' occasione così importante avrebbe spinto molti musulmani a posticipare il digiuno. Così aveva deciso (senza suscitare scandali) il mezzofondista inglese Mo Farah alle Olimpiadi del 2016, e forse scelse bene viste le due medaglie d' oro che portò a Sua Maestà guadagnandosi il titolo di Sir; lo stesso ha concesso alla nazionale egiziana il Gran Muftì del Cairo, la massima autorità giuridica sunnita dello Stato, in vista dei Mondiali in Russia del prossimo giugno (attesi per 28 anni e raggiunti, ovviamente, grazie a un rigore allo scadere di Salah che ha fatto gridare in tutto il Paese «Allah è grande!»).

     

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    «I giocatori - ha sentenziato Shawki Allam - digiuneranno al loro ritorno a casa», il più tardi possibile, inshallah. Persino un verso del profeta Maometto consente di posticipare il Ramadan «a chi è in viaggio a più di due ore di cammello da casa», che non basterebbero per raggiungere Kiev dall' Inghilterra nemmeno in aereo.

     

    Il fatto è che Salah, scrivono preoccupati da settimane i media inglesi e piuttosto orgogliosi quelli egiziani, non ha intenzione di contravvenire ai principi della Sharia, la legge sacra islamica di cui il digiuno è uno dei cinque pilastri fondamentali.

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    Fondamentale come Salah è diventato per il Liverpool in meno di un anno, frantumando il record di gol della Premier League (32 in 34 partite) e consacrandosi a 25 anni su livelli da Pallone d' Oro, l' ultimo premio individuale che meriterebbe di sollevare, interrompendo il duopolio di Messi e Ronaldo incontrastato da 10 anni. Può ottenerlo solo con una vittoria a Kiev, dove però rischia di arrivare scarico e affamato.

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    Farà bene a non rileggere quel che lui stesso disse di sé ai tempi in cui giocava (poco e male) nel Chelsea, quando spiegò che «il Ramadan nel corso della preparazione mi ha penalizzato», convincendo Mourinho a prestarlo alla Fiorentina.

     

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    Meglio ripassare la storia di Hakeem Olajuwon detto The Dream, cestista nigeriano tra i più forti di sempre in Nba. Nel febbraio '95 osservò il Ramadan in piena corsa per i playoff: molti temevano crollasse, lui segnò 30 punti di media a partita.

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    «Quando digiuni ti senti leggero e pieno di energie, almeno per me era così. Potevo andare avanti tutta la stagione», raccontò anni dopo al Guardian, cui ammise però che «tornare a mangiare non fu affatto male».

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    Una cosa è certa: Salah è diventato così popolare da non temere critiche. Né dai suoi «fratelli», che hanno stampato la sua immagine su lanterne e gadget andati a ruba per il Ramadan, né dai tifosi del Liverpool. Gli hanno dedicato un coro che dice tutto: «If he scores another few, then I' ll be Muslim too». Se segna ancora un po', mi faccio musulmano anch' io.

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