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    SI SGONFIANO I DIRITTI TV DEL PALLONE - LA SCALATA DI VIVENDI A MEDIASET HA SCARDINATO EQUILIBRI CONSOLIDATI: SENZA L’ASTA TRA IL BISCIONE E SKY LA SERIE A RISCHIA DI SCOPRIRSI PIÙ POVERA - PER LA LEGA CALCIO SAREBBE UN GRANDE SUCCESSO RIPETERE LE CIFRE DI DUE ANNI FA (1,2 MILIARDI DI EURO)


     
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    Monica Colombo e Daniele Sparisci per il Corriere della Sera

     

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    È una partita tattica. Le squadre si studiano tentando di anticipare le mosse dell' avversario. Una sfida condita da ricorsi, nuove e vecchie ruggini, divisioni, con un elemento dominante: l' incertezza. Lontano dai riflettori, sui tavoli che contano, si gioca il match più importante della serie A, quello sui diritti tv: le prossime settimane saranno decisive per tentare di capire su quali canali vedremo le gare nel prossimo triennio, quello che va dal 2018 al 2021.

     

    PIER SILVIO BERLUSCONI PIER SILVIO BERLUSCONI

     

    Nulla è scontato, a cominciare dai protagonisti. La scalata ostile di Vivendi a Mediaset ha scardinato equilibri consolidati e l' antica rivalità fra le pay-tv di Berlusconi e quelle di Murdoch non esiste più. Fra vecchi nemici si discute la cessione di Premium, la trattativa è ormai entrata nel vivo. E l' effetto domino è assicurato.

     

    Con la battaglia legale sull' asse Cologno-Parigi in corso (la prima udienza è fissata per il 21 marzo) a imbrigliare il Biscione e, in assenza di colossi alternativi a Sky, nemmeno nella Lega Calcio si aspettano fuochi d' artificio dall' asta. Sarebbe un grande successo ripetere le cifre di due anni fa (1,2 miliardi di euro), la speranza è compensare l' inevitabile calo delle entrate nazionali con una distribuzione più ricca all' estero.

     

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    Lì il mercato può ancora crescere dai 180 milioni dell' ultima assegnazione: per avere un' idea, la Spagna ne incassa 600 grazie a Messi e Ronaldo, la metà della Premier a quota 1,2 miliardi.

     

    Ma il tempo stringe e la strada è lastricata di ostacoli: lo stallo della situazione italiana rischia di dirottare le scelte delle tv internazionali su altri campionati, in attesa di un quadro più chiaro. L' avvocato Leandro Cantamessa, che insegna diritto sportivo all' Università Statale di Milano ed è impegnato nella stesura delle linee guida del nuovo bando, ipotizza che ci vorrà almeno un mese perché le nuvole si diradino.

     

    Dopo la bocciatura del Garante della concorrenza e del mercato delle linee guida sull' offerta tv - penultimo passo prima dell' invito a offrire- la Lega, alle prese con l' elezione del nuovo presidente entro il 6 marzo, è a un bivio: trovare una mediazione con l' authority, oppure ricorrere alla giustizia amministrativa entro il 27 marzo.

    BOLLORE BERLUSCONI BOLLORE BERLUSCONI

     

    Ma quest' ultimo è un sentiero impervio e poco probabile, anche considerando i precedenti: la sentenza del Tar che ha annullato le pesantissime sanzioni contro Mediaset e quelle collaterali alla stessa Lega, all' advisor Infront e a Sky ha «irrigidito» la posizione dell' antitrust. Che adesso preme per esercitare un potere più vincolante sul pallone in tv.

     

    MURDOCH SKY MURDOCH SKY

    Andando allo scontro frontale poi i tempi si allungherebbero ancora, in attesa delle decisioni dei giudici i pacchetti perderebbero valore e anche a casa chi guarda dal divano sarebbe disorientato. «Perché nei rilievi del Garante alla fine manca un qualsiasi riferimento all' utente quando invece dovrebbe essere il primo destinatario delle sue attenzioni» osserva Cantamessa. «Quanti decoder dovrà avere per assistere alle partite del campionato 2018-19?».

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    E a quelle della Champions, la cui asta (organizzata dalla Uefa) dovrebbe concludersi prima di quella italiana? Impossibile rispondere ora, ma prima o poi andrà fatto per tutelare i tifosi, che sono i primi investitori dei club. Sullo sfondo poi c' è l' eterna lotta di classe: le piccole chiedono una divisione più equa dei proventi dei diritti tv per livellare la competizione.

     

    Il ministro dello Sport Luca Lotti ha promesso che metterà ordine alla vecchia legge Melandri che regola il settore, innalzando al 50% la quota delle risorse uguali per tutti. Ma anche questo è un terreno minato con le big schierate a difesa della cassaforte: «Senza di noi non c' è mercato». E siamo solo al primo tempo.

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