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    NON C’E’ S-CAMPO: SIAMO TUTTI DROGATI DI FACEBOOK - MELANIA RIZZOLI: "GLI ESPERTI SONO ANCORA INCERTI SE INQUADRARE LA SINDROME DA SOCIAL TRA LE DIPENDENZE O LE NEVROSI – MA C’E’ ANCHE CHI PENSA CHE OGGI SIAMO SOLO ALL'INIZIO DI UNA NUOVA ERA CHE FINIRÀ PER INGLOBARCI, TOTALMENTE, IN QUEL DISPLAY CHE ABBIAMO SEMPRE TRA LE MANI..."


     
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    Melania Rizzoli per Libero Quotidiano

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    Non c' è scampo. Quando non c' è campo diventiamo isterici, nevrotici, depressi. Ormai ogni nostro comportamento diventa oggetto di studio, da come dormiamo a come mangiamo e come ci comportiamo con il coniuge, i figli e gli amanti, ed ora siamo stati studiati anche su come ci relazioniamo con il nostro smartphone, e dagli specialisti veniamo considerati sani o malati dal nostro rapporto con lui, come fosse un essere umano, una mente intelligente che dialoga con noi, che con noi interagisce, che ci condiziona e ci stimola reazioni più o meno disturbate.

     

    Le nuove "dipendenze" riconosciute come patologiche sono molte, e in questo caso non sono dovute a farmaci, a droghe o a sostanze stupefacenti, ma al pari di queste creano crisi di astinenza in grado di sviluppare malessere, nevrosi e depressioni, ovvero sintomi che stati via via classificati e attenzionati come prodromi di sindromi di morbilitá. Roba da non crederci.

     

    Cioè, come riporta il 49° rapporto Censis, è stato accertato scientificamente che siamo diventati tutti addicted, ovvero dipendenti dalla connessione, e quando per qualunque ragione restiamo più di un giorno in un luogo dove «il cellulare non prende», ecco che dentro di noi si innesca silenzioso uno stato d' ansia reattivo, una sensazione di isolamento che ci invade lentamente e ci allarma, perché ci fa sentire disconnessi dalla

     

    melania rizzoli melania rizzoli

    vita corrente, e anche se siamo circondati da dieci persone in carne e ossa che dialogano con noi, ci sentiamo dissociati, e pervasi da un bisogno compulsivo di controllare spesso il nostro smartphone che ci ha abbandonati, come fosse un amante infedele, nella speranza di veder comparire sul display almeno una "tacca" che ci rassicuri, un segno di vita che interrompa positivamente la nostra angoscia ed elimini il nostro disagio.

     

    DISAGIO PSICHICO Questa situazione è stata definita "depressione da like", ed è causata appunto dal mancato arrivo di like o di post, notifiche, messaggi, tweets e re-tweet, insomma dalla sospensione di tutti quegli "avvisi" che, anche nella giornata più grigia, ci danno la sensazione di esistere, di essere in comunicazione con il nostro spazio fisico e di avere conferme delle nostre relazioni, umane o virtuali che siano. Quando cioè Facebook tace, Twitter non cinguetta, WhatsApp non risponde o Instagram non commenta le nostre foto, il mondo pare oscurarsi, e noi ci sentiamo inghiottiti in un cono d' ombra che minaccia di farci sentire soli e dimenticati.

     

    Ci si chiede: cosa ci faccio qui lontano da tutto? Ecco quindi insorgere il senso di solitudine, di isolamento e di esclusione, che può provocare reazioni di insoddisfazione e di rabbia per trovarsi in quel luogo disconnesso, di insofferenza per le persone che ci circondano, che non comprendono il nostro disagio psichico, ed emerge il desiderio di spostarsi in altro posto, anche da soli, per ritrovare le attenzioni desiderate. Quelle del nostro smartphone.

    FACEBOOK ADDICTED FACEBOOK ADDICTED

     

    Gli esperti però sono cauti, e se per i giovani è stata accertata la "sindrome da Internet"(IAD Internet Addiction Disorder), riconosciuta come una patologia ormai codificata, per gli adulti la "malattia" è ancora sfuggente, essendo ancora incerto se inquadrarla tra le dipendenze o le nevrosi, perché la sua definizione oscilla tra differenti consapevolezze e statistiche. Alcuni psichiatri infatti considerano il bisogno compulsivo di controllare il proprio smartphone o il proprio profilo come una tendenza all' isolamento dal mondo reale, e quindi come l' anticamera della depressione.

     

    Altri invece la considerano una nevrosi, una necessità impellente che spinge a controllare il proprio cellulare fin dalla mattina appena svegli, ancora nel letto, poi in bagno, in macchina, al lavoro, dopo il lavoro, durante l' aperitivo mentre l' amico ti parla e tu non lo ascolti e non lo guardi, perché i tuoi occhi sono incollati sulla pagina biancoblu, e poi a cena, dopocena, al cinema, al concerto e di nuovo a letto. Per addormentarsi dopo l' ultimo sguardo, non verso la persona che ci dorme accanto, ma sulla nostra protesi digitale che ci tiene in vita. Tenendo accesa la suoneria anche durante la notte.

    DONNE SINGLE SU FACEBOOK DONNE SINGLE SU FACEBOOK

     

    Come fosse tutto normale. E tutto non tanto per sapere cosa stanno facendo gli altri o cosa succede nel mondo, ma per riempire anche i rari tempi morti delle nostre giornate, perfino quelli durante il sonno rem, e restare connessi mentre intorno a noi la vita reale pulsa e si muove.

     

    SEMPRE ONLINE La "dissociazione sensoriale", invece, è quella paragonata all' atteggiamento dei bambini mentre guardano i cartoni animati, quando tu gli parli e loro non rispondono, perché restano a bocca aperta e con lo sguardo fisso sulla tv, sordi ad ogni voce esterna, e questa sindrome insorge momentaneamente in chi è immerso nel proprio smartphone, e non ascolta le parole o le domande che gli vengono rivolte dall' esterno, perché assorto, quasi assuefatto sui social, e disconnesso dalla realtà che lo circonda.

     

    Il fatto è che lentamente il legame con la rete è diventato indispensabile per ognuno di noi, siamo abituati ad essere sempre online, per lavoro o per svago, in casa, in ufficio, in auto, e le nostre chat sono sempre attive giorno e notte, in una sorta di distrazione continua e collettiva, come milioni di persone che vivono nella condizione di essere "alone together", come è stata definita, cioè soli insieme. Inoltre, l' ostensione di noi stessi, il gioco autoreferenziale di mettere in piazza la propria vita, spesso senza pudore, di postare i luoghi in cui viviamo, quelli che visitiamo, cosa mangiamo, chi frequentiamo, con chi trascorriamo le nostre serate, ci conferma che noi su quella rete ci siamo, esistiamo, siamo riconosciuti da migliaia di followers e ci fa sentire di essere al mondo.

    DROGATI SOCIAL DROGATI SOCIAL

     

    La "dipendenza senza sostanza", invece, è quella considerata più frequente e più pericolosa, quella che si instaura nelle situazioni più a rischio, quando un matrimonio, un fidanzamento o un legame si rompe, e si instaura in genere nell' ex che è stato lasciato, il quale inizia, attraverso il cellulare, a spiare in modo compulsivo la vita dell' altro, localizzandolo per capire dove si trova, chi frequenta, se è felice, se ha nuove amicizie, nuovi amori o nuove passioni, se è partito per una vacanza e così via.

     

    MALSANO VOYEURISMO Inoltre viene controllata anche la cerchia degli amici comuni, in una ricerca ossessiva di un indizio, un particolare che possa smascherare il fedifrago, o la traditrice, e in queste persone si instaura una specie di voyeurismo malsano, che peggiora nel tempo, e che spinge ad inseguire di continuo sul display l'amor perduto, per restare in qualche modo legati alla relazione interrotta, per non ammettere che tutto è finito, pur sapendo bene di aver perso con quella persona non solo ogni contatto fisico, ma anche verbale e sentimentale, oltre che ogni speranza di recupero. Una ricerca virtuale appunto, cioè "senza sostanza", eseguita non fisicamente, ma solo attraverso il cellulare.

     

    Love in the Age of Instagram 33 Love in the Age of Instagram 33

    In questi casi, il controllo delle vite degli altri, in alcuni utenti ossessivi ed ossessionati, provoca sentimenti negativi, quali frustrazione ed invidia per la felicità altrui, gelosie e desideri di rivalsa che non sempre si riescono a soffocare, e comunque la cosa paradossale è che nessuno di loro si reca più personalmente sotto casa dell' amato a suonare il citofono, ma lo si continua ad inseguire ed a perseguitare solo ed esclusivamente sui social. Dove appunto nascono, crescono e muoiono milioni di relazioni, senza nemmeno un abbraccio o un bacio di addio.

     

    È importante dire che la prima strategia per uscire da queste dipendenze è riconoscerle, anche se a volte non è facile, visto che la patologia si cela dietro comportamenti che noi consideriamo non deviati, e dietro situazioni che ci appaiono assolutamente normali, se non addirittura utili ed irrinunciabili.

     

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    EMOZIONI E RELAZIONI Invece la dipendenza che tutti abbiamo provato è quella chiamata "nevrosi da privazione", che insorge quando perdiamo o dimentichiamo altrove il nostro cellulare e ci sentiamo come lui perduti, disperati e in preda al panico, perché si avverte immediatamente la mancanza di una cosa indispensabile, della quale non possiamo fare a meno, e ci assale la paura di non poter essere rintracciati e di non poter contattare più nessuno, perché non ricordiamo a memoria nemmeno un numero di telefono, ma almeno questa è considerata una vulnerabilità, o un disturbo risolvibile in poche ore, il tempo di recuperare lo smartphone o di acquistarne uno nuovo, e far scomparire d' incanto l' angoscia, che comunque non verrà più dimenticata.

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    Fortunatamente, però, ci sono anche analisti più moderni, che invece considerano queste dipendenze niente affatto malsane, ma utili e stupefacenti, perché mostrano non il "vuoto", ma il "pieno" di emozioni e relazioni che è dentro di esse, quanta realtà circola in quei messaggi, quanta vita e quanta informazione viene ogni giorno condivisa, trasmessa e commentata, che altrimenti resterebbe sospesa o non espressa.

     

    Anzi, loro ritengono che oggi siamo solo all' inizio di una nuova era, che siamo ancora nel medioevo dello sviluppo tecnologico, a metà tra la vecchia società analogica e la nuova società digitale che cresce a dismisura, e che non ha ancora raggiunto la sua forma e la sua potenza definitiva.

     

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    Quella potenzialità infinita, attualmente usata solo al minimo, che finirà per inglobarci totalmente in quel piccolo display che abbiamo sempre tra le mani. E che in futuro, probabilmente, ci sarà inserito sotto pelle come un pace-maker, per tenere sempre acceso e regolare il ritmo della nostra vita online, e che si spegnerà solo con l' ultimo battito del nostro cuore.

     

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