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    “SI TORNA AL VOTO” – LA LEGA HA MINACCIATO LE ELEZIONI ANTICIPATE PER CONVINCERE I 5 STELLE - GLI ULTIMI GIORNI SONO STATI UN CALVARIO AL PUNTO CHE GIANCARLO GIORGETTI HA FATTO OMAGGIO DELLA FOTO DI RENZI A TUTTI GLI ESPONENTI DELL' ESECUTIVO. UN MODO SCENOGRAFICO PER RICORDARE GLI ERRORI DA NON RIPETERE…


     
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    Tommaso Labate per il Corriere della Sera

     

    salvini giorgetti salvini giorgetti

    «Si vede che il messaggio è stato ricevuto». Poco prima dell' ora di cena, in una stanzetta di Palazzo Chigi dove alcuni esponenti del sottogoverno leghista aspettano l' esito del vertice sulla pace fiscale, si tira un sospiro di sollievo. Per tutta la giornata, nella pattuglia salviniana più d' uno è intenzionato a tirare fuori la minaccia delle elezioni anticipate.

     

    Sia chiaro, il rituale non è quello classico, che spesso ha scandito i tempi dei governi della Prima e della Seconda Repubblica, dove la minaccia di rottura del puzzle di una maggioranza è stata usata come grimaldello per spezzare le resistenze dei compagni d' avventura su questo o quel dossier. Ma una cosa è certa. Di fronte ai dissidi sul decreto fiscale, a cui un pezzo significativo dell' elettorato leghista ha legato a doppio filo la sua apertura di credito a Matteo Salvini, la tentazione della Lega di minacciare il capolinea del governo Conte s' è fatta largo tra le voci di corridoio, autorevoli e meno autorevoli.

     

     

    CONTE GIORGETTI CONTE GIORGETTI

    Gli ultimi giorni sono stati un calvario. Al punto che Giancarlo Giorgetti, che all' inizio dell' avventura di governo aveva posizionato sulla sua scrivania una fotografia di Matteo Renzi «per ricordarci di non fare gli errori del passato», avrebbe fatto omaggio della foto dell' ex premier del Pd un po' a tutti gli esponenti dell' esecutivo. Un modo scenografico per ricordare a suocera (Salvini) e a nuora (Di Maio e Conte) che «oltre un certo limite» ci sono dei rischi.

     

    Il modo in cui i M5S hanno combattuto contro le istanze leghiste sul fisco è stato vissuto come un limite infranto. Al punto che la minaccia di rompere la maggioranza ha iniziato ieri a prendere corpo ora dopo ora fino all' imbrunire, quando poi l' accordo è stato annunciato.

     

    giorgetti malagò giorgetti malagò

    E dire che un mese fa, quando Salvini aveva innescato il corpo a corpo con i magistrati che l' avevano indagato per la faccenda della Diciotti, era stato Di Maio ad avvertire l' alleato che «se si va avanti di questo passo, avranno la meglio tutti quelli che ci vogliono far approvare la legge di stabilità insieme al Pd». Un early warning, una specie di cartellino giallo, che secondo i leghisti - un mese dopo - non sarebbe più nella disponibilità del M5S.

     

    Già perché Salvini, ragionando coi suoi, si sarebbe convinto di essere l' unico ad avere la possibilità di scegliere tra due alleati, tra due forni. «Ragiona, Matteo», gli ha spiegato uno dei suoi.

    DI MAIO CONTE GIORGETTI DI MAIO CONTE GIORGETTI

     

    «Con l' inizio del congresso, nessuno dei candidati alla segreteria agevolerebbe l' ingresso del Pd in maggioranza. Siamo noi ad avere il coltello dalla parte del manico, ora...». Uno scenario che s' è manifestato plasticamente ieri sulla pace fiscale. E potrebbe essere solo l' inizio.

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