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    LE MANI DEI FRANCESI SULL'ITALIA – SE MEDIASET RISCHIA DI PASSARE A BOLLORÈ MENTRE TOTAL HA VOGLIA DI ENI, MUSTIER NON AFFONDA ANCORA IL COLPO SU MEDIOBANCA E GENERALI - VERRANNO RINNOVATI GLI 80 MILIARDI IN TITOLI ITALIANI DI PIONEER VENDUTA DA UNICREDIT AD AMUNDI? E PERCHÈ IL CAPO DI UNICREDIT SVENDE I SUOI NPL?


     
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    mustier mustier

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    Manca l'atto formale di presa di possesso, quello che farà scrivere a tutti i giornali italiani che è finita davvero un'epoca, che Mediobanca è stata acquisita da Unicredit, che la mitica creatura di Enrico Cuccia già crocevia del capitalismo privato è soltanto la merchant bank captive della banca guidata da un francese che si chiama Jean Pierre Mustier, un manager che ama bere champagne salmon rosè Billecart in compagnia di Louise Tingstrom, la sua comunicatrice di fiducia che si precipita in Italia ogni qualvolta i suoi amici francesi muovono su di un obiettivo o devono difendersi da qualche attacco.

    alberto nagel bollore alberto nagel bollore

     

    La presa di possesso formale (che potrebbe essere annunciata a settembre attraverso la disdetta del patto di sindacato che scade a fine anno) in realtà sarebbe solo la ciliegina di una torta che il capo di Unicredit ha sul piatto da quando si è insediato nel grattacielo di Porta Nuova a Milano: è già il primo azionista di piazzetta Cuccia con l'8,56 per cento e ha solidi rapporti, anche se non si parlano molto, con Vincent Bollorè, l'altro azionista francese di peso.

     

    Se poi gli gira e non vuole avere più nemmeno il padrone di TIM tra i piedi, gli basta investire meno di due miliardi di euro della liquidità che tra vendite e aumento di capitale ha a disposizione e arrivare da solo vicino al 30 per cento del capitale di Mediobanca, assicurandosi il controllo di Generali e dando scacco matto ai presunti eredi di Cuccia.

    claudio descalzi, renato mazzoncini, alberto nagel incontrano rohani a teheran con renzi claudio descalzi, renato mazzoncini, alberto nagel incontrano rohani a teheran con renzi

     

    Come i cultori della storia passata per l'ex via Filodrammatici ben sanno, il grande banchiere aveva un mantra: "È caduto l'impero romano, può cadere anche Mediobanca. Ma Generali mai", diceva ai suoi interlocutori abituali. Invece oggi i due gioielli finanziari possono cadere formalmente insieme, il che la dice tutta sulla dispersione totale dell'eredità del grande vecchio della Finanza italiana del dopoguerra.

     

    philippe donnet philippe donnet

    Ma Louise Tingstrom appare persona assai avveduta e, tra una flûte e l'altra, sta consigliando a Mustier di non squarciare il velo di sudditanza psicologica dei politici italiani verso Emmanuel Macron da una parte e, dall'altra, di pensare alla sostanza e non ad atti a questo punto prevalentemente simbolici come la conquista formale di Mediobanca che non farebbero altro che attirare l'attenzione degli italiani sugli ampi territori già conquistati dai francesi in Italia.

     

    Perchè il punto vero è questo: mentre, con il solito provincialismo inconcludente e irritante anche come gioco di società, politici e giornali giocano a chi sarà il Macron italiano nel totale disinteresse dell'originale, i francesi in Italia sono padroni di TIM, di Edison, di Parmalat, di alcuni tra i più prestigiosi marchi della moda già Made in Italy, di Bnl, delle Casse di Parma e Piacenza (che il Credit Agricole si appresta a inglobare anche come marchi commerciali), di Luxottica, di Pioneer, per citare solo i casi più eclatanti, alcuni peraltro molto recenti.

    MACRON BRIGITTE MACRON BRIGITTE

     

    E senza contare che Mediaset rischia, nonostante tutte le smentite, di passare a Bollorè mentre Total ha messo addirittura nel mirino l'Eni. E che dire degli 80 miliardi di titoli del debito pubblico italiano, quasi la metà degli asset, che Pioneer ha nel suo portafoglio e che ora sono gestiti da Amundi? Cosa succederà alle scadenze? Verranno rinnovati senza problemi oppure utilizzati come arma a disposizione del rinnovato accordo franco-tedesco per dare un altro segnale all'Italia, come avvenne con i nostri titoli di Stato venduti nel 2011 da Deutsche bank per portare in alto lo spread e condizionare il nostro assetto politico e istituzionale?

     

    Ancora: chi sta svendendo, come ha documentato appena una settimana fa il presidente della Consob nella sua relazione annuale, i propri non performing loans buttando giù il valore di quelli posseduto dalle altre banche? Mustier, ca va sans dire, come direbbero i francesi. E quali sono le banche che non partecipano al fondo Atlante, costituito per aiutare banche e risparmiatori italiani in difficoltà? Solo le banche già italiane e oggi in mano a Credit Agricole.

    JEAN PIERRE MUSTIER JEAN PIERRE MUSTIER

     

    All'elenco vanno aggiunte, nonostante la proprietà sia ancora formalmente italiana, anche Generali e Mediobanca. Per quest’ultima, può bastare anche qualche tirata d'orecchie a mezzo stampa, come nelle settimane scorse quando Mustier, via intervista al Corriere, ha bacchettato Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, secondo i canoni già cari a Raul Gardini che definiva i manager "cani da riporto": o fanno gli utili richiesti o si cambiano. Gardini, circa trent'anni fa, fu l'ultimo degli italiani che riuscì a conquistare un'azienda francese, la Beghin Say (icona dell'agroalimentare d'Oltralpe), peccato poi perderla subito nel crack del gruppo Ferruzzi prima indotto e poi gestito dagli uomini di un'altra Mediobanca.

     

    macron macron

    Macron si è appena insediato all'Eliseo tra il giubilo europeo e soprattutto italiano dello scampato pericolo populista, ma certo sugli interessi francesi non farà sconti, né ha alcun interesse, al di là delle dichiarazioni di facciata, a far da sponda alle velleità italiane di stare contemporaneamente con l'Europa e contro "questa Europa".

     

    I giochi veri di influenza sono già passati attraverso l'acquisto, spesso a saldo, delle principali aziende italiane, mentre manager francesi di caratura media (Mustier, ad esempio, in passato era già stato mandato via da Unicredit) sono alla guida delle poche grandi public company formalmente italiane ma già sostanzialmente di proprietà straniera.

     

    La politica italiana, invece di occuparsi almeno di condizioni di reciprocità all'interno dell'Unione europea sullo shopping di aziende, è impelagata in battaglie di retroguardia su temi di elementare basicità, che tutte le moderne democrazie industriali hanno affrontato e risolto da decenni, se non da secoli: basti pensare alla legge elettorale.

    jean pierre mustier SOCIETE GENERALE jean pierre mustier SOCIETE GENERALE

     

    E nessuno, a cominciare dai "macroniani de’ noantri", ha messo in campo nemmeno un tweet sulla difesa degli interessi nazionali dall'espansionismo francese, quasi fosse poco di tendenza, se non proprio populista, occuparsene. Presto ci accorgeremo, purtroppo, che anche il salmon rosè Billecart che Mustier e i suoi amano bere col ghiaccio non è poi nemmeno una grande marca di champagne.

     

     

     

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