simonetta cesaroni via poma
Marco Bracconi per Il Venerdì - la Repubblica
Foto di Mario Proto per Il Corriere della Sera
Se il mestiere del poliziotto fosse il mestiere di vivere di Cesare Pavese dovremmo correggere uno dei suoi celebri aforismi. Perché se è vero che "nulla può consolare della morte", è altrettanto vero che per un tutore dell' ordine scoprire un assassino è una bella soddifazione.
«Ma c' è una faccenda che mi è rimasta sul groppone: l' omicidio di via Poma», dice Antonio Del Greco, dirigente di polizia che assieme al giornalista Massimo Lugli, una vita tra questure e luoghi del delitto per Repubblica, ha deciso di raccontare i suoi quarant' anni di indagini e di storie in Città a mano armata (Newton Compton, pp.319, euro 9.90).
renato de pedis agguato
Un libro che non è una autobiografia né un saggio sulla criminalità. Piuttosto una sequenza di capitoli che si leggono come un film. Un poliziesco. Solo che non è una sceneggiatura ma la realtà. Nuda e (soprattutto) cruda.
La caccia a Giuseppe Mastini, per le cronache Johnny "lo zingaro", l' interrogatorio al "canaro" della Magliana, stradacce di periferia, le stanze fumiganti dei commissariati quando anche i rapporti con i cronisti di nera erano diversi.
Antonio Del Greco è oggi un signore di sessantaquattro anni ben portati, baffi senza più lo "spiovente" anni Settanta e un incarico all' Italpol. Ma tra Dia, omicidi, Buoncostume e truffe ne ha viste tante.
«Mai troppe...Io poliziotto ci sono nato. E non fatevi fuorviare dai film polizieschi.
Le cose non vanno esattamente così. Questo mestiere è l' inseguimento o l' intuizione, ma anche trovare la carta per fare le fotocopie. Di questo aspetto il cinema e tv parlano meno».
Del resto è straniante guardare ai gialli del Novecento con gli occhi di oggi. Fino a vent' anni fa reperibilità era stare accanto ad un telefono fisso. Altro che cellulari. «I cronisti dormivano nelle stanze della questura. Non c' era internet e gli strumenti tecnologici erano infinitamente meno sofisticati». Meglio o peggio?
Del Greco non è un passatista, ma vede tutti i rischi del caso. «Se si diventa dipendenti dalla tecnologia si affievolisce l' esercizio dell' intuizione, che invece è ancora decisivo».
Lo conferma Massimo Lugli che quelli anni li ha vissuti: «Oggi si comincia dal Dna per arrivare ai colpevole, basandosi sulle prove tecnologiche, e poi finisce come nel processo Busco (il fidanzato di Simonetta Cesaroni, poi assolto per via Poma, ndr).
maurizio abbatino
In Città a mano armata si parte e si torna, continuamente. Ma il centro è sempre Roma. Santa e maledetta. Con i suoi quartieri, il suo linguaggio, poca omertà. Perché la capitale quando si tratta di delinquenti si dimostra molto loquace.
«Nulla a che fare con i silenzi delle mafie» spiega Del Greco. «A Roma si tende a parlare, perfino ad entrare in confidenza personale con chi ti interroga. Accadde così anche durante le indagini sulla banda della Magliana». Già. Una volta caduti i primi, venne giù tutto. E, leggendo il libro, si ha l' impressione che quelli che i "maglianini" li hanno visti da vicino, oggi li ridimensionano parecchio.
«Non era una banda così forte e coesa come si è scritto e raccontato». Ma era comunque intrecciata ai mille rigagnoli che dal biondo Tevere si fanno neri che più neri non si può. «La storia della criminalità romana è spesso legata a figure dell' estremismo di destra. E questo ci ha aiutato. Arrivare al "nero" è stata spesso la svolta delle indagini».
Delitti passionali o litigi banali, nella Città Eterna ci si ammazza come una volta. Ma tra le righe delle statistiche si scopre che si spara meno.
«Meglio guadagnare e non correre rischi. Pensi a Carminati. Quando gli altri criminali lo sentivano nominare scappavano. Era uno che prendeva e ammazzava. Poi si è riciclato». Ma non c' è solo il mondo di mezzo, ci sono anche le anime di mezzo. Gli psicopatici, i sottomessi che si trasformano in sadici.
lugli del greco
È stato proprio Del Greco a far crollare Pietro De Negri, il "Canaro" che seviziò e uccise il suo aguzzino chiudendolo in una gabbia per cani. «Negava tutto ma riuscimmo a farlo confessare facendo leva sul suo "orgoglio" di killer». Nel libro, scritto senza reticenze e arrotondamenti politically correct, la scena descritta ha i crismi dell' horror: «Quando iniziò a raccontare le sevizie inferte alla vittima sembrava un altro. Una voce che veniva da dentro, come nel film L' esorcista».
De Negri ha scontato la pena e poi se ne sono perse le tracce. Altri, grazie ad un permesso hanno invece lasciato scie di sangue. Non è un caso che nel libro ci si lamenti spesso di un' eccessiva disinvoltura all' interno del sistema premiale. «È un sistema pieno di buchi» sostiene Del Greco ricordando il caso di "Johnny lo Zingaro". Falle in una macchina della giustizia che perfino, in forma di nemesi, finisce per bussare alla porta proprio di Del Greco, messo sotto inchiesta per una intercettazione tra malavitosi: «Trovarsi dall' altra parte è una esperienza tosta. Anche se si trattò di un clamoroso equivoco. Ma il problema in questi casi è il tempo. Ci sono voluti due anni per venirne fuori».
johnny lo zingaro arresto
I tempi della giustizia sono rimasti più o meno gli stessi, quelli delle indagini no.
E rileggendo i capitoli del libro viene spontaneo chiedere al poliziotto "testa e suola" come sarebbe andata se avesse avuto il cellulare. «Credo meglio dal punto di vista tecnico-professionale. Ma forse mi sarei divertito meno».
La sensazione è che se il Viminale lo richiamasse in servizio domattina non ci penserebbe un minuto, magari per scoprire il colpevole di via Poma. «Lasciamo perdere. Quella faccenda mi è rimasta qui». A differenza delle tante storie raccontate in Città a mano armata, la morte di Simonetta Cesaroni resta avvolta nei misteri.
il canaro della magliana arrestato
Come il suicidio del portiere Pietrino Vanacore, che se qualcuno di quei misteri custodiva se l' è portato via con sé. «Già. Irrimediabilmente».
roma a mano armata del greco