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    TENNISTE CON LE PALLE – MARTINA NAVRATILOVA CONTRO I TRANS NELLO SPORT: “DEVONO ESSERCI DEI CRITERI. RIDURRE I LIVELLI DI ORMONI NON RISOLVE IL PROBLEMA, UN UOMO HA UNA MUSCOLATURA CHE SI SVILUPPA FIN DALL’INFANZIA” – IL CASO DI RACHEL MCKINNON, ATLETA NATA UOMO CHE HA VINTO I MONDIALI MASTER DI CICLISMO. MA COSA DICONO I REGOLAMENTI?


     
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    Monica Ricci Sargentini per www.corriere.it

     

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    Martina Navratilova, la tennista che ha vinto nove volte Wimbledon, attacca la pratica «insana» di permettere ad atlete nate uomini di competere con le donne biologiche. «Devono esserci dei criteri — dice - . Ridurre i livelli di ormoni, la via che la maggior parte delle Federazioni sportive ha adottato, non risolve il problema. Un uomo ha una densità ossea e una muscolatura che si sviluppano sin dall’infanzia. Quindi per dissipare il vantaggio dovrebbe prendere ormoni sin dalla pubertà, una cosa per me impensabile».

     

    Tirannia

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    La campionessa sa benissimo che la sua posizione creerà un grande subbuglio. Ne ha già avuto un assaggio lo scorso ottobre quando Rachel McKinnon, un’atleta trans, aveva vinto i mondiali Master di ciclismo a Los Angeles nella categoria 35-44 anni e lei aveva twittato: «Non basta definirsi donna per competere con le donne. Devono esserci dei criteri, se hai un pene non puoi competere con le donne».

     

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    Apriti cielo. Immediatamente la ciclista aveva accusato di discriminazione proprio lei che per aver fatto coming out sulla sua omosessualità nel 1981 era stata pesantemente bullizzata. Ora paradossalmente le succede lo stesso: «Critico la tendenza degli attivisti trans di bollare come transofobo chiunque abbia qualcosa da dire— ha scritto oggi in un articolo sul Sunday Times :. Questa è una forma di tirannia. Io sono una persona forte e ho sostenuto lo scontro con McKinnon su twitter ma ho paura che altri possano essere ridotti al silenzio o alla sottomissione».

     

    Non solo ormoni

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    Per Navratilova la questione è semplice: «Questa è una truffa — spiega —. Centinaia di atleti che hanno cambiato genere semplicemente dichiarandolo e limitandosi a un trattamento ormonale hanno vinto nelle categorie femminili quello che non avrebbero mai potuto ottenere in quelle maschili specialmente negli sport in cui è richiesta potenza». McKinnon è solo un esempio. «È ingiusto che le donne debbano competere con persone che biologicamente sono ancora uomini» è la sua conclusione.

     

    Il dilemma delle organizzazioni sportive

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    Alcune organizzazioni sportive, tra le quali il Comitato Olimpico Internazionale, stanno rivendendo i loro regolamenti proprio sull’onda della preoccupazione che le donne transgender possano avere un vantaggio in partenza. Il prossimo anno alle Olimpiadi di Tokyo probabilmente ci saranno diversi atleti trans tra cui la pallavolista Tiffany Abreu che gareggerà grazie alla regola che basta abbassare i livelli di ormoni, e non operarsi, per entrare nelle categorie femminili.

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    L’allarme

    Alcune organizzazioni di donne chiedono una ricerca indipendente «basata sulla scienza e non sull’ideologia». «Presto ci saranno altre Rachel McKinnon — ha detto al Sunday Times Nicola Williams dell’associazione Fair Play for Women — ma senza una competizione alla pari lo sport diventa senza senso. Se le ragazze e le donne non potranno più vincere lo sport me risulterà danneggiato».

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