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    IPERBOLE BUTTAFUOCO: ACCOMUNA LA QUERELLE DE BENEDETTI-SCALFARI A QUELLA FRA BERLUSCONI E MONTANELLI (1994) – IN COMUNE CI SONO SEMPRE PICCIOLI E POLITICA – LA MALEDIZIONE DEI DIRETTORISSIMI (IL PADRONE È PADRONE E IL GIORNALISTA È SOLO UN CAMERIERE) E LA DISAVVENTURA CHIAMATA CONFLITTO D'INTERESSI


     
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    Pietrangelo Buttafuoco per il Fatto Quotidiano

     

    BERLUSCONI MONTANELLI BERLUSCONI MONTANELLI

    Entrambi hanno fondato un quotidiano. Entrambi li hanno resi nobili, quei giornali, innervandoli con la propria personalità ed entrambi - come a fabbricare l' apoteosi del mestiere - hanno rotto con l' editore. Sono corsi e ricorsi storici, si dirà. Ma come Silvio Berlusconi, nel 1994, ebbe a esautorare Indro Montanelli da Il Giornale, così oggi Carlo De Benedetti - il padrone di Repubblica - aggredisce Eugenio Scalfari al punto di laurearlo "ingrato".

     

    Non se lo poteva immaginare, Scalfari - e con lui nessuno - di rivivere lo stesso destino di Montanelli. Ma i due padri del moderno giornalismo, quello di destra e quello di sinistra, si ritrovano dunque accomunati. Convocati entrambi nella disavventura chiamata conflitto d' interessi.

     

    eugenio scalfari carlo de benedetti eugenio scalfari carlo de benedetti

    Proprio non lo poteva pensare, Scalfari, di replicare il copione che ebbe a patire Montanelli. Una certa idea dell' Italia - la Repubblica - non si combina con la porcheria di vedere maltrattato un gigante qual è il Fondatore al pari di un questuante cui tutti possono dispensare un pernacchio, eppure è successo.

     

    In quell' altra Italia - quella alle vongole, come con disprezzo Il Mondo di Mario Pannunzio definiva l' Italia di destra - il padrone è padrone e il giornalista è solo un cameriere, questo è il sentimento diffuso, ma tutto il mondo è paese ed è finita che il salotto buono è risultato "troppo paese".

     

    TOMMASO CERNO MARIO CALABRESI TOMMASO CERNO MARIO CALABRESI

    La centrale di tutte le etiche maiuscole - dai radical eredi dell' azionismo fino ad arrivare ai cattolici adulti - frana sotto i rutti della protervia. Quel giornale, Repubblica, che è la Cambridge dove tutti giornalisti hanno sognato di voler imparare, va a rovinare nello gnao-gnao dei cicisbei col ditino alzato. Un direttore in carica, Mario Calabresi, quindi il futuro direttore, Tommaso Cerno, fanno il gioco delle parti - "Vai avanti tu che mi viene da ridere" - in una farsa tragica che imbullona la famosa "idea dell' Italia" nella caricatura.

     

    Altro che superiorità morale, resta solo il feticcio tarlato dell' egemonia culturale, con editoriali buoni al più per i dipartimenti universitari, non certo per l' informazione. Ed è la casa dei veleni, ormai. Con un Kramer contro Kramer, ovvero la guerra tra Carlo De Benedetti, il padre, e Marco De Benedetti, figlio - editore in linea salica, quest' ultimo - giunto al termine di imbarazzante Götterdämmerung. La giusta nemesi. Non è più un giornale. È una taverna. Solo che non servono vongole. Ma trippa. Al giovedì.

     

    MIELI MONTANELLI MIELI MONTANELLI

    Post scriptum. Quando Montanelli lasciò Il Giornale per poi fondare La Voce, alla chiusura di quest' ultimo ebbe da Paolo Mieli un affettuoso invito, tornare al Corriere della Sera, il quotidiano da dove era dovuto andare via sull' onda dell' insorgenza alto-borghese, da sempre ostile alla destra. Ecco, scommessa che anche per Eugenio Scalfari succederà la stessa cosa? Un invito. E non certo per passare in via Solferino.

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