RAGGI MURARO
Alessandro Barbera e Giacomo Galeazzi per “www.lastampa.it”
Iniziamo questo viaggio da via Salaria 981, sede di uno dei «Tmb» della Capitale. «Tmb» significa «trattamento meccanico-biologico». A Roma ce ne sono quattro: due sono di proprietà dell’Ama, due appartengono a Manlio Cerroni.
Dovevano essere la soluzione tampone per ovviare alla giusta e necessaria chiusura della discarica di Malagrotta e invece, nella migliore delle tradizioni italiane, si sono trasformati nella più definitiva delle emergenze. A pochi metri dall’impianto di via Salaria ci sono la sede di Condotte e di Sky Italia, l’archivio della Rai e - giusto sull’altro lato della strada - un asilo, «I colori del mondo». Quando tira il vento, l’aria è irrespirabile nel raggio di centinaia di metri.
Quell’impianto - così come quello di Rocca Cencia - ha sempre fatto gola a interessi non propriamente legali: nell’audizione del 2 agosto di fronte alla commissione Ecomafie l’ex presidente dell’Ama Daniele Fortini ha raccontato che dal 2010 al 2015 la Pmr Service del gruppo Politi, sequestrata dalla Dda di Reggio Calabria in un’operazione contro le cosche della ’ndrangheta, ha gestito senza gara la movimentazione dei rifiuti nei due «Tmb». L’impianto di via Salaria avrebbe dovuto tornare a essere una rimessa di mezzi dell’Ama, e invece da cinque anni è una discarica a cielo aperto. Il nuovo assessore Paola Muraro promette di chiuderla al più presto, e in nome di questo ha ordinato la (contestata) riapertura del tritovagliatore di Rocca Cencia di Manlio Cerroni.
ROMA RIFIUTI
Sugli impianti di Cerroni torneremo dopo. Per ora restiamo in via Salaria. Finora a nulla sono valse petizioni e proteste degli abitanti del quadrante per la chiusura del «Tmb»: senza di esso, il fragile ingranaggio della raccolta si incepperebbe e un pezzo di città sarebbe ricoperto di rifiuti. Lo si è intuito ad agosto, quando un guasto all’impianto ha costretto l’Ama a far marcire l’immondizia nei cassonetti di Roma Nord per una settimana. Nei Tmb di Roma vengono pre-trattati più della metà dei rifiuti della Capitale: del milione e settecentomila tonnellate di immondizia prodotto ogni anno dai romani, solo settecentomila viene raccolto nei cassonetti differenziati e trasportato direttamente negli impianti di riciclo.
Quando i camion pieni di indifferenziata arrivano al Tmb di via Salaria la spazzatura viene divisa alla meno peggio in tre gruppi: il trenta per cento sono rifiuti combustibili, il quaranta - soprattutto laterizi - viene destinato alle discariche, il restante trenta è massa biologica. La parte combustibile finisce nei due inceneritori laziali, a Colleferro e San Vittore. L’umido, cioè la parte organica dei rifiuti da compostaggio, viene trasportata in vari impianti, ma soprattutto a settecento chilometri di distanza da ottanta autoarticolati, a Pordenone. Ogni anno ciò avviene per più della metà di 230mila tonnellate di rifiuti dei romani.
AMA RIFIUTI
Il caso Rocca Cencia
Dice Angelo Bonelli, storico esponente dei Verdi: «Con la chiusura della maxi discarica da 240 ettari di Malagrotta, Ignazio Marino ha posto fine ad un serio problema ambientale, ma mancano gli impianti necessari a gestire le cinquemila tonnellate prodotte ogni giorno». Risultato: costi più alti e tariffe di smaltimento alle stelle. «Senza impianti alternativi si continuerà a nascondere i rifiuti a centinaia di chilometri. Gli impianti vanno fatti sul territorio, a partire da quelli per il compostaggio».
In effetti Marino aveva deciso così, con il sì della sua giunta ad un impianto di compostaggio a Rocca Cencia. Ora però il progetto è inabissato, fra i ritardi della Regione e le incertezze della nuova amministrazione Raggi, che a quel progetto ha detto no. Di fronte alla Commissione ecomafie questa settimana è stata Muraro a bocciare l’impianto, parte integrante del piano industriale elaborato dall’ex presidente dell’Ama Daniele Fortini.
MALAGROTTA
«Un progetto irrealizzabile: va ripreso in mano secondo un diverso iter» dice Muraro. Un dettaglio poi lascia perplessi: la società friulana che tratta ogni giorno i rifiuti biologici dei romani - la Bioman - è la stessa di cui l’assessore è stata consulente fra il 2010 e il 2012. Prima ancora delle ragioni che hanno spinto i vertici alle dimissioni - il presidente Fortini prima, l’amministratore unico Alessandro Solidoro poi - ciò che non torna all’Ama sono i numeri. Il ciclo dei rifiuti di Roma è costoso, inefficiente e inquinante.
Se altrove i rifiuti sono una risorsa da sfruttare, i sei impianti di Trattamento meccanico biologico della Capitale servono solo a risolvere l’emergenza causata dalla chiusura di Malagrotta. Il milione di tonnellate di rifiuti indifferenziati prodotti ogni anno nella Capitale viene distribuito così: quattrocentomila si dividono fra via Salaria e Rocca Cencia, altri quattrocentomila finiscono nei due impianti privati di Manlio Cerroni a Malagrotta. Le restanti 200.000 tonnellate vengono trasferite in altri tre impianti: a Latina, Frosinone e Avezzano.
MALAGROTTA
Fatta questa complicata operazione di smistamento, solo trecentomila tonnellate vengono incenerite e trasformate in combustibile derivato, meglio noto come Cdr. La gran parte dell’immondizia che esce dai Tmb - ben 700.000 tonnellate di rifiuti pretrattati - viene a sua volta distribuita in altri impianti e discariche in giro per l’Italia e l’Europa. Costo medio del processo: 40 euro a tonnellata per il trattamento, 45 per il trasporto, 100 per l’incenerimento. Totale: 195 euro a tonnellata, un record europeo. Senza una modifica radicale del sistema di gestione dei rifiuti, Fortini stima che nei prossimi dieci anni «Roma spenderà due miliardi di euro per le attività post raccolta che consistono nel frullare, bruciare e seppellire i rifiuti».
VIRGINIA RAGGI E PAOLA MURARO
Al di là della retorica sul «chilometro zero», il «porta a porta» e le «isole biologiche» per risolvere davvero il problema dei rifiuti romani sono necessari investimenti. Durante la gestione Fortini l’Ama ha stimato che a Roma servirebbero un ammodernamento e ampliamento dell’impianto di Colleferro, cinque impianti aggiuntivi di selezione della differenziata, due impianti di trattamento dell’organico e due per l’indifferenziata. Per chiudere il ciclo dei rifiuti nei confini della Capitale come avviene in tutte le grandi città d’Europa, Roma avrebbe bisogno di una capacità di gestione dei rifiuti organici di 250mila tonnellate l’anno, di impianti per selezionare la raccolta differenziata da 510mila tonnellate e da 310mila tonnellate l’anno per l’indifferenziata.
MANLIO CERRONI
L’ombra lunga di Cerroni
Ora la giunta Raggi dice di voler riscrivere il piano dell’Ama, ma non ha ancora detto come. Né ha chiarito le sue intenzioni Stefano Bina il quale - in attesa di un concorso per la scelta del management - è stato nominato direttore generale dell’azienda: «Discarica o inceneritore?
Rifiuti zero significa nessun trattamento, quindi occorre un recupero complessivo dei materiali», ha abbozzato nella prima dichiarazione pubblica. In compenso Raggi e Muraro vogliono rimettere in funzione il tritovagliatore di Rocca Cencia, a disposizione del Comune con delibera della giunta regionale, oggetto di un’inchiesta penale e non più utilizzato dall’Ama sin dallo scorso febbraio perché considerato inutile e dannoso.
L’assessore Muraro - per più di dieci anni consulente della municipalizzata - sostiene che in assenza di altre soluzioni è giusto utilizzarlo. Eppure quel tipo di impianto non ha nulla a che vedere con un trattamento avanzato dell’immondizia. Se un Tmb divide i rifiuti indifferenziati in tre tipi di materiali, il tritovagliatore si limita a separare la parte combustibile da portare negli inceneritori e la componente biologica.
Questo significa che l’immondizia trattata nel tritovagliatore è persino più inquinante di quanto prodotto da un Tmb. L’impianto - ça va sans dire - è ancora una volta di Manlio Cerroni, il ribattezzato ottavo re di Roma, sotto processo per traffico illecito di rifiuti, truffa e disastro ambientale.
virginia raggi paola muraro