Pietro Senaldi per Libero Quotidiano
«La mia partita comincia quattro ore prima del fischio d' inizio, con il pasto pre-match. Riso basmati in bianco, thé e almeno un litro e mezzo d' acqua». Immagino anche il seguito… «Quello è il grande spauracchio, che ti scappi nel momento in cui tirano il rigore, come nella canzone che si cantava da bimbi, "Mi scappa la pipì, papà".
CARESSA PARODI
Appena arrivo in postazione la prima preoccupazione è sincerarsi di dove sia il bagno».
Te la sei mai fatta addosso?
«No, ma per due volte ho dovuto combattere contro le leggi dell' idraulica, sudavo freddo».
Quanto soffri allo stadio?
«Durante le partite divento irriconoscibile, il cuore mi pulsa a 149 battiti al minuto, è come se corressi.
Quando finisco sono prosciugato».
Meglio fare il telecronista, il conduttore o il direttore?
«Il telecronista. Questione di adrenalina, è come se fossi in campo».
Ma in campo tu com' eri?
«Una mezza pippa, nessuna scuola calcio, sono migliorato ora che gioco con mio figlio. I miei mi hanno fatto fare basket. Mi dicevano, crescerai ma ho finito presto, con la pallacanestro e con l' altezza. A subbuteo invece andavo forte, con mio fratello e un altro amico facevamo il campionato del mondo delle squadre di club. Due giocavano, il terzo faceva il telecronista. Ho inizato lì».
Hai sempre voluto far questo?
«Ho sempre voluto fare il giornalista. Ho iniziato con il gruppo Cioè, editoria per ragazzi. Mi inventavo le lettere a cui rispondere, non pagavano male, 70mila lire al pezzo».
anna billo fabio caressa massimo ambrosini alla festa sky
Praticamente quanto oggi. La fortuna ti ha baciato presto… «A 18 anni ho frequentato uno di quei corsi per giornalismo che oggi vanno tanto di moda. Lo faceva Michele Plastino, un gigante dell' emittenza locale romana. Mi prese subito in simpatia e mi affidò una rubrica settimanale, "Golmania"».
Cosa avevi in più degli altri?
«La mia cifra è la determinazione feroce. A vent' anni sono andato negli Usa, all' Università di Ucla, a seguire corsi di Public Speaking».
Cosa ti hanno insegnato?
«A conquistare il pubblico: devi riuscire a catturare il leader del gruppo. E poi c' è il contact eyes…». Quello che, fra le altre cose, Madonna ha promesso a chi votava per la Clinton?
«Più o meno… Devi saper guardare tutti negli occhi, dalle prime alle ultime file. La postura, un po' di recitazione e come accattivarsi l' interlocutore invece sono insegnamenti più semplici per noi italiani, ce li abbiamo nel sangue».
Ma la determinazione basta?
«Devi anche studiare come un matto. Io credo di avere l' archivio più ricco d' Italia. Su ciascuno dei 22 giocatori in campo conosco almeno 200 notizie specifiche. Durante la telecronaca uso non più dell' 1% delle informazioni che ho».
FABIO CARESSA SILVIO BERLUSCONI
Ultimamente sei passato dalla statistica agli algoritmi. Non è esagerato? È calcio, non scienza...
«Per il 50% il calcio è numeri e algoritmi. Tutto il mondo lo è. Avrai letto del sistema Watson, utilizzato negli ospedali, che dai sintomi diagnostica con il computer la malattia. Ormai siamo in piena era Asimov, con i macchinari che si autogenerano e si autocorreggono».
È l' industria 4.0. Ma cosa c' entra con il pallone?
«Ma lo sai che oggi i calciatori si allenano con il Gps? Il mister sa quali possibilità ha ciascuno di infortunarsi e può tenere un giocatore a riposo perché lo dice il computer?».
Il tuo algoritmo però è stato oggetto di ironie… «Ha indovinato sei risultati di fila, compreso il derby Milan-Inter, finito 2-2. Non riuscirò ad azzeccare tutta la schedina, ma le probabilità che si verifichi un risultato piuttosto che un altro le ho ben chiare fin da ora».
Ok, spiegami come funziona?
«Ormai ci sono uffici studi in grado di monitorare la realtà e prevenire i comportamenti umani e gli accadimenti in base a regole statistiche legate allo studio degli attori in campo. Le aziende se ne servono per stabilire il prezzo di una merce, la sua collocazione, il lancio».
E tu cosa ci fai?
FABIO CARESSA
«In una partita di calcio accadono circa 14mila episodi, la metà dei quali casuali e spesso determinanti per il risultato. Ma l' altra metà, passaggi, efficacia della difesa, caratteristiche dei giocatori, cicli delle squadre, sono prevedibili. E se mixi bene gli elementi, puoi azzeccare».
Sei diventato un professore…
«La mia ultima passione è la fisica quantistica. Mi sono messo a studiare Newton, Einstein, il bosone».
Per farne che?
«Per esempio un romanzo, la storia di un uomo che vive in una serie di mondi paralleli».
Rimaniamo in questo mondo: chi vince lo scudetto?
CIOE'
«In Italia è difficile un fenomeno Leicester, in genere vince il più forte. Quindi la Juventus».
Ma che noia… «Quando dissi che uno scudetto al Napoli farebbe bene al calcio mi hanno accusato di essere anti-Juve.
Non è così: le novità fanno bene».
E quale può essere la novità?
«Il Milan, se iniziano a crederci.
La Juve è molto condizionata dalla Champions e prevedo un calo. Il Milan ha il vantaggio che è una squadra giovane ed entusiasta e che la società è debole, quindi non si metterà in mezzo a rovinare tutto come ha fatto in altri anni».
Berlusconi lo venderà? Mi sembra che non muoia dalla voglia… «Finché non lo fa, non ci credo. I suoi cinesi per ora sono un' incognita, si sono presentati male. E i continui rinvii mi lasciano dei dubbi».
Meglio i cinesi dell' Inter?
«Quelli sono buoni. In tre anni l' Inter può tornare ai vertici. All' inizio sarà penalizzata dalle regole del fair play finanziario e non potrà comprare ma il nuovo presidente, Zhang Jindong, si sta comportando bene, è molto professionale. E ha lasciato il figlio a Milano, a imparare».
La Roma è fuori gioco?
«È l' altra outsider oltre al Milan. È molto forte e ha una proprietà che ci crede, anche se la vicenda dello stadio la sta disamorando».
Ma la Roma poi non vince mai.
«Roma è come piazza San Pietro, ti apre le braccia, ti stringe e poi non puoi più lavorare. Figurarsi vincere.
fabio caressa sky sport
Pensa ai parlamentari leghisti, che dopo tre mesi sono già romani».
Discorso valido pure per Totti?
«Calma, Totti è San Pietro».
Nel calcio esiste il karma? Perché certe squadre sono condannate alla sofferenza e altre sembrano predestinate alla vittoria?
michele plastino
«I peggiori nemici del Torino o della Lazio sono quelli che si crogiolano nella sconfitta come missione esistenziale, come i peggiori nemici dell' Inter e della Roma sono quelli che aspettano con ansia il rigore alla Juve. Sono loro che rendono l' ambiente perdente, consegnando a squada e giocatori il biglietto per la sconfitta e insieme l' assoluzione.
Nel calcio bisogna crederci».
Il Toro anche con Cairo non vince… «Aspettiamo il derby». Dopo anni bui pare si stia affacciando una nuova generazione di talenti italiani. Concordi?
«Ci sono meno soldi e le società hanno smesso di pescare sconsideratamente all' estero. E Sacchi con le nazionali giovanili ha fatto un lavoro straordinario. È l' uomo che ha cambiato il calcio, un genio».
Qual è il suo segreto?
«Non avendo giocato a calcio, ha portato la sua visione del campo dall' alto e non dalla panchina. Da studioso. Un calcio tutto tattica, perfetto ma sfinente, ossessivo».
fabio caressa e sara varetto foto dandolo per dagospia
Anche Mourinho non ha giocato a grandi livelli… «Lui è diverso, è tutto proiettato sulla motivazione del gruppo che cementa nella lotta contro un nemico, interno ed esterno. Ti ricordi le manette esibite all' arbitro? Teatro».
Come mai ha perso la magia?
«Si è imbolsito, anche fisicamente. Ha meno motivazioni, non sa più cambiare spartito e i giocatori non te lo perdonanao. Deve ripartire da una squadra più piccola».
L' Inter?
«Non lo escludo, ma non farebbe altrettanto bene».
Chi è oggi il nuovo Sacchi?
«Non esiste. Ti posso dire chi è il numero uno al mondo: Conte, l' erede di Lippi. In grandissima ascesa».
Anche lui un bel rompiballe...
CONTE
«Ha rischiato di farci vincere l' Europeo, facendo a tutti il lavaggio del cervello. Non eravamo i più forti ma eravamo convinti di potercela fare. Da qui le lacrime dopo i rigori sbagliati. Perfino Bergomi aveva gli occhi lucidi. C' eravamo già preparati la frase tipo "abbracciamoci fote e vogliamoci tanto bene" dopo il trionfo di Berlino". Ricordi?».
Dimmela… «No, scaramanzia. La userò quando vinceremo. Avrò occasione».
Anche tu sei un allenatore: come si fa a entrare nel tuo club?
«Come in una squadra di calcio, devi essere bravo nel tuo ruolo».
FABIO CARESSA
Sei alla seconda stagione. La scommessa è vinta. Chi ti fa i gol?
«Il fantasista è Massimo Mauro, quello che riesce a sparigliare il gioco. Vialli è come quando giocava: pensa al bene della squadra e ogni tanto finalizza. Leonardo è il regista, dà i tempi, tecnico, puntuale».
Resta Bergomi… «Lui in tv non è un difensore».
È la tua grande scoperta, nessuno ci avrebbe mai puntato… «Prima di lui la seconda voce era colore, come Altafini, o mero supporto tecnico. Lui ha inventato una professione. Mi ha impressionato subito per serietà e competenza».
MASSIMO MAURO
Il calcio italiano in che condizioni di salute è?
«Ci manca il salto di qualità. Dobbiamo avere un approccio solo imprenditoriale, con stadi di proprietà. In Italia solo la Juve ha iniziato.
Le altre sono troppo dipendenti dai diritti televisivi ma se hai un unico cliente non cresci».
Cos' altro non funziona?
«La filiera è troppo lunga, ma questo ovunque. Troppe persone mangiano con il calcio e alla fine molte risorse si perdono, vanno a ingrassare parassiti. Perché nell' acquisto dei giocatori devono esserci 5-6 passaggi e altrettanti intermediari?».
Pensi che i calciatori guadagnino troppo?
«I procuratori direi. I calciatori guadagnano in proporzione al denaro che muovono e alle emozioni che suscitano. È di moda criticarli ma per arrivare in serie A oggi bisogna essere preparati e allenati molto più di un tempo».
Mi colpiscono le loro dichiarazioni: non dicono mai niente… «Perché sono dei veri professionisti. Magari tutti i lavoratori si comportassero come loro».
Alludi ai giudici?
«Dei giudici non parlo».
Questo mi fa venire in mente che eri un giovane socialista a 18 anni: mai tentato dalla politica?
«Ormai sono un uomo di sport.
Ma un messaggio alla politica voglio darlo: eve occuparsi dello sport, fin nelle scuole. Piscine, infrastrutture, insegnanti, come negli Usa».
CARESSA E BERGOMI
Abbiamo altro a cui pensare...
«Ecco, la frase terribile, figlia degli anni '70, degli intellettuali e della politicizzazione di tutto. Io credo che oggi in Italia ci siano non più di 4-5 cose più importanti dello sport, che è come fatturato la quinta o sesta industria del Paese. Fra praticanti, parenti, tifosi, lo sport è presente nella vita dell' 80% degli italiani».
Qui non c' è la cultura e la tradizione sportiva anglosassone...
«Ed è assurdo, siamo noi greci e latini ad aver inventato lo sport. Se tornassimo sportivi, saremmo competitivi ma non conflittuali, impareremmo fin da piccoli a rispettare le regole e i talenti. E non avremmo avuto trent' anni di scontro politico tra fazioni che si odiano, che non ci ha fatto certo bene. L' ultimo spettacolo è stata la battaglia sul referendum, piena di insulti indecorosi».
Quindi tu ti sei tirato da parte?
fabio_caressa_afghanistan
«No, no, ho votato con convinzione. In Italia il cambiamento è un valore di per sé».
Fabio Caressa