DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
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Da “Mashable”
La Cina può distruggere i bitcoin? È la provocazione, ma manco tanto, lanciata da un paper dei ricercatori di Princeton e della Florida International University. La Cina, si legge nell’articolo, ha sia i mezzi che le motivazioni per lanciare alcuni attacchi devastanti alle criptovalute, e in un certo senso sta già influenzando la rete della moneta virtuale.
La Cina e i bitcoin
Il network su cui si “mina” la criptovaluta (creato nel 2008 dal misterioso Satoshi Nakamoto) impiega un enorme quantità di server per processare e portare a termine le transazioni seguendo la “catena dei blocchi” (la famosa blockchain). Per creare bitcoin serve insomma molta energia. E indovinate da dove viene? Del totale dell’hash rate, ovvero la potenza di elaborazione della rete bitocin, il 74% arriva dalla Cina. Questo in teoria permette ai miners cinesi di unirsi e di muovere un attacco a più della metà della catena blockchain, causando la distruzione dell’intero network (anche se Mashable, che analizza il paper, non spiega come potrebbe succedere).
Non solo, perché il “Great Firewall” e il “Great Cannon” – i nomi con cui si descrivono gli strumenti che il dragone usa per filtrare e censurare il traffico internet del Paese (bloccando i big stranieri e favorendo le aziende locali conniventi con il partito comunista) – possono già essere usati per influenzare la rete dei bitcoin.
Dal “Great Firewall” infatti, per un certo periodo di tempo, è arrivato l’ordine di creare “blocchi vuoti”, che rallenterebbero però l’intero sistema a catena dei bitcoin. (Questo perché un blocco vuoto non contiene alcuna transazione, e quindi non crea criptovaluta ma ingolfa il sistema rallentando la crescita di valore della moneta”).
La Cina ha però anche altre armi a disposizione per influenzare e, se volesse, distruggere il sistema dei bitcoin. Potrebbe per esempio rendere pubbliche le transazioni. Sembrerebbe semplice, ma perché dovrebbe farlo?
Si tratta di una questione ideologica: la tecnologia distributiva che costituisce il substrato teorico di blockchain e bitcoin è esattamente l’opposto della filosofia del governo centralizzato. Oppure potrebbe anche soltanto voler incrementare il controllo su di un’entità che per il momento sfugge all’occhio vigile del governo. Nonché un modo subdolo per attaccare le economie straniere.
Insomma, i bitcoin potrebbero essere, più che una bolla, una fregatura. Finora ci avevano raccontato che uno dei vantaggi principali delle criptovalute era il fatto di non avere un’entità centrale a governarle, ma è ridicolo, se poi ce n’è una che può distruggerle.
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