Dagoreport
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A dare il colpo di grazie sulle aspettative di Piercarlo Padoan di arrivare a Palazzo Chigi ci ha pensato Mario Draghi. La scelta della Bce di non concedere ulteriore tempo all’aumento di capitale del Montepaschi diventa una colpa per il ministro dell’Economia. Sebbene lui abbia fatta soltanto il prestanome di Renzi.
Nei corridoi di via Venti settembre era nota a tutti l’idea del ministro di intervenire con il sostegno pubblico per Mps. Ma a stopparlo è sempre stato il premierino, che aveva stretto un patto di ferro con Jamie Dimon, ceo di JpMorgan, e con Claudio Costamagna che lo aveva accompagnato a Palazzo Chigi.
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La sua credibilità di economista, poi, Padoan l’aveva messa sul piatto della Commissione europea per giustificare un deficit sopra le aspettative. La Commissione, come funziona fra gentiluomini, gli ha creduto. Ma subito dopo il referendum perso è passata all’incasso.
Era noto a tutti che i conti italiani fossero fuori linea. Ma Padoan aveva messo sul piatto della bilancia il suo nome e la sua parola per garantire che, una volta passato (e vinto) il referendum, il governo avrebbe introdotto i correttivi necessari durante l’esame della manovra al Senato.
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Renzi, però, ha pensato bene di dimettersi. Palazzo Madama ha approvato in 24 ore la legge di Bilancio, senza quelle misure concordate con Bruxelles. Il risultato che la Commissione sta interpretando come il ministro dell’Economia non sia più in grado di rispettare la parola data.
Per fair-play hanno chiesto che le correzioni dei conti pubblici su deficit e debito vengano prese entro marzo. Ma avrebbero fatto anche capire che preferirebbero non avere più a che fare con Padoan. In poche parole, si sentono presi in giro da Piercarlo: vittima politica degli avvitamenti politici di Renzi. E Palazzo Chigi s’allontana.