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    MUSTIER VUOLE ANTICIPARE IL RINNOVO DEL CDA, LA VECCHIA GUARDIA DI UNICREDIT SI ATTACCA ALLA POLTRONA E SGANCIA IL PRESIDENTE VITA CON UN'INTERVISTA AL "SOLE" CHE SPARA SULLA "FRETTA" DI MUSTIER - L’AD E’ STANCO DEL DIAFRAMMA DI MEDIOBANCA, VUOLE INGLOBARLA INSIEME A GENERALI


     
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    DAGOREPORT

     

    JEAN PIERRE MUSTIER JEAN PIERRE MUSTIER

    L’intervista di Giuseppe Vita al Sole 24 Ore (qui sotto) ha fatto incazzare Jean Pierre Mustier. L’ha letta come il tentativo malmestoso della vecchia guardia di Unicredit che lui era convinto, con l’aumento di capitale, di aver messo alla porta. Quei riferimenti alla governance fatti dal presidente, poi, li ha interpretati anche come il tentativo (tutto italiano) di andare oltre le logiche di mercato.

     

    Insomma, nell’intervista ha visto l’influenza dei vari Palenzona, Montezemolo (non più vice presidenti, ma rimasti nel cda) e del dg Papa di continuare a gestire la banca con le loro regole d'antan.

     

    Eppure, oggi, gli azionisti della banca hanno cambiato pelle. Il 62% del capitale è in mano a fondi esteri ed investitori istituzionali, il 13% in mano a risparmiatori retail, 10% lo controllano i Fondi sovrani (primo fra tutti, l’emiratino Aabar) e le Fondazioni sono scese al 6%. Eppure per Vita – ragiona Mustier – nulla sarebbe cambiato.

    giuseppe vita giuseppe vita

     

    Per queste ragioni, l’ad di Unicredit vuole anticipare il cambio del Cda a quest’anno (è previsto nel 2018) proprio per dare risposta immediata a chi gli ha dato fiducia e sottoscritto il più importante aumento di capitale bancario in Europa (13 miliardi). Contemporaneamente, ha anche in mente di rivedere e ristrutturare le partecipazioni. A partire da Mediobanca.

     

    Mustier vuole superare quella che intravvede come un’anomalia: la partecipazione di Mediobanca in Generali. Il francese ha in mente di eliminare il diaframma di Piazzetta Cuccia e punta ad una presenza diretta dei grattacieli di Gae Aulenti nelle Assicurazioni di Trieste, attraverso l’assorbimento di Mediobanca in Unicredit. In tal modo, finirebbe anche la concorrenza nel retail di Nagel

     

    2. VITA: ''MUSTIER NON ACCETTA IL FATTO CHE ALCUNI PROCESSI AVREBBERO BISOGNO DI PIÙ TEMPO PER SVILUPPARSI''

    Marco Ferrando e Alessandro Graziani per Il Sole 24 Ore

     

    «UniCredit è stata e sarà, anche e soprattutto dopo il recente successo dell’aumento di capitale da 13 miliardi, una grande banca paneuropea con sede e testa in Italia. Ma il nuovo azionariato ha una vocazione da vera public company internazionale che necessita di una struttura di governance più aperta al mercato. Stiamo lavorando per definire il nuovo assetto entro pochi mesi».

     

    FABRIZIO PALENZONA FABRIZIO PALENZONA

    Nel suo ufficio al trentesimo piano della Torre A di UniCredit, esattamente due piani sopra a quello del nuovo ceo Jean Pierre Mustier (in mezzo c'è la sala del cda), più del “Vaso di fiori” di Filippo De Pisis e delle tinte forti di qualche autore contemporaneo, ciò che salta all’occhio è una grande scultura moderna di Francesco Candeloro: una rappresentazione in bianco e nero del centro di Monaco con un pannello giallo di fronte.

     

    Un po’ di Germania e un po’ di luce, «sembra di avere il sole anche quando a Milano non c’è», dice il presidente di UniCredit Giuseppe Vita. Alle pareti qualche libro e un paio di esemplari di ‘Elkette’, la piccola alce di peluche che Mustier ha eletto a mascotte del nuovo corso della banca. A terra, nessun tappeto: «Anche se volessimo, qui non si può nascondere neanche un po’ di polvere», ironizza il presidente. A due giorni dall’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio 2016, Vita con Il Sole 24 Ore parla della “nuova” UniCredit, del nuovo azionariato e del cantiere interno che ne adeguerà la governance in vista del rinnovo del prossimo anno.

     

    Che banca è diventata UniCredit dopo l’aumento?

    MONTEZEMOLO CARACENI MONTEZEMOLO CARACENI

    Un gruppo che ha eliminato le debolezze e l’incertezza degli ultimi anni. Grazie alla credibilità e al lavoro di un ad come Mustier che ha convinto gli investitori, quelli italiani e quelli internazionali, con un piano rigoroso e concreto. In meno di due mesi ha fatto una volta e mezza il giro del mondo per incontrare 750 investitori in 26 diverse città, ma al tempo stesso ha saputo coinvolgere centinaia di manager portandoli a bordo del nuovo corso.

     

    La risposta del mercato non era scontata.

    Questa operazione ha dato una grande forza a tutti noi per guardare meglio al futuro, è stata una manifestazione di fiducia nel nuovo team e la prova che abbiamo fatto la scelta migliore: se avessimo optato per un manager del tutto estraneo a UniCredit il processo sarebbe stato molto più lento. E invece, insieme con la riconosciuta esperienza e la straordinaria competenza professionale di Jean Pierre Mustier, anche la rapidità è stata una componente fondamentale.

     

    unicredit unicredit

    Nella sua composizione, l’azionariato all’assemblea di dopodomani è molto diverso rispetto al 12 gennaio,quando venne approvato l’aumento: è sempre più da public company, con una componente più elevata di istituzionali. È una buona notizia?

    Investire 13 miliardi in Italia è stato un grande atto di fiducia nel management, in UniCredit, ma anche nel sistema bancario italiano. E non è un fatto scontato, se pensiamo alla percezione generale. Che però è sbagliata: l’Italia ha avuto alcune banche mal gestite che hanno prodotto grandi danni e gravemente rovinato la reputazione del settore, ma la maggior parte è ancora sana e solida e ha contribuito con grande sforzo economico a ridurre tali danni. Se ha avuto bisogno di capitali li ha chiesti al mercato e non allo Stato, come invece è stato abbondantemente fatto all’estero, prima della legge sul bail in. Il successo del nostro aumento di capitale è anche un segno di fiducia nell’Italia e nell’euro.

    mohamed badawy al husseiny aabar mohamed badawy al husseiny aabar

     

    L’aumento da 13 miliardi è stato il più grande di sempre per l’Italia e uno dei maggiori in Europa: che cosa piace agli investitori, tuttora, di UniCredit?

    Il progetto di grande banca commerciale europea. Nel Vecchio continente ci sono alcune incognite ma c’è anche la consapevolezza che il quadro politico e istituzionale si stia delineando sempre più chiaramente, ponendo così le premesse per una ripresa di cui le banche potranno essere protagoniste, e in particolare la nostra che ha una presenza così diffusa e radicata.

     

    C’è la Brexit, però. E le elezioni in Francia fanno paura ai mercati. Non crede?

    Dobbiamo guardare in prospettiva: ci dispiace moltissimo che la Gran Bretagna abbia deciso di uscire dall’Ue, ma la Brexit chiarisce finalmente come e quando accadrà un fatto che era nell’aria da troppo tempo, con il suo carico di incertezze. In Francia una vittoria di Marine Le Pen potrebbe essere un disastro per l’Europa e per i mercati, ma mi sembra improbabile. E in Germania sia Merkel –che ha dimostrato in questi anni grande capacità di governo - sia lo sfidante Schulz vanno benissimo per il progetto europeo. Se anche l’Italia riuscirà a conquistare una nuova fase di stabilità politica ci sono tutte le premesse perché i Paesi fondatori dell’Europa riprendano a implementare l’integrazione. Ormai è evidente che nessuna nazione può giocare un ruolo importante restando da sola.

     

    giuseppe vita giuseppe vita

    Torniamo a UniCredit: che clima c’è, oggi, in banca e quale fase si apre di qui al 2019?

    Vedo un grande entusiasmo, che dovrà essere indirizzato a raggiungere e possibilmente superare i risultati previsti dal piano. Se l’economia si riprende come è lecito sperare, arriveranno grandi soddisfazioni. Aggiungo che, personalmente, sono tuttora molto contento di aver investito in UniCredit.

     

    Come definirebbe lo stile manageriale di Jean Pierre Mustier?

    È una persona che sa creare una squadra e motivarla dandole fiducia, ma poi pretende i risultati. Non a caso è riuscito in pochi mesi a sostituire e internazionalizzare ancora di più - e non guardo al passaporto, ma alle competenze e alle esperienze di molti manager cresciuti in una banca multinazionale come la nostra - quasi integralmente la prima linea di comando senza prendere una sola persona dall’esterno.

     

    Avrà anche qualche difetto. O no?

    Non accetta il fatto che alcuni processi avrebbero bisogno di più tempo per svilupparsi, ma forse è un pregio anche questo.

    mustier mustier

     

    Anche per questo piace agli investitori istituzionali, che oggi sono in maggioranza.

    È un azionariato che bada ai fondamentali, non se guardiamo con particolare attenzione a questo o quel politico, o territorio. Ora non abbiamo più polvere sotto i tappeti, e neanche i tappeti, che non ci servono…

     

    I soci storici basati sulle Fondazioni si sono diluiti. È un bene o un male?

    È un dato di fatto, ma anche un dispiacere perché senza di loro UniCredit non sarebbe nata e sviluppata. Purtroppo i vecchi soci si sono trovati in una fase sfortunata dell’economia reale che ha martellato pesantemente anche le banche.

     

    Quali conseguenze avrà il nuovo azionariato sulla governance?

    La corporate governance di un’azienda è qualcosa di vivo, e in continua evoluzione perché fa parte della necessità di ognuno di noi di seguire o, meglio ancora, di precedere il corso degli eventi. Alcuni elementi di novità sono già definiti, come la riduzione da 17 a 15 componenti del board (in origine erano 24, ndr), una sola vice presidenza, gli indipendenti ampiamente in maggioranza, un terzo di quote rosa. Altri importanti aspetti, compresi eventuali limiti al numero dei mandati dei consiglieri, sono ancora in fase di discussione.

     

    Quali sono gli altri temi in discussione?

    Sicuramente lavoreremo sui requisiti, che dovranno essere sempre più stringenti sia per i singoli consiglieri che per il board nel suo complesso. Aumentando ulteriormente le competenze in materia bancaria. E poi sui comitati, che dovranno essere più ristretti.

    VINCENZO CALANDRA BUONAURA VINCENZO CALANDRA BUONAURA

     

    Convocherete un’assemblea straordinaria per sottoporre ai soci le modifiche allo statuto?

    Nel caso fosse necessario sì. Ma il cantiere, che sarà seguito da un gruppo ristretto all’interno del comitato Corporate Governance, è al lavoro in vista del rinnovo del cda della primavera 2018.

     

    Al momento lo statuto prevede un solo consigliere alla minoranza dei fondi, che però sono nettamente in maggioranza: è un aspetto che va corretto?

    Il nuovo assetto azionario è destinato a modificare anche il concetto stesso di maggioranza e minoranza. Quello che possiamo fare noi come consiglio è preparare uno screening approfondito dei potenziali candidati, che abbiano i requisiti necessari ma rispettino anche le diverse sensibilità dell’azionariato. La decisione finale poi spetta agli azionisti, in parte rappresentati da Assogestioni.

     

    All’estero, invece, spesso è il cda uscente a presentare le candidature per la successione.

    In Italia non è espressamente previsto per legge, ma stiamo lavorando per definire il ruolo che il consiglio uscente potrà avere nel processo.

     

    Anche le ex popolari italiane sono alle prese con un riassetto dell’azionariato e con un’inevitabile ascesa dei fondi: in generale, è un elemento di forza o di debolezza?

    Vorrei anche io avere la debolezza di gruppi come Siemens, Bayer, Royal Dutch –per fare solo qualche esempio- che non hanno azionisti di riferimento: è il meglio che ci possa essere per il controllo dell’azienda, a patto che il management sia libero di lavorare come deve nell’interesse di tutti gli stakeholders e con i giusti controlli sul proprio operato.

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