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    UN MONDO ALLA ROVESCIA - MOBY PREFERISCE ASSUMERE ITALIANI E IL GOVERNO LA ACCUSA DI XENOFOBIA: LA QUALITA’ A BORDO DELLE NAVI NON HA PASSAPORTO. GIA', MA CHI ASSUME GLI EXTRACOMUNITARI NON LO FA PER APERTURA MENTALE, MA PER NON PAGARE TASSE E CONTRIBUTI – I SINDACATI SE NE FREGANO: PRENDONO 190 EURO PER OGNI PERSONA IMBARCATA, ITALIANA O FILIPPINA CHE SIA


     
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    Claudio Antonelli per “la Verità

     

    Far lavorare gli italiani è diventato razzismo. Rivendicare la volontà di assumere su una nave cittadini tricolore, che parlano italiano, garantiti dal contratto nazionale e pagati di più rispetto agli extracomunitari sarebbe inciviltà di cui vergognarsi. Un tempo l' aberrazione era l' inversione dell' onere della prova. Adesso si è fatto un salto. Con l' amplificatore dei social, si è arrivati direttamente all' inversione del capo d' accusa. Una cosa buona diventa diventa motivo di vergogna.

     

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    Il gruppo Onorato, armatore di Moby e Tirrenia, è stato accusato di xenofobia per una pubblicità (che anche La Verità ha ospitato) con cui si celebra la presenza di personale tutto italiano. «Scegli solo chi naviga italiano», recita il claim, spiegando anche che «navigare italiano non è solo uno slogan, significa avere 5.000 lavoratori italiani altamente qualificati per offrire un servizio impeccabile».

     

    La pubblicità del gruppo mira a denunciare la pratica diffusa tra gli armatori di assumere personale extracomunitario per risparmiare sui contributi e pure sulle buste paga. Un mozzo filippino che opera su un traghetto italiano costa all' azienda circa 880 euro al mese. Per lo stesso incarico, a fronte di un passaporto italiano o comunitario, l' armatore spende 2.140 euro. Motivo per cui secondo Confitarma, l' associazione degli armatori, il 43% dei marittimi sarebbe extracomunitario (percentuale che sale al 60% secondo alcune associazioni sindacali) mentre almeno 50.000 italiani sarebbero pronti a imbarcarsi. Ma non trovano lavoro.

     

    In pratica, la vulgata della professione che i nostri connazionali non vogliono più fare non vale proprio per questo comparto. La battaglia di Vincenzo Onorato, contrariamente alla logica e al buon senso, non è poi così popolare come dovrebbe essere. Ad esempio, i principali sindacati non la sostengono.

    Vincenzo Onorato Moby Vincenzo Onorato Moby

     

    Il motivo che La Verità ha svelato il mese scorso, è semplice. La triplice ha firmato l' 11 febbraio del 2003 un accordo con la Confindustria del settore secondo cui qualunque sia la nazionalità e il passaporto degli imbarcati i sindacalisti incassano 190 euro all' anno. L' accordo è tuttora valido. Al sindacato non cambia nulla se l' assunto è filippino con un contratto internazionale e contributi quasi zero, oppure un italiano che si vede riconoscere i contributi pensionistici. Sempre 190 euro sono.

     

    Insomma, quella di Onorato è una battaglia isolata dentro la categoria e visto i numerosi attacchi sui social anche al di fuori. Ci hanno spinto però a intervenire la parole dell' Unar, l' ufficio antidiscriminazioni razziali del dipartimento pari opportunità della presidenza del consiglio. Un acronimo lungo e complesso per una serie di dichiarazioni banali e scorrette. «Se in qualche caso può esserci motivo di sottolineare la presenza di una certa nazionalità, un ristorante tipico ad esempio», riportava ieri il quotidiano La Stampa,«qui il motivo non c' è. Il servizio è migliore se sulla nave il personale è italiano? Non c' è logica».

     

    costa concordia costa concordia

    Invece la logica c' è. Basti ricordare che quando la Costa Concordia si piegò su un fianco di fronte all' isola del Giglio, la maggior parte dei marittimi non sapeva parlare italiano e non riusciva a comunicare con gli ospiti a bordo. C' è, inoltre, un tema sicurezza. Pescare la lista degli assunti dagli elenchi del nostro Paese consente la totale tracciabilità di chi si imbarca. Viceversa non è possibile. E il terrorismo - è bene ricordarlo - resta in agguato. Il fatto che da qualche tempo non ci siano eventi tragici non significa che tutti i comparti dei trasporti non debbano rizzare le antenne.

     

    Ieri Onorato ha comunque sentito la necessità di difendersi. Ha scritto una nota per rispondere alle accuse. «Nessuna xenofobia: a riprova della nostra coerenza, anche i marittimi extracomunitari imbarcati in un nostro cruise ferry sul Baltico sono assunti con contratto italiano. Per noi la bandiera italiana non è il tricolore sulla poppa, ma soprattutto è italiana la nave dove il personale che lavora è garantito da un contratto del nostro Paese».

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    La nota omette un particolare non da poco. Comprensibile che Onorato voglia rispondere sulla questione tecnica. E voglia sottolineare le maglie larghe che consentono da un lato di imbarcare personale senza contratto italiano e nonostante ciò godere di notevoli sgravi fiscali. Ma c' è un aspetto politico. L' Unar si chiede dove stia la logica dell' equiparazione tra marittimi italiani e servizio di qualità. Significa dimenticare una tradizione che trova radici nelle repubbliche marinare e si sviluppa in un Dna che contraddistingue intere aree del nostro Paese. Costiera amalfitana e Salerno continuano a fornire grandissima professionalità.

     

    Al di là degli aspetti salariali e delle anomalie dei nostri sindacati, crediamo che la pubblicità di Onorato sia efficace. Siamo convinti che i clienti la apprezzino. Per il messaggio diretto. E perché i clienti apprezzano la tradizione marinara italiana. In un Paese che galoppa verso lavori sempre più precari e pensioni misere, tutelare questa tradizione non può avere alcun risvolto negativo. Non c' è bisogno di giustificazioni nè di giri di parole. Se l' Unar non lo capisce è perché è fuori dal mondo.

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