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    I MAGISTRATI HANNO STANCATO – DA PARMA A TARANTO, A L’AQUILA, LE TOGHE D’ASSALTO CANDIDATE ALLE ELEZIONI NON SEDUCONO PIU' GLI ELETTORI - E QUELLE IN DISARMO, COME INGROIA, CONTINUANO LE BATTAGLIE IN SOLITARIA SU BERLUSCONI E TRATTATIVA STATO-MAFIA


     
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    1 - È CAMBIATO IL VENTO SUI PM: TUTTI BOCCIATI ALLE ELEZIONI

    Paolo Bracalini per “il Giornale”

     

    Non è andata bene al partito trasversale dei pm, presente anche in questa tornata amministrativa. Certo, non c' erano magistrati vip e frequenti ospiti di talk show come Piercamillo Davigo, e neppure l' altro pm corteggiato dalla politica, la toga antimafia Nino Di Matteo, che i grillini sognano per le regionali in Sicilia.

    Gerardo Laguardia Gerardo Laguardia

     

    Ma in campo c' erano comunque magistrati molto conosciuti perché titolari di inchieste che hanno terremotato i comuni dove si votava. Come Gerardo Laguardia, ex procuratore capo di Parma, il magistrato che nel 2011 fece cadere la giunta di centrodestra di Parma e che ha quindi steso un tappeto rosso per il primo trionfo grillino, con Federico Pizzarotti nel 2012, al grido «basta ruberie». L' ex procuratore Laguardia, però, è sceso in campo con la civica «Parma Protagonista» collegata a Paolo Scarpa, candidato sindaco sostento dal Pd (se la giocherà al ballottaggio con Pizzarotti), con l' obiettivo di intercettare un po' di voti legalitari grazie alla popolarità delle sue passate inchieste.

     

    «Capita spesso che le persone mi fermino per strada per ringraziarmi per il mio lavoro contro la corruzione, è una grande soddisfazione» confessava con orgoglio Laguardia. La gente che gli faceva in complimenti per strada a Parma, però, deve essersi dimenticata di votarlo, perché l' ex magistrato ha raccolto soltanto 70 voti, davanti a lui altri 22 candidati della sua lista, fuori dal consiglio comunale. Un immeritato flop.

    Nicola Trifuoggi Nicola Trifuoggi

     

    Stessa performance di un' altra toga da novanta, stavolta all' Aquila. Parliamo dell' ex procuratore Nicola Trifuoggi, titolare dell' inchiesta sulle presunte tangenti della sanità abruzzese che fece cadere l' allora governatore Ottaviano Del Turco (poi assolto dall' accusa di associazione a delinquere), nonché coprotagonista del celebre fuori onda di Gianfranco Fini (dove definiva le frasi del pentito di mafia Spatuzza su Berlusconi «una bomba atomica»).

     

    Trifuoggi era già stato vicesindaco dell' Aquila, ma stavolta si è ripresentato con una sua lista civica «Progetto Trifuoggi», con in effetti grandi progetti: «Scardinare i centri di potere della città, far crescere una nuova classe dirigente, riacquistare la dignità e l' autorevolezza del capoluogo di Regione». Sarà per un' altra volta, perché l' ex procuratore ha raccolto solo il 2,6% dei voti, pari a zero seggi nel consiglio municipale dell' Aquila. Fuori anche un altro magistrato che si è sacrificato per il bene comune, candidandosi, in una città difficile come Taranto.

    Franco Sebastio Franco Sebastio

     

    Franco Sebastio lo sa bene, perché è stato procuratore di Taranto e ha indagato sulla vicenda Ilva, tirando in ballo anche l' allora governatore pugliese Nichi Vendola e Nicola Fratoianni, attuale segretario di Sinistra Italiana. Per un curioso cortocircuito, l' ex procuratore Sebastio si è candidato sindaco a Taranto proprio con l' appoggio del partito di Si (seppur con il simbolo di una lista civica), e forse per questo è andato un po' meglio dei suoi colleghi: 9,25%.

     

    GHERARDO COLOMBO GHERARDO COLOMBO

    Ma comunque solo sesto tra i candidati, quindi fuori dai ballotaggi, e probabilmente anche dal consiglio comunale. E, per finire, male sono andate in Campania anche le liste arancioni di Luigi de Magistris, altro ex pm d' assalto poi passato alla politica, nel suo caso con successo. Altri tempi, quelli di Di Pietro ministro, ma anche di Pietro Grasso presidente del Senato. L' aria per i pm in politica sembra cambiata. Forse. Certo non per il M5s, che continua a corteggiarli. Ieri, sussurra Dagospia, l' ex pm Gherardo Colombo è stato visto uscire dal palazzo dove ha sede la Casaleggio Associati. Sicuramente un caso.

     

    2 - INGROIA NON SI ARRENDE: «ARRESTATE IL CAV» LA PARABOLA DELL' EX TOGA CHE COLLEZIONA FLOP

     

    Mariateresa Conti per “il Giornale”

    berlusconi ingroia berlusconi ingroia

     

    Ha formulato l' ipotesi di reato. E poco ci manca che suggerisca una richiesta d' arresto. Peccato però, per lui, che non sia più un pm, visto che ha abbandonato la magistratura (anzi ha costretto il Csm a mandarlo via) per la politica. E che pure in politica abbia fatto un grande flop, leader di un partito con percentuali da prefisso telefonico che non ha eletto né lui premier, nel 2013, né uno straccio di parlamentare.

     

    Antonio Ingroia non si smentisce. E dopo i flop a catena che hanno caratterizzato i suoi ultimi anni, dall' addio alla toga al tracollo in politica con la sua Rivoluzione civile poi ridimensionata ad Azione civile, adesso torna alla carica e vuole incriminare Silvio Berlusconi.

     

    L' ex pm formula capi d' accusa e suggerimenti ai magistrati in un' intervista al Fatto. Dimenticando però che ormai non ne ha più titolo, visto che fa l' avvocato e l' amministratore pubblico per conto del governatore di Sicilia Rosario Crocetta, in una società, Sicilia e-Servizi, che gli ha dato più di un grattacapo, anche giudiziario. Ma Ingroia non se ne cura. A dargli la carica le intercettazioni del boss Giuseppe Graviano, musica per le orecchie di Ingroia quando il capomafia pronuncia la parolina magica «Berlusconi».

    Ingroia sicilia servizi Ingroia sicilia servizi

     

    «Dalle parole intercettate - sentenzia l' ex pm - sembra emergere con chiarezza che il capomafia di Brancaccio tra il 91 e il 94, data del suo arresto, ebbe rapporti con Berlusconi. Ma anche che dietro alle stragi di mafia di quegli anni ci furono mandanti politici. Immagino che le conversazioni captate dalle microspie della Dia siano oggi materia di approfondimento per le procure di Caltanissetta e Firenze che indagano sulle stragi 92-93 e debbano determinare la riapertura delle indagini per concorso in strage nei confronti di Silvio Berlusconi».

     

    Ingroia un pensierino lo fa anche a una imputazione nel processo sulla trattativa Stato-mafia, da lui istruito e che tuttora considera un po' cosa sua. Unica concessione, la necessità di «accurata verifica» delle parole del boss. Un vecchio amore, quello di Ingroia, per l' incriminazione di Berlusconi sul fronte mafia e stragi.

     

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    Un amore impossibile e forse per questo sempre vivo. In toga Ingroia ci ha provato, soprattutto nell' inchiesta contro Marcello Dell' Utri di cui era il pm. Memorabili, in quel processo, faldoni su faldoni sulle holding della Fininvest, che poco c' entravano con Dell' Utri ma molto con l' imputato dei suoi sogni, il Cavaliere. Alla fine però lo stesso Ingroia si era dovuto arrendere di fronte alle zero prove, tanto da prospettare in requisitoria Berlusconi come una vittima dei mafiosi.

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