Francesca Angeli per www.ilgiornale.it
claudio borghi selfie
«A chi l'oro di Bankitalia? A noi!». È in estrema sintesi il proclama di sapore dannunziano di Claudio Borghi, deputato della Lega e presidente della commissione Bilancio di Montecitorio.
Borghi ha concretizzato la sua aspirazione in una proposta di legge depositata circa tre mesi fa e ora in attesa di essere messa in discussione a Montecitorio allo di scopo portare sotto il controllo governativo le riserve auree della Banca d'Italia. Un pensiero fisso per l'economista del Carroccio che, ancora prima dell'irresistibile ascesa del suo leader Matteo Salvini ai vertici di Palazzo Chigi, aveva sparato a zero contro il sistema insistendo sulla necessità di rendere ai cittadini l'oro conservato a Palazzo Koch.
La legge si compone di un solo articolo che nelle intenzioni del suo primo firmatario ha lo scopo di riportare le cose al giusto posto, ovvero i preziosi lingotti sotto il diretto controllo dell'esecutivo. L'iniziativa legislativa intende dare «un'interpretazione autentica» della normativa sulle riserve auree nazionali. L'unico articolo così recita: «Il secondo comma dell'articolo 4 del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, si interpreta nel senso che la Banca d'Italia gestisce e detiene, ad esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, rimanendo impregiudicato il diritto di proprietà dello Stato italiano su dette riserve, comprese quelle detenute all'estero».
lingotti
È Borghi stesso a spiegare nella relazione introduttiva alla legge che «il tema della proprietà delle riserve auree nazionali, sebbene inconfutabile nel cuore di ogni cittadino italiano, è carsicamente apparso nella discussione parlamentare come un tema di dibattito». Un confronto che si è intensificato nel tempo «specie dopo l'avvento del sistema bancario europeo» che ha provocato «lo stratificarsi della normativa che ha finito col rendere la Banca d'Italia un ircocervo giuridico». Insomma per Borghi è chiaro che quell'oro appartiene agli italiani ma purtroppo non esiste una legge che lo dichiari esplicitamente.
LINGOTTI D ORO
Esiste dunque «un vulnus normativo, se non addirittura una vera e propria errata interpretazione» dello status quo e quindi il rappresentante del Carroccio intende «riportare l'esegesi della normativa nazionale in una situazione di certezza e chiarezza». Ed a scanso di imprecisioni Borghi stende una lista.
La Banca d'Italia, è scritto nel testo di legge «è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo monetario internazionale. Il quantitativo totale di oro detenuto dall'istituto, a seguito del conferimento di 141 tonnellate alla Banca centrale europea, è pari a 2.452 tonnellate (metriche); è costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e, per una parte minore, da monete».
PALAZZO KOCH
Certo a Palazzo Koch non la pensano così visto che anche sul sito della Banca d'Italia è scritto in modo inequivocabile che l'oro è della Banca. «Il quantitativo di oro di cui la Banca d'Italia è ad oggi proprietaria è frutto di una serie di eventi che hanno permesso all'Istituto di diventare, nel tempo, uno dei maggiori detentori al mondo di metallo prezioso».
RISERVE AUREE GLOBALI: AGGIORNAMENTO AD INIZIO 2018
Con la consueta puntualità, giovedì 4 gennaio il World Gold Council ha reso disponibili online i dati aggiornati sulle riserve auree globali che gli iscritti al portale del WGC possono reperire in forma completa e gratuita a questo indirizzo.
IGNAZIO VISCO
Nella tabella relativa ai possedimenti sovrani pochi cambiamenti sostanziali con gli Stati Uniti sempre in vetta grazie alle 8.133,5 tonnellate di metallo prezioso di cui il governo federale può disporre e che coprono il 75,0% del totale delle riserve strategiche del paese. A seguire la Germania, con 3.372,6 tonnellate che coprono il 69,1% delle riserve di Berlino e che quest’anno sono state oggetto di una estesa campagna di rimpatrio dai caveau esteri a quelli della Bundesbank a Francoforte.
Sul terzo gradino del podio il Fondo Monetario Internazionale con la sua dotazione di 2.814,0 tonnellate metriche di lingotti, seguito dall’Italia che conferma con 2.451,8 tonnellate il quarto posto, seguita a breve distanza dalla Francia con 2.435,9 tonnellate di metallo prezioso di riserva. Interessante, nelle posizioni più alte della classifica, il testa a testa tra Cina (al 6° posto con 1.842,6 tonnellate) e Russia (al 7° con 1.828,6 tonnellate) mentre l’unica altra nazione a collocarsi sopra la soglia delle mille tonnellate di riserve auree ufficiali rimane la Svizzera con 1.040,0 tonnellate di lingotti e monete bullion stoccate nei propri caveau. La Banca Centrale Europea si colloca invece al 13° posto con 504,8 tonnellate che rappresentano appena il 28,4% delle riserve strategiche dell’Eurotower.
WEIDMANN
Scorrendo la lista dei cento paesi censiti dal World Gold Council notiamo come l’Arabia Saudita, al 16° posto - con 322,9 tonnellate d’oro superi il Regno Unito che ne possiede 310,8. La ricchezza del paese arabo è tuttavia resa evidente dal fatto che il metallo prezioso copre appena il 2,7% delle riserve strategiche nazionali. Il totale delle riserve auree globali conservate da autorità statali o sovranazionali è stimato dal WGC, a fine 2017, in 33,762,2 tonnellate, di cui 10.782,0 fanno capo all’Eurozona e alla BCE.
ORO NELLA FEDERAL RESERVE BANK DI NEW YORK
Un’altra tabella messa a disposizione dal World Gold Council e che appare di un certo interesse è quella che permette il monitoraggio delle variazioni nelle riserve auree globali e dei singoli paesi nel corso del 2017, in particolare per i mesi da maggio a dicembre. Innanzi tutto è da notare come, tra gli oltre 155 paesi presi in esame, appena il 15% circa abbia compiuto operazioni su lingotti e monete tutti gli altri - almeno, stando ai dati ufficiali - non hanno agito né con acquisti né con vendite sulle proprie riserve strategiche di metallo prezioso.
In ordine alfabetico, citiamo l’Argentina che ha ridotto le riserve di 5,6 tonnellate mentre la Bielorussia nel periodo le ha aumentate di 3,2 tonnellate; l’Iraq mostra un saldo positivo di 2,4 tonnellate d’oro e molto meglio fa il Kazakhstan con un robusto +24,7 tonnellate. Più volte abbiamo menzionato, nei mesi scorsi, l’attività di Mosca sul mercato internazionale dell’oro: a riprova, il dato WCG sugli incrementi delle riserve tra maggio e dicembre si attesta per la Russia a +141,3 tonnellate di lingotti. Anche la Turchia mostra evidente la propria “fame d’oro”, tanto che il WGC certifica per Ankara acquisizioni pari a 89,8 tonnellate. E la Repubblica Popolare Cinese? Ebbene, secondo i criteri di report adottati dal WGC Pechino avrebbe aumentato le riserve auree, tra maggio e dicembre 2017, di appena 0,9 tonnellate.
L ORO NELLA FEDERAL RESERVE BANK DI NEW YORK
Dando un’occhiata allo storico delle variazioni nelle riserve auree dal 2002 al 2017 si notano fra la altre le cospicue vendite dell’Austria (-67,5 tonnellate), dei Paesi Bassi (-272,1 tonnellate) e del Sudafrica (-241,9 tonnellate). Per parte sua, la Svizzera ha ceduto ben 1.158,1 tonnellate di metallo prezioso. I saldi positivi più eclatanti, nello stesso arco di quindici anni, sono sati invece quelli messi a segno dalla Russia (+1.405,6 tonnellate) e dalla Cina (+1.341,8 tonnellate).
IL CAVEAU DELLA FEDERAL RESERVE BANK DI NEW YORK Federal Reserve