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    ASSOLTO! - “SE LE AGGRESSIONI NON SONO FREQUENTI, NON SONO MALTRATTAMENTI”, UNA GIUDICE ASSOLVE UN DISOCCUPATO 41ENNE: LA COMPAGNA SI ERA PRESENTATA 9 VOLTE IN 8 ANNI AL PRONTO SOCCORSO 


     
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    Irene Famà per la Stampa

     

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    I calci, i pugni, gli spintoni, gli oggetti lanciati contro la convivente sono stati «episodi sporadici», nati da «situazioni contingenti e particolari». Niente di riconducibile «all’imposizione di un sistema di vita tale da porre la vittima in uno stato di prostrazione sia fisica che morale».

     

    Dice questo la sentenza con cui una giudice del tribunale di Torino, Maria Iannibelli, ha assolto un quarantunenne dall’accusa di maltrattamenti ai danni della compagna. Lui, 41 anni, è disoccupato dal 2008. Lei svolge lavori occasionali di pulizia. Nel 2006 sono andati a vivere insieme. E da quel momento, stando alla tesi della Procura, per la donna sarebbe iniziato il calvario. «Sei una madre spregevole, sei marcia». Spinte, botte, insulti che avevano portato il pm Dionigi Tibone a chiedere tre anni e nove mesi di carcere. Ma la giudice ha letto la vicenda in modo diverso: «conflittualità reciproca»

     

    Tra i due, si legge nelle motivazioni, «era un litigio continuo, dovuto al fatto che l’imputato, da quando era stato licenziato, non si era adoperato per trovare un lavoro. Lui insultava, ma anche lei rispondeva agli insulti». Una parte lesa che la sentenza definisce «soggetto particolarmente esuberante», la cui testimonianza in aula non «ha brillato per linearità e coerenza». Se per la pubblica accusa, la donna era costretta a «subire continue aggressioni e umiliazioni», per la Iannibelli «non è emersa una sottoposizione della signora a una serie di atti di vessazione continui e tali da cagionare un disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di vita».

     

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    Anche i nove certificati medici rilasciati dal pronto soccorso in otto anni non contano. Un po’ perché in alcuni casi le lesioni non c’entrano nulla con le botte o con il comportamento dell’uomo: una caduta, l’urto accidentale su una mensola, persino un incidente stradale. Ma soprattutto perché si tratta di episodi sporadici. Il fatto, dunque, non sussiste. Come aveva sostenuto il difensore dell’imputato, l’avvocato Vincenzo Coluccio, che, soddisfatto, ribadisce: «Ho sempre creduto non si trattasse di maltrattamenti».

     

    L’uomo, comunque, di qualcosa è stato ritenuto colpevole. Nel 2014, quando la sua compagna aveva scoperto che lui la tradiva con una sua amica, aveva «abbandonato la casa familiare«. E da quel momento non ha mai, e in alcun modo, contribuito al mantenimento dei due figli. «Non ho un impiego», si è giustificato in aula, durante il dibattimento. Ma non ha dimostrato di essere senza un soldo. La giudice lo ha anche rimproverato: «Anche ammettendo che abbia difficoltà economiche, nulla lo esime dal trovarsi un’occupazione». Risultato: sei mesi di carcere, con la sospensione condizionale, per violazione degli obblighi di assistenza familiare

     

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