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    SI FA PRESTO A DIRE “TORNIAMO AL VOTO”! - BISOGNA SUPERARE UNA MAREA DI OSTACOLI, A PARTIRE DALLA RESISTENZA DI MATTARELLA - POI CI SONO IL CALENDARIO (NON SI E’ MAI VOTATO IN ESTATE), LA LEGGE FINANZIARIA DA APPROVARE ENTRO LA FINE DELL’ANNO E POI SI SPENDEREBBERO ALTRI 300 MILIONI PER AVERE ALTRA INGOVERNABILITÀ  


     
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    Ugo Magri per “la Stampa”

     

    SALVINI - DI MAIO - BERLUSCONI - RENZI SALVINI - DI MAIO - BERLUSCONI - RENZI

    Si fa presto a dire «allora rivotiamo». Certo: può anche accadere che, nel marasma generale, alla fine lì si precipiti. E la minaccia di tornare rapidamente alle urne è senza dubbio l' arma con cui i vincitori (Di Maio e Salvini) stanno tentando di piegare gli sconfitti (Renzi e Berlusconi). Però non è detto che la loro pistola sia carica. Per mettere paura a vecchi arnesi della politica, occorre che la strada verso elezioni bis sia davvero in discesa.

     

    Per il momento, appare erta quanto una parete himalayana. Chi volesse chiamare di nuovo gli italiani alle urne, dovrebbe superare ostacoli di ogni tipo, incominciando dalla resistenza inevitabile del capo dello Stato. Perfino nel caso in cui l'impresa riuscisse, chi premesse il grilletto sarebbe chiamato a pagare prezzi salatissimi in termini di consensi. Tanto da sollevare il punto di domanda: chi avrà mai tanto coraggio?

    Di Maio Mattarella Di Maio Mattarella

     

    TROPPO CALDO D' ESTATE

    Primo ostacolo: il calendario. Da noi non si è mai votato in estate. Volendo restare nella prassi di 70 anni, l' ultima domenica utile per chiamare gli italiani a esprimersi sarebbe domenica 24 giugno (nel 1983, anno del record, si arrivò al 27). Ma perché le elezioni possano materialmente svolgersi, le Camere andrebbero in quel caso sciolte entro fine aprile.

     

    Tuttavia, ecco il problema, le consultazioni potranno incominciare non prima che vengano eletti i presidenti delle due Camere: sicuramente si scivolerà dopo Pasqua. Come dire che gli incarichi a Di Maio, Salvini e tutti gli altri tentativi messi in campo da Mattarella andrebbero chiusi in sole tre settimane. Impossibile e anche impensabile.

    MATTARELLA MATTARELLA

     

    Sul Colle, tagliare corto sarebbe considerata una mancanza grave di rispetto per il voto appena espresso dal popolo sovrano. D'altra parte da luglio, fino a settembre, le temperature oscillano sui 30 gradi all' ombra. La gente se ne va in vacanza, e non tornerebbe certo in città per votare, soprattutto chi ha famiglia e le persone anziane.

     

    Interessante quanto segnala l'Istat a riguardo: partono per le ferie oltre la metà degli abitanti al Nord, solo il 16 per cento al Sud e il 12 nelle Isole (dove hanno il mare a casa). Ciò ha rilevanti conseguenze costituzionali e anche politiche: un voto in estate avanzata favorirebbe i partiti più forti nel Mezzogiorno, anzitutto il M5S, a discapito dei «padani».

    Sia come sia, è un'ipotesi che Mattarella nemmeno prende in considerazione.

     

    CLAUSOLE DA EVITARE

    CAMERA DEI DEPUTATI SEMI VUOTA CAMERA DEI DEPUTATI SEMI VUOTA

    Pure in autunno non si è mai votato, sebbene possa sempre presentarsi una prima volta. In questo caso, la difficoltà numero uno è legata alla legge finanziaria. Salvo miracoli, le elezioni impedirebbero di approvarla entro fine anno, col risultato che scatterebbero in automatico le famose clausole di salvaguardia: in pratica un aumento dell'Iva che balzerebbe all'11,5 (per l' aliquota ridotta) e addirittura quella più alta al 24,2.

     

    Sarebbe un salasso per tutti, si calcolano oltre 800 euro a famiglia. Crollerebbero i consumi interni, con conseguente gelata della crescita. Se causassero nuove elezioni, Di Maio e Salvini dovrebbero spiegarne i motivi in primo luogo a commercianti, piccoli imprenditori e al vasto popolo delle partite Iva, soprattutto al Nord, che ne verrebbe falcidiato. In gioco ci sono parecchi voti.

     

    rosatellum senato2 rosatellum senato2

    Se parte il treno Ma poi, chi l'ha detto che dalle urne la prossima volta uscirebbe un responso più chiaro? Forse sì, o magari no. Nel secondo caso, oltre a buttare 300 milioni (tanto costa una tornata elettorale) che potrebbero essere molto meglio spesi, il risultato sarebbe di avvitare la crisi su se stessa, con pericoli seri per la tenuta delle istituzioni.

     

    Non a caso, chi ipotizza un ritorno al voto immagina che prima vada cambiata rapidamente la legge elettorale. Ma per cambiare il «Rosatellum» è necessario che nasca un governo, uno qualunque. E se la legislatura prende il via, con deputati e senatori che percepiscono l' indennità, con ministri e sottosegretari già accomodati sulla poltrona, difficile convincerli a mollare tutto e a tornare là da dove sono venuti.

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