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    “CHIEDEVO AIUTO, MA NESSUNO REAGIVA” – UNA RAGAZZA MOLESTATA A ROMA SCRIVE AL “CORRIERE”: “ERANO LE 21, STAVO ANDANDO A CASA DI AMICI. ALL’IMPROVVISO SENTO UNA STRETTA, DELLE MANI INIZIANO A PALPEGGIARMI I SENI SCENDENDO SULLE PARTI INTIME” – “CHIEDO AIUTO, GRIDO, MA MI TROVO DAVANTI UNA FOLLA DI LOBOTOMIZZATI: DEGLI AUTOMI CHE…”


     
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    Francesca per il “Corriere della Sera”

     

    molestie in classe molestie in classe

    Vorrei raccontarvi un doloroso caso di molestia sessuale che ha visto coinvolte me e un' altra donna in un popoloso quartiere di Roma Est. Erano le ore 21, una sera d' estate, c' era ancora luce, scendo dall' auto e mi dirigo verso casa dei miei amici.

     

    Avevamo in programma una festa in terrazza il giorno successivo, mi aspettavano per finire gli ultimi preparativi. La strada a senso unico che conduce al loro portone è poco trafficata, l' ho percorsa tante volte, sono tranquilla mentre penso a come disporre le fioriere di bambù per l' occasione e mi dirigo spedita.

     

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    Vedo con la coda dell' occhio una persona dietro di me, penso sia il mio amico Guido, sapevo che sarebbe andato anche lui a dare una mano e penso: mi vorrà fare uno scherzo.

     

    Stavolta non mi farà saltare facendomi il suo solito solletico all' improvviso, così mi preparo: irrigidisco i muscoli del corpo e sono pronta a voltarmi quando all' improvviso sento una stretta da dietro con le braccia, delle mani iniziano convulsamente a palpeggiarmi i seni scendendo giù sulle parti intime. Non era Guido.

    molestie in classe 2 molestie in classe 2

     

    Mi giro di scatto, inizio a gridare e scalciare alla rinfusa, mi trovo davanti un individuo di mezza età, mingherlino, che si ritrae, abbassa lo sguardo, alza le mani al cielo.

    Scioccata dall' accaduto, mi fermo un millesimo di secondo per cercare di realizzare cosa stava succedendo e lui rigetta le sue mani sul mio petto.

     

    MOLESTIE STRADA MOLESTIE STRADA

    Cerco di nuovo di allontanarlo scalciando, quello si volta e se ne va camminando velocemente in direzione di una piazza affollata. Grido di nuovo, chiedo a voce alta aiuto a una coppia che mi accorgo era lì davanti a un altro portone. Mi colpiscono con uno sguardo di diffidenza e continuano a conversare tra loro.

     

    Nel frattempo il mio aggressore sta per entrare nella piazza affollata e ha preso a camminare normalmente. Piena di rabbia e in preda alle lacrime, lo inseguo sperando di farlo bloccare dai passanti. Io non potevo, sentivo le mani bloccate, avevo disgusto a toccarlo.

     

    Grido di nuovo aiuto, urlo alla gente che passa, a quelli seduti al bar, di fermarlo, dicendo che quell' individuo mi ha appena aggredita. Nessuno si muove. Ancora soltanto sguardi di diffidenza, quasi infastiditi dalle grida.

     

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    Mi sembra di essere piombata in un incubo surreale: non è possibile mi dico, non ci credo, quello sta camminando tranquillo per la strada e a me dopo la schifosa aggressione nessuno presta soccorso, anzi mi ritrovo addosso gli occhi infastiditi di gente che mi guarda come fossi una pazza.

     

    Mi trovo davanti una folla di lobotomizzati; degli automi. È tutto così allucinante, mi gira la testa, tremo, una rabbia mai provata prima prende il sopravvento sullo spavento e il dolore per l' aggressione. Questa rabbia mi dà la forza di inseguirlo per 500 lunghissimi metri, i 500 metri più lunghi e strazianti della mia vita.

     

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    Finalmente due ragazzini sul motorino accorrono in soccorso e lo bloccano: avranno 14 anni. Riesco a chiamare il 112 e gli amici che mi aspettavano a casa. Arrivano tutti, i miei amici, la polizia, e i passanti-automi che si fermano a sbirciare come gli anziani sui cantieri mentre racconto l' accaduto ai poliziotti, si avvicina una ragazza dicendo sconvolta che quell' individuo l' aveva molestata pesantemente strizzandole forte il seno mentre usciva dal bar di fronte, appena 10 minuti prima.

     

    Andiamo entrambe in centrale, sporgiamo regolare denuncia. Siamo tutte e due sconvolte: mi racconta di aver chiesto anche lei soccorso e che nell' indifferenza generale, nessuno l' ha aiutata, stava rientrando a casa quando ha visto la volante e quell' individuo.

    MOLESTIE VELLETRI MOLESTIE VELLETRI

     

    Una volta in centrale chiamo la mia famiglia, faccio un giro di telefonate e veniamo a sapere che un' altra donna ha presentato denuncia ai carabinieri per molestie sessuali contro lo stesso individuo solo un giorno prima.

     

    Contestualmente veniamo a sapere che il pubblico ministero è una donna. Questo mi rincuora, penso ingenuamente che una donna possa essere più sensibile verso questo tipo di reati.

     

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    Purtroppo scoprirò più tardi che la pm non vorrà procedere al fermo perché - mi spiegano - «non c' è flagranza di reato». Mi sforzo di capire cosa si intenda allora per «flagranza» ma faccio davvero tanta tanta difficoltà.

     

    E ancora mi chiedo perché una pubblico ministero non possa evitare che un individuo con evidenti problemi psichici, soggetto a conclamati raptus criminali, dopo tre denunce di molestie a distanza di 24 ore, se ne vada in giro libero di aggredire altre donne e ragazzine del quartiere.

     

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    E soprattutto spiegatemi perché la società in cui viviamo si è rivelata come un grande silenzioso deserto dall' indifferenza imperante. Nei secoli le piante hanno modificato la propria morfologia per sopravvivere a climi a loro ostili.

     

    I cactus hanno trasformato le proprie foglie in spine, ecco io ora vorrei continuare a credere in quei principi di solidarietà e giustizia a cui la mia famiglia mi ha educato, quello che dovrebbe essere la linfa vitale della nostra società. Ma ora spiegatemi voi come continuare, perché io mi rifiuto di subire e trasformare le foglie in spine.

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