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    JOBS ACT - LA VEDOVA DI STEVE A FIRENZE CON CECCHERINI: ''IL 65% DEI LAVORI CHE FARETE, OGGI NON ESISTONO. BISOGNA CONTINUARE A STUDIARE TUTTA LA VITA, E ORA NELLE SCUOLE BISOGNA DIFFERENZIARE LE LEZIONI PER CIASCUN ALUNNO'' - ESCE LA BIOGRAFIA DI STEVE SCRITTA DALLA FIGLIA LISA. UN PAPÀ GENIALE E STRARICCO CHE FINO A 8 ANNI NON L'HA VOLUTA MA POI…


     
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    1 – LA MOGLIE DI STEVE JOBS AI RAGAZZI «AFFRONTATE IL FUTURO DA INNOVATORI»

    Alessio Ribaudo per il “Corriere della Sera

     

    Tecnologica quanto basta, tarata sulle singole capacità degli studenti e aperta alle sfide del futuro. È questo il modello di scuola di Laurene Powell Jobs - vedova di Steve, il guru di Apple - che ieri, a Firenze davanti a 800 studenti, ha aperto la diciannovesima edizione del progetto «Quotidiano in classe», ideato da Andrea Ceccherini, presidente dell' Osservatorio permanente giovani-editori.

     

    Laurene Powell Jobs, negli Stati Uniti, ha fondato e presiede l' organizzazione filantropica Emerson Collective che promuove e sostiene le imprese sociali, l' editoria e l' istruzione come volano della democrazia.

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    «Il 65 per cento dei lavori che farete - ha spiegato Powell Jobs, 55 anni, incalzata dalla giornalista Maria Latella - oggi non esistono: dovete entrare nell' ottica delle idee che potreste continuare a studiare tutta la vita per essere protagonisti nel mondo del lavoro». Per questo, per la filantropa occorre cambiare il metodo istruttivo statunitense.

     

    «All' inizio del Novecento, è stato deciso che la scuola secondaria dovesse essere accessibile a tutti e hanno reso uguale il monte ore formativo - continua - ma oggi quel modello, mutuato dall' industria e basato sul tempo per misurare la produttività, va superato. Ognuno di noi apprende diversamente e, per questo, nelle nostre scuole tariamo le lezioni su ogni singolo alunno».

     

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    Inoltre, «è essenziale saper usare le nuove tecnologie e sfruttarle per migliorare alcuni aspetti della scuola ma non sostituiranno mai l' interazione umana».

     

    Si è parlato anche di temi di attualità come armi, fake news e immigrati: «Sono persone e non un pericolo, ma il presidente Donald Trump usa la paura per spaventare le persone e dividere. Lo fa in modo efficace per far sì che il suo elettorato lo voti, però sulla questione deve intervenire l' Onu».

     

    Il livello di preparazione degli studenti italiani ha stupito la signora Powell Jobs: «Ho pensato di chiedere a Ceccherini di venire negli Usa a esportare il "Quotidiano in Classe" ma intanto voi qui condividete l' esperienza con chi non partecipa, perché così tutti avranno una mente critica come la vostra, capace di distinguere le fake news». Infine, un consiglio per il futuro: «Studiate, ma iniziate a cercare un' idea per fondare un' impresa innovativa: vivete in città d' arte e potreste sfruttare questi magnifici edifici».

     

     

    maria latella maria latella

    2 – JOBS VISTO DALLA FIGLIA LISA: IL PAPÀ GENIALE E STRARICCO CHE NESSUNO VORREBBE

    Luca Rossi per “Libero Quotidiano

     

    Sette anni fa moriva Steve Jobs, il papà dei Mac, degli iPod, dell’iPhone, dell’iPad e tanti altri oggetti magici che cambiarono il mondo. In Apple sono da sempre molto attenti a mantenere in vita l’immagine del patriarca, a dire che il dna dell’azienda affonda ancora nella filosofia del genio in New Balance, jeans Levi’s 501 e dolcevita nero. Però Steve Jobs un’eredità genetica l’ha avuta: tre figli che portano il suo cognome e Lisa, che porta il nome di un computer, predecessore del Macintosh, il Lisa appunto, del 1983.

     

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    In Pesciolino (Rizzoli, 420 pagine, 18,50€) Lisa Brennan-Jobs racconta il papà che non l’ha voluta nella sua vita fino all’età di 8 anni e lo fa costruendo il libro attorno alla figura del CEO di quella che sarà la società più capitalizzata del pianeta, che episodicamente compare nella vita della bambina e della madre pittrice salvandole dalla rovina economica e sentimentale, come in Papà Goriot di Balzac, ammesso che la Brennan “trattino” Jobs lo conosca.

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    Il libro è tutt’altro che un’agiografia di San Steve: non si fanno sconti a colui che oggi ci osserva dall’alto dell’iCloud. Il ritratto è tridimensionale, a realtà aumentata: Jobs ne esce per quello che era, una persona con un carattere molto difficile con appuntata al petto la stella di Stachanov che lo portava a passare venti ore al giorno in Apple, uno che anziché occuparsi di leri aveva inventato macchine che avevano cambiato il mondo; era famoso, socializzava, cresceva, guidava strafatto nel Sud della Francia con un miliardario di nome Pigozzi, usciva con Joan Baez.

     

    domanda ragazzo domanda ragazzo

    L’uomo che guidava una Porsche 911 nera senza targa e che la cambiava ogni 6 mesi ogni volta che la rigava. Quello stesso uomo le urlò: «Tu non avrai nulla, nulla!». Lo stesso che aveva dichiarato al Time di non essere il padre e che il test del DNA non significava nulla, solo che la madre, Chrisann Brennan avrebbe potuto aver fatto sesso con il 75% dei maschi bianchi americani, cosa che in quegli anni sarebbe stato possibile.

     

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    La biografia ha il pregio di non essere stata riconosciuta dalla vedova Jobs ufficiale, Laurene Powell Jobs e dalla stessa Apple che continua a cementare il mito del patriarca zen-minimale professato in Steve Jobs di Walter Isaacson (Mondadori, 2011) e del quale il libro di Lisa Brennan-Jobs è il compendio ideale, che crocifigge il Santo.

     

    Per i devoti non mancano le storie edificanti come quella di Jobs che interrogato da Bono

    Vox è costretto ad ammettere che «Si, il computer Lisa ha preso il nome da mia figlia» (perché le persone famose devono essere sincere tra di loro). Ma anche quella di Jobs giovane seduto sul pavimento della sua solitaria magione senza mobili, da esteta del vuoto estremamente oculato negli acquisti ed estremamente attento alla funzionalità e all’estetica che poteva sedersi sul pavimento della sua casa senza mobili, ma con pianoforte a coda, piscina riscaldata e jet privato, che si rifiutava di riparare la lavastoviglie e di riscaldare la camera di Lisa perché «tanto siamo in California».

     

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    La sua crudeltà affettiva era già stata raccontata da Mona Simpson, sorellastra di Jobs, in The Lost Father, madrina letteraria di Lisa fino a quando la bimba prese il largo per  Harvard diventando una di «quelle persone comuni che abitano il mondo», salvo poi riavvicinarsi quando i centrifugati di carota, le arance californiane biologiche coltivate dalla Powell, si rivelarono inutili contro un adenocarcinoma pancreatico che ha messo fine alla Comédie humaine californienne di Steve.

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