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    LA VIA DELLA SETA? NO, LA VIA DELL'INFERNO - TUTTI I RETROSCENA OGGI SONO ZEPPI DELLA DAGO-ANTICIPAZIONE (SENZA CITARE, OF COURSE), CIOÈ CHE SALVINI ERA PRONTO A FAR SALTARE TUTTO SE IL GOVERNO AVESSE CEDUTO AI CINESI - IL CAPITONE SI È RICORDATO CHE L'ITALIA E' UN PAESE NATO E G7 E SI E' SCHIERATO CON GLI AMERICANI (E CON L'EUROPA), E IMPONE A CONTE DI METTERE IL GOLDEN POWER SULLE SCORRIBANDE ASIATICHE IN ITALIA CHE AMMAZZEREBBERO LE TANTE IMPRESE DEL NORD CHE VOTANO LEGA - MA ANCHE LA GOLDEN POWER NON BASTA AGLI USA E SALVINI E DI MAIO FINIREBBERO COME CRAXI E ANDREOTTI


     
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    IERI: BOMBA FLASH! - ALTRO CHE TAV! SUI DOSSIER DE ''LA VIA DELLA SETA'' E DEL 5G, SALVINI SAREBBE PRONTO A ROMPERE IL CONTRATTO DI GOVERNO

    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/bomba-flash-altro-che-tav-dossier-39-39-via-198276.htm

     

     

    1 - SALVINI FA L'AMERICANO " NON SAREMO COLONIA DI XI COSÌ SALTA TUTTO"

    Carmelo Lopapa per “la Repubblica

     

    luigi di maio versione stalin luigi di maio versione stalin

    Quando in serata da Palazzo Chigi fanno avere ai leghisti la nuova bozza dei protocolli da siglare coi cinesi, Salvini e i suoi fanno un balzo sulla poltrona. Sembra sia stato sufficiente leggere i capitoli relativi ai porti per convincerli che «qui siamo oltre la colonizzazione: siamo al disastro», per dirla col vicepremier leghista. La «debacle» riguarderebbe soprattutto il paragrafo su Trieste, scalo strategico, il più a Nord del Mediterraneo: si prospetta un' apertura ai cinesi dell' intera «infrastruttura digitale». Per i leghisti di governo vorrebbe dire consegnare a Pechino le chiavi della tolda di comando anche informatica del porto. E poi i timori per Genova, piattaforma altrettanto strategica di Fincantieri. La via della seta diventa assai impervia.

     

    La lunga telefonata che intercorre tra il premier Giuseppe Conte e il ministro dell' Interno, al termine dell' ennesima giornata ad alta tensione, si trasforma in un vero e proprio ultimatum. I due, con Luigi Di Maio, si vedranno oggi a Palazzo Chigi per l' ennesimo vertice chiarificatore.

     

    matteo salvini come donald trump matteo salvini come donald trump

    Perché adesso la firma del Memorandum of understanding con il presidente Xi Jinping, prevista in occasione della sua visita di Stato a Roma del 22 marzo, si fa meno scontata. Al presidente del Consiglio, Salvini assicura che non aprirà alcuna crisi su questo come su altri dossier ancora aperti. Ma sull' accordo coi cinesi, gli avrebbe intimato, «noi vogliamo delle modifiche sostanziali». Non è un trattato internazionale, dunque non è vincolante, «ma è un atto di indirizzo politico importante e così com' è non può passare».

     

    Perché i cinesi non sono gli americani, gli ha ripetuto.

    Dunque, è l' avvertimento finale del segretario leghista, «o si correggono i protocolli che danno esecuzione al Memorandum in modo che tutelino le nostre aziende e l' interesse nazionale, oppure non se ne fa nulla». Il presidente del Consiglio Conte è convinto di spuntarla ancora una volta e di poter convincere il riottoso leghista a sostenere la firma dell' accordo.

    XI JINPING MOSTRA I CAPELLI BIANCHI XI JINPING MOSTRA I CAPELLI BIANCHI

     

    A Salvini ha spiegato che sarà rafforzato il "Golden power", il potere di veto e di interdizione che il governo può esercitare a tutela degli interessi nazionali, quando paesi extra europei conducono operazioni che mirano al controllo di asset strategici nel nostro Paese: Tlc, porti, aeroporti, autostrade, ferrovie. Palazzo Chigi pensa di rispolverare la vecchia "golden share". Alla Lega tuttavia non basta.

     

    Il fatto è che gli Stati Uniti restano in allerta per il gioco che sta conducendo il governo gialloverde e in particolare l' ala grillina. Preoccupazioni delle quali non ha fatto mistero l' ambasciatore americano a Roma, Lewis Eisenberg, nel corso dell' incontro avuto ieri mattina con il sottosegretario alla Presidenza, Giancarlo Giorgetti. E la Lega si pone sempre più come interlocutore privilegiato di Washington, in questa fase.

     

    Complici le due missioni in Cina del vicepremier Luigi Di Maio tra settembre e novembre scorso che, a quanto trapela, non sarebbero passate inosservate agli osservatori d' Oltreoceano. È un processo di progressivo accreditamento, quello che Salvini sta portando avanti.

     

    DONALD TRUMP XI JINPING DONALD TRUMP XI JINPING

    Rassicurare il Colle e gli stessi interlocutori statunitensi sono gli obiettivi del capo leghista, sempre più tentato dalla volata verso Palazzo Chigi. Soprattutto se le Europee dovessero decretare l' implosione del M5S e la crisi del governo gialloverde. Il sospetto si è fatto ormai largo tra i grillini.

     

    Il ministro dell' Interno ha varcato più volte il cancello di Villa Taverna, residenza dell' ambasciatore Usa a Roma.

     

    Nella missione di Giorgetti dall' 1 al 4 marzo negli Stati Uniti, oltre ai responsabili dei fondi di investimento, il numero due della Lega ha incontrato anche a Washington il segretario del Tesoro Stevene Mnuchin e il genero di Trump Jared Kushner, il più ascoltato consigliere per gli affari esteri. Tra il 14 e il 17 gennaio era stato il sottosegretario agli Esteri leghista Guglielmo Picchi a incontrare uomini vicini a Trump nella capitale Usa, fino alla cena a casa di Steve Bannon, tribuno dei sovranisti, con membri del National Security Counsil.

     

    un sorso di vodka xi jinping e vladimir putin un sorso di vodka xi jinping e vladimir putin

    C' è tutto il feeling filo-russo da far dimenticare. Ma per il Salvini che sogna in grande il cammino è già iniziato.

     

     

    2 - L'IRA DEL VICEPREMIER LEGHISTA: DICIAMO NO A COLONIZZAZIONI

    Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera

     

    Il detonatore, quello che Matteo Salvini proprio non manda giù, è la «nota off» attribuita ai 5 stelle. Dice che «Di Maio e Giorgetti hanno parlato al telefono poco fa» e il memorandum Via della Seta «si firma così come è».

     

    Molto peggio, dal punto di vista del vicepremier leghista, quello che viene dopo: «La Lega si è convinta, dopo essere stata ripresa anche dal Quirinale pubblicamente». «Ma come? - esplode Salvini con i suoi - Ma che cosa siamo? Dei bambini? Dicono che andiamo ripresi pubblicamente?».

    DI MAIO SULL AEREO PER PECHINO DI MAIO SULL AEREO PER PECHINO

     

    Chi vede il leader leghista lo descrive come «arrabbiato davvero». «Ma come sarebbe? Una posizione di buon senso, una normalissima cautela in una vicenda così delicata viene fatta passare come un capriccio?».

    E così, il capo leghista si morde la lingua e fa scrivere una nota dai capigruppo: «È importante aiutare le nostre imprese a crescere ed esportare, ma quando ci sono in ballo la sicurezza e la sovranità nazionale, occorre molta prudenza».

     

    Del resto, riflette Salvini, «gli accordi commerciali vanno benissimo. Però, bisogna anche capire se gli investimenti cinesi non sono colonizzazione». Perché «mi dicono che in Grecia hanno preso il porto e ora si stanno prendendo il Paese». Il capo leghista fa il punto con il suo staff e cita anche la questione delle infrastrutture Huawei per il 5G della telefonia mobile, quella che ridisegnerà i futuri scenari della comunicazione.

     

    LUIGI DI MAIO E LA CINA LUIGI DI MAIO E LA CINA

    «Del resto - spiega Salvini - anche i Servizi di sicurezza nella loro audizione hanno sottolineato che il controllo delle reti sono un oggetto della sicurezza nazionale». Mentre tutti, ma proprio tutto gli alleati internazionali ci hanno espresso le loro preoccupazioni». Insomma: «Va bene il business, ma per il business non puoi dare in cambio le chiavi di casa». Insomma la tensione è altissima. Salvini parla con Giorgetti, non con Di Maio: «Il problema non è lui, ha lavorato bene, le scelte vanno condivise... C' è chi dice che a che a questo dossier si è lavorato per mesi. Ma a chi lo hanno detto?».

     

     

    3 - SALVINI AGITA LA CRISI, CONTE MEDIA M5S: MATTEO PUNTA A PALAZZO CHIGI

    Alberto Gentili per ''Il Messaggero''

     

    LUIGI DI MAIO IN CINA CON MICHELE GERACI LUIGI DI MAIO IN CINA CON MICHELE GERACI

    Il governo balla pericolosamente sulla Cina. Luigi Di Maio e Matteo Salvini innescano un feroce braccio di ferro sul memorandum per la Nuova Via della Seta. Con un problema: manca una settimana esatta alla firma tra il presidente cinese Xi Jinping e il ministro dello Sviluppo economico. E con un sospetto in casa 5Stelle: «Salvini va all' attacco per strappare una patente di affidabilità agli Stati Uniti e a Bruxelles, utile dopo le elezioni europee per tentare la scalata a palazzo Chigi...». Tant' è, che fino a sera, si rincorrono le voci di una possibile crisi. Psicodramma che potrebbe essere chiuso con un compromesso: il memorandum non cambia, ma Salvini ottiene il potenziamento del golden power nella prospettiva di tagliare fuori le cinesi Huawei e Zte dall' appalto per la rete 5G.

    LUIGI DI MAIO IN CINA LUIGI DI MAIO IN CINA

     

    Eppure, dopo il pranzo di mercoledì al Quirinale con Sergio Mattarella tutto sembrava risolto. Il capo dello Stato, avuta la garanzia per rassicurare Washington che dall' accordo è esclusa la rete 5G, aveva dato via libera al memorandum che il premier Giuseppe Conte aveva provveduto a rendere potabile, «inzeppandolo» - ricordano a palazzo Chigi - «di regole molto più severe e stringenti di quelle adottate dall' Unione europea». Un sì, quello del Colle, utile anche per mostrare il Paese «compatto», e ligio al credo Atlantico, in vista della visita di Xi Jinping.

     

    Così, in mattinata, Di Maio corre a blindare l' intesa: «Sono contento della sintonia tra il Quirinale il governo». Poco dopo, però, arriva la doccia fredda. Salvini, irritando non poco palazzo Chigi e i 5Stelle, riapre la partita e dà incarico ai suoi di individuare i protocolli, allegati al memorandum, da stralciare «per ragioni di sicurezza nazionale»: «Va tolta la possibilità per i cinesi di entrare nei capitali delle aziende italiane che operano nel settore delle telecomunicazioni, dell' energia, delle infrastrutture», è l' imput.

    DI MAIO INSTAGRAM STORY SULLA CINA DI MAIO INSTAGRAM STORY SULLA CINA

     

    Non solo. Comincia a circolare addirittura la voce del capo leghista pronto ad aprire la crisi se non ottiene ciò che chiede. Voce smentita seccamente dal suo entourage: «La notizia è totalmente infondata. Salvini ha un atteggiamento prudente sul testo dell' intesa ma non ha mai detto, né pensato, di far cadere il governo». Conte però vuole vederci chiaro e chiama il leader leghista: «Nella telefonata il vicepremier ha garantito che non esiste alcuna minaccia di crisi», fanno sapere da palazzo Chigi.

     

    DI MAIO CONTE SALVINI DI MAIO CONTE SALVINI

    Di certo, c' è che Di Maio e Conte fanno muro in difesa del memorandum: «L' accordo ha avuto il via libera del capo dello Stato e non si cambia». E qui scatta la stoccata grillina a Salvini: «Da qualche tempo, soprattutto dopo il viaggio di Giorgetti negli Stati Uniti, il leader della Lega è diventato un campione dell' Atlantismo. Forse si deve far perdonare la sua amicizia con Putin per poter ambire a palazzo Chigi...». Poi però, secondo fonti pentastellate, c' è un' altra telefonata, questa volta tra Di Maio e proprio Giorgetti (non con Salvini a riprova della tensione), che chiuderebbe la partita: «Il memorandum si firma così com' è». Tanto più che il consigliere diplomatico di Conte, Pietro Benassi, avrebbe ottenuto dall' ambasciatore Usa Lewis Eisemberg «la conferma che per gli Usa la Nuova via della Seta non è un problema».

     

    GLI INDIZI

    Il mezzo chiarimento non stempera la tensione. I 5Stelle mettono a fuoco tre «indizi lampanti» che avvalorerebbero i sospetti su Salvini.

    michele geraci giuseppe conte giorgetti aquilanti michele geraci giuseppe conte giorgetti aquilanti

    Il primo, una frase pronunciata dal capo leghista: «Se ci fosse un investitore americano per i porti di Trieste o Genova direi sì domattina». Il secondo, «ben più corposo»: l' incontro, avvenuto in mattinata tra il solito Giorgetti e l' ambasciatore Usa.

     

    Il terzo: l' intenzione del sottosegretario leghista di modificare le regole del golden power. Il potere che ha il governo di vietare l' acquisizione, da parte di aziende straniere, di imprese italiane nei settori di energia, difesa, trasporti e Tlc. Ebbene la modifica - che verrà inserita nel decreto sblocca-cantieri - dovrebbe servire a tagliare fuori Huawei dall' appalto per il 5G. Proprio come voleva Salvini. E come chiede Washington. Ma secondo fonti leghiste, il compromesso «non è sufficiente a chiudere la partita». Oggi si capirà meglio.

    GIORGETTI A NEW YORK GIORGETTI A NEW YORK giancarlo giorgetti matteo salvini giancarlo giorgetti matteo salvini

     

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