DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Rodari per “la Repubblica”
PAPA FRANCESCO BERGOGLIO SULLA COPERTINA DI THE ADVOCATE MENSILE DELLA COMUNITA GAY
Bisogna «accogliere e accompagnare » omosessuali e trans, «questo è quello che farebbe Gesù oggi». La svolta è arrivata dopo queste precise e puntuali parole pronunciate da Papa Francesco meno di un anno fa (era l' ottobre del 2016), di ritorno dal viaggio in Georgia e Azerbaijan. E ha contagiato parte del mondo cattolico. Tanto che da dopodomani fino a fine maggio saranno diverse le parrocchie, italiane e non, che aderiranno (le prime città saranno Milano e Siviglia) alla giornata mondiale per la lotta all' omo-transfobia.
Fra queste anche alcune comunità cattoliche di Genova e Palermo, le due diocesi i cui arcivescovi, nelle precedenti edizioni, vietarono ai fedeli la partecipazione a delle veglie organizzate per l'occasione. Nel 2011 fu Paolo Romeo, cardinale di Palermo, a fermare la veglia organizzata da don Luigi Consonni, parroco di Santa Lucia, dicendo: «Ci siamo ispirati alla Lettera firmata nell' 86 da Joseph Ratzinger».
Nel 2015 fu il cardinale Angelo Bagnasco, a Genova, a proibire all' ultimo momento che l'evento si svolgesse nella chiesa della Sacra Famiglia: «Ovunque ma non a Genova», lasciarono in sostanza trapelare dalla curia. Eppure, come ripete sempre Francesco, «il tempo è superiore allo spazio».
E, in questo caso, è stato galantuomo con gli omosessuali credenti che intendono unirsi ai tanti che saranno in piazza perché si dica la parola fine all' omofobia, alla transfobia e a ogni forma di discriminazione. A fare da cornice alla loro partecipazione un versetto della Lettera di san Paolo ai Romani: «Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite».
La novità di quest' anno non risiede soltanto nel fatto che per la prima volta non si hanno notizie di interventi censori di vescovi e cardinali. Ma anche che, cosa non avvenuta in precedenza con queste proporzioni, alle veglie parteciperanno pubblicamente numerose comunità di ordini religiosi e associazioni cattoliche.
Così a Genova dove la veglia non solo sarà ospitata da una parrocchia, ma a oggi, a meno di ripensamenti dell' ultima ora sempre possibili, vede la partecipazione del vicario generale della diocesi Nicolò Anselmi. «Mi sembra il segno più evidente di come la Chiesa stia cominciando a interrogarsi seriamente su quanto affermava il Sinodo dei vescovi, circa la necessità di costruire una pastorale di accoglienza per le persone Lgbt e i loro familiari», dice Innocenzo Pontillo, referente del progetto Gionata su fede e omosessualità.
A Milano, invece, la veglia unirà idealmente con una fiaccolata di luci il tempio valdese e la parrocchia di Santa Maria della Passione. Mentre a Palermo l' organizzazione della veglia è stata voluta non solo dalla Chiesa Evangelica Luterana ma anche, fra gli altri, dai comboniani e dai gesuiti della Chiesa del Gesù. E poi, importanti adesioni di parrocchie a Firenze, Reggio Emilia, Catania, Trieste e Bologna e in tante altre città.
Dice don Franco Barbero, animatore delle comunità cristiane di base, a margine della presentazione dell' esplosivo volume di Ortensio da Spinetoli "L' inutile fardello" (Chiarelettere), nel quale l' autore oggi scomparso chiede «un salutare rinnovamento teologico della Chiesa», andando oltre «i pensatori medievali»: «A Pinerolo abbiamo organizzato una veglia nella parrocchia di San Lazzaro insieme alla comunità di base, alla Chiesa valdese e alla Scala di Giacobbe: abbiamo deciso di uscire, di lasciare le mura parrocchiali e di vegliare in piazza, pubblicamente, davanti al monumento delle vittime di tutte le persecuzioni.
Queste veglie sono il segno di una Chiesa che vuole cambiare pelle anche se, a onor del vero, esiste ancora una parte che resiste e all' interno della quale è diffusa l' indifferenza. C' è ancora chi non solo non partecipa alle sofferenze degli omosessuali ma un po' le irride e ne prende le distanze. Il motivo per me è semplice: chi prende le distanze lo fa perché ha paura di sé.
Se la Chiesa guarda al proprio interno, infatti, scopre di avere degli omosessuali nella scala gerarchica e di questa evidenza ha paura. In sostanza teme di riconoscere negli altri ciò che è anche in sé. Sono le nostre paure a renderci diffidenti verso gli altri. Mentre l' accoglienza deve essere sempre senza se e senza ma, in caso contrario non è accoglienza».
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