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    LA SCOMPARSA DEL RIMORSO – IL FILMATO DEL SESSO IN DISCOTECA A TORINO E QUELLO DEL PESTAGGIO A SESTRI APRONO UNO SQUARCIO SU SEDICENNI CHE SE NE FREGANO DI TUTTO – L’UNICO PROBLEMA? ESSERE BLOCCATI SU FACEBOOK DAGLI AMICI – NESSUNO SI PENTE DI NULLA


     
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    VIDEO - LA BULLA DI SESTRI PONENTE PICCHIA LA DODICENNE

    https://www.youtube.com/watch?v=X05YKgAqD0A 

     

    Mario Giordano per “Libero Quotidiano

     

    Conoscevi quel ragazzo? «L’ho conosciuto lì». Dove? «Davanti al bagno della discoteca». E perché ti sei subito chiusa dentro con lui? Semplice: «Perché mi ha detto: andiamo». (Ovvio, no? A 16 anni incontri uno davanti al bagno della discoteca, e ti ci chiudi dentro solo perché lui dice «andiamo»). Eri ubriaca? «Non troppo». E quando hai scoperto che girava un video su quella tua scena hard? «Gli ho scritto un messaggio» (in effetti, gli ha scritto: «Ehi sta girando un video». E lui le ha risposto: «Vabbeh, se non dà fastidio a te»).

    BULLA SESTRI LEVANTE BULLA SESTRI LEVANTE

     

    E ora che tutti ne parlano come ti senti? «Sono un po’ incazzata». (Un po’ incazzata. Ecco: un po’). E il tuo fidanzato? «Mi ha detto che gli dava fastidio, di non farlo più». Sei triste? «No». Qualcuno ti ha chiesto scusa? «Uno che ha pubblicato il video. Mi ha detto che non si era reso conto». E il ragazzo che si era chiuso in bagno con te? «Si è arrabbiato perché sono andata dalla polizia». (Non si è pentito, macché. Si è arrabbiato).

     

    E che cosa ha fatto? «Mi ha pure bloccato su Facebook». Pure. Bloccato. Su Facebook. Ecco qual è il vero problema per la 16enne di Torino. Di tutta la terribile vicenda, alla fine, l’unico fatto grave sembra questo: non poter più comunicare sul social network con il ragazzetto. Si badi bene: il ragazzetto con cui non potrà più comunicare è il 19enne che l’ha portata nel bagno della discoteca, mentre alcuni ragazzi filmavano l’intera scena hard per diffonderla sui telefonini. Proprio lui.

     

    SESSO AL BAGNO SESSO AL BAGNO

    Quello che quando ha saputo che il video (con le facce riconoscibili) era di dominio pubblico nella scuola della ragazza, che lo stavano vedendo tutti, compagni e professori, ha commentato: «Tanto qualche giorno e si saranno tutti dimenticati…». Si dimentica in fretta, si capisce, perché non conta nulla: il sesso, l’amicizia, la scuola, i compagni, i professori, i genitori, le mamme, i papà, il proprio corpo e quello altrui, nulla sembra avere importanza in questa vicenda. Tranne, ovviamente, l’amicizia su Facebook. L’unica cosa che provoca un vero sussulto ai ragazzi dello zoo di Torino.

     

    Sì, siamo a Torino, ma in realtà potremmo essere dappertutto. La cronaca ci apre uno squarcio drammatico sul mondo dei nostri figli: «Siamo apatiche», confessano le ragazze coinvolte. Sì sono apatiche. E noi non le conosciamo più. Sono quelle che «sentivo Skrillex in cuffia» e «cucinavo i noodles per colazione e pranzo», quelle con il piercing e il poster di Rihanna, quelle con il parka verde e le unghie colorate, quelle che a 16 anni è normale fare l’amore («siamo stati tre mesi insieme…») e il papà lo incontrano per caso passeggiando per la città.

     

    Quelle che parlano poco, ma ecco: se incontrano uno davanti al bagno della discoteca si chiudono subito dentro con lui. Fanno quel che devono fare. E se poi il video del loro sesso malato gira fra tremila persone, beh, al massimo «sono un po’ incazzate». Nulla più. Difficile da capire.

    sesso in un bagno pubblico sesso in un bagno pubblico

     

    Difficile da spiegare. In effetti ormai c’è un muro fra noi e loro. Invalicabile forse come mai non è stato. Loro non possono comprendere noi, evidentemente. Ma noi non possiamo comprendere loro. Non possiamo comprendere perché si buttano via così. Senza nemmeno accorgersene. E, ancor più, come sia stato possibile nel giro di una generazione bruciare completamente la capacità di produrre rimorsi.

     

    Fateci caso: nessuno in questa vicenda ne ha uno nemmeno per sbaglio. Anzi. Per documentare quello che accadeva nella discoteca torinese era nata un’apposita pagina: «I bagni del Loud». Pare ci siano ragazzi che stanno regolarmente appostati fuori dalla porta per filmare scene di sesso da pubblicare sulla rete, in video che poi diventano virali.

     

    «L’unico problema è non farsi beccare dai buttafuori», raccontano. L’unico problema. Pare perfino brutto dirlo, ma forse dovremmo ringraziare questi filmati: almeno aprono una fessura dentro il muro della non conoscenza. Se non ci fossero non sapremmo nulla. Non conosceremmo nulla.

     

    Prendete le altre immagini che in questi giorni hanno scosso tutti, quelle del pestaggio della dodicenne a Genova. La bulla diciassettenne che l’ha massacrata a calci, pugni e morsi adesso va in giro tutta fiera, l’unico suo problema è che le hanno sequestrato il telefonino. La mandante (eh sì, la bulla agiva su commissione di una mandante 16enne) ha assistito allo spettacolo e pare ne sia rimasta particolarmente soddisfatta. Ma ancor più fa impressione l’indifferenza degli altri che stavano lì intorno: nessuno che sia intervenuto, nessuno che abbia avuto un sussulto, nessuno che abbia detto «basta» o «stiamo esagerando». Macché.

    sesso in un bagno pubblico sesso in un bagno pubblico

     

     Scherzavano e guardavano, ridevano e filmavano. Distaccati. Come se la telecamera del cellulare fosse un filtro capace di fermare ogni emozione. «Avevamo paura di prenderle anche noi», si sono giustificati poi. E viene quasi da pensare: magari fosse vero. Magari avessero davvero avuto paura. Nel caso, la paura sarebbe l’unica prova che, sotto la scorza di mostri, s’è conservato un po’ del loro essere ragazzini. Veri ragazzini, umani ragazzini. Ma che dobbiamo fare per non perderli per sempre?

     

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