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    VITA E MORTE DEL 'RIPIENO' DEL GABIBBO, GERO CALDARELLI: ORFANO, ANARCHICO, BUDDISTA - ATTORE E MIMO ALTO 1,53: ‘HO AVUTO IL COMPLESSO DELL’ALTEZZA FINCHÉ ME L’HANNO FATTO PESARE LE DONNE. GABIBBO VUOL DIRE TERRONE? NO, C'ENTRANO GLI ARABI DI GENOVA’ -  ‘RICCI HA TENTATO UN ESERCIZIO IMPOSSIBILE: ESSERE DI SINISTRA SENZA ESSERE STRONZO E IPOCRITA' - FACCI: ‘UN GIORNO ENTRAI IN BAGNO E TROVAI IL GABIBBO SEDUTO SUL MIO GABINETTO'


     
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    1. TRISTE HISTORIA DI GERO, IL «RIPIENO» DEL GABIBBO

    Stefano Lorenzetto per ‘La Verità

     

    All' età di 8 anni il Gabibbo perse il papà: angina pectoris. Cinque mesi dopo gli morì anche la mamma: leucemia. Fu messo nel collegio dei poveri, a Cesano Boscone (Milano). A 14 anni, finita la terza media, dovette smettere di studiare e trovarsi un lavoro. Voi ridete, ma questa è la vita. Anzi, era, perché domenica è morto anche lui, da tempo alle prese con un male per cui non s' è trovata cura.

    gero caldarelli gero caldarelli

     

    La triste historia del Gabibbo - meglio, del suo «ripieno», così si definiva Gero Caldarelli - era cominciata a Torino il 24 agosto 1942. Giovedì prossimo avrebbe dunque tagliato il traguardo dei 75. Il nome vero sarebbe stato Giorgio, «ma un Giorgio nel mondo dello spettacolo non è nessuno, così me lo cambiai in Gero, che non so nemmeno io che significato possa avere», mi raccontò 15 anni fa, all' apice del successo.

     

    Dentro il pupazzo di Striscia la notizia convivevano tre persone uguali e distinte, senza offesa per la Santissima Trinità. La prima era Gero Caldarelli, il mimo autodidatta che lo impersonava. La seconda è Lorenzo Beccati, il coautore dei testi del tg satirico di Canale 5, che gli presta la voce in studio. La terza è Antonio Ricci, che gli affidava tutte le sere una missione salvifica: «Stare dalla parte dei più deboli, difendere chi non ha i mezzi per difendersi».

     

    gero caldarelli gabibbo gero caldarelli gabibbo

    Per Gero il critico Beniamino Placido su Repubblica era arrivato a scomodare Il genio del Cristianesimo di François-René de Chateaubriand: «Scrittore originale non è colui che non imita nessuno, ma colui che nessuno riesce a imitare. E nessuno riesce a imitare il Gabibbo».

     

    In realtà, a sentire Ricci, il Gabibbo stesso è un' imitazione, essendo figlio dell' omino Michelin e di una ballerina del Muppet' s Show, «nato per tentare un esercizio impossibile: essere di sinistra senza essere stronzo e senza essere ipocrita, o perlomeno troppo ipocrita», mi spiegò Caldarelli, che si dichiarava grande amico di Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda.

     

    «Ho sempre pensato che un anarchico non deve tirare le bombe ma migliorare se stesso, perché sono i buoni individui che costruiscono il buono Stato, e allora non c' è più bisogno di abbatterlo». In lui parlava «la voce dell' insolenza», ma anche quella della mitezza. Vale la pena di riascoltarla per l' ultima volta, ora che si è spenta.

     

    Che nome è Gabibbo?

    «Viene dall' arabo habib».

     

    Ho letto che in genovese significa terrone.

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    «Sbagliato. A Genova gli immigrati per secoli sono venuti dai Paesi arabi e si chiamavano tutti habib, quindi la gente li chiamava gabibbi. Poi sono diventati gabibbi anche gli italiani che arrivavano dal Sud per lavorare all' Italsider».

     

    Quant' è alto?

    «Quant' è basso, vorrà dire.

    Io misuro 1,53. Il Gabibbo un pochino di più: 1,59. In America sulla carta d' identità saremmo entrambi classificati nani a norma di legge. Questo per dire che la stupidità non ha confini».

     

    Quanto pesa?

    «Io 63 chili, lui 73. Che possono diventare 75 quando piove e deve indossare le galosce.

    È un costume pesantuccio».

     

    Dura la vita.

    «Basta non lamentarsi. Se mi lamento infastidisco il prossimo e soffro di più».

     

    Numero di scarpe?

    «Io il 28. Lui l' 83».

     

    Segni particolari?

    «Per dargli la voce, Beccati ha imitato un suo amico genovese che ha avuto dei seri problemi».

     

    gero caldarelli gero caldarelli

    Che genere di problemi?

    «È stato in galera 18 anni. Reati vari».

     

    Sono in pochi a sapere che il Gabibbo è doppiato.

    «La gente pensa addirittura che sia una macchina. Un giorno i carabinieri fermano la troupe e chiedono a tutti un documento d' identità. Io comincio a rovistare nel borsello e il maresciallo mi fa: "Ma no, lei no, per carità. Lei è il Gabibbo! E chi non la conosce?". Potevo essere Osama Bin Laden travestito. Allo stadio di Palermo s' avvicina un tizio, spalanca la bocca del pupazzo, mi vede e urla agli amici: "Minchia, ci sta dentro un cristiano!". Che poi io non sono neppure cristiano».

     

    Ah no?

    «Nel senso che sono buddista».

     

    Da quando?

    «Dal 1986. Fino ai 18 anni sono stato cattolico come tutti. Alla fine ho trovato le risposte che cercavo nella Soka Gakkai, il movimento buddista d' origine giapponese cui aderiscono anche Roberto Baggio, Sabina Guzzanti e Tina Turner».

     

    Striscia la notizia sarebbe arrivata al 41 per cento di share senza il Gabibbo?

    «Non ce lo siamo mai chiesti. Sappiamo solo che la Rai le ha tentate tutte: i quiz show, i bambini, le zingare, Enzo Biagi. Niente da fare».

     

    Come si spiega?

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    «Se la gente crede di più al Gabibbo che ai telegiornali, non è merito del Gabibbo: è demerito dei telegiornali. Sono i tiggì a usare le veline vere. Le nostre in carne e ossa sono soltanto una parodia delle loro. Vede, la pericolosità della tv consiste nel fatto che l' imbonimento è connaturale al mezzo, perché il televisore parla da solo, non ammette dialogo. Da questo punto di vista, il telegiornale è il pericolo numero 1. Lì la tv pretende d' essere bocca della verità e dispiega tutte le sue armi, immagini e parole, per dimostrartelo».

     

    Come mai a fare giustizia in Italia sono rimasti Striscia la notizia e il Gabibbo?

    «Questa domanda la faccio io, se permette. Lascio a lei la risposta. Sos Gabibbo riceve in media 600 segnalazioni al giorno. Cittadini che supplicano: fai qualcosa! E io sono soltanto un ranocchio di moquette vermiglia, con una boccaccia orrenda, alto due spanne».

     

    L' hanno mai trattata male durante le sue incursioni?

    gabibbo gabibbo

    «I primi tempi. Ricordo le parolacce dei fattorini quando andai nella sede milanese della Dc a consegnare una bustarella gigante».

     

    Che cosa le dissero?

    «Bambolotto».

     

    Non mi pare che abbia corso un serio pericolo.

    «Le dirò: mi picchiano soltanto i bambini. Calci, pugni, pizzicotti, strattoni. Per loro è una questione tattile, come quando si fa la lotta tra fratelli. Mi menano anche i diciottenni. Tirano di quei cazzotti...».

     

    Mai subìto aggressioni vere e proprie?

    «Solo una volta, dai Ladri di biciclette, al Festival di Sanremo. Paolo Belli mi ha dato un pugno in bocca. Siccome io ho reagito con una pedata, pretendeva che gli pagassimo il conto della tintoria. Poi mi ha chiesto scusa, siamo diventati amici. I Ladri di biciclette non sopportavano che il mio Ti spacco la faccia vendesse più dei loro dischi».

     

    Mi ricordo che dopo l' uscita del 45 giri molte mamme si lamentavano perché i loro figli di 6 anni le apostrofavano con quella frase. Non si sente in colpa per questo?

    gero caldarelli libro gabibbo gero caldarelli libro gabibbo

    «Assolutamente no. Ribellarsi è giusto. Magari sono gli stessi genitori che lasciano i loro bambini davanti alla tv a vedere i manga giapponesi e le coppie che si scannano nei reality show della fascia protetta pomeridiana».

     

    La tv è buona o cattiva?

    «L' una e l' altra cosa».

     

    Più buona o più cattiva?

    «Dipende».

     

    Da che dipende?

    «È cattiva per i bambini. Non educa».

     

    Il pedagogista Antonio Faeti ha definito il Gabibbo così: «È un ovaccio rosso, rotto a metà da una bocca cannibalesca, con movenze orchesche, volgare e aggressivo. Sembra fatto apposta per tirare su degli hooligan».

    «Poteva anche criticarci, invece di adularci. È meglio la filosofia di Topo Gigio? Non so, mi sarei aspettato di più...».

     

    gero caldarelli antonio ricci gero caldarelli antonio ricci

    Enrico Ghezzi, l' ideatore di Blob, parla di «irruzione plebeo-camallistico-leghista del gabibbismo in televisione»: «Ho sempre trovato brutta Striscia la notizia, non all' altezza di altre trasmissioni di Ricci come Araba fenice o Odiens. Il Gabibbo è una sintesi mirabile tra l' avanspettacolo piccante e la maschera da tv».

    «"Mirabile" ce lo concede, meno male. Ma perché leghista? Noi siamo per il libero pensiero. Se questo è un pensiero... Strano che Ghezzi sia ancora a piede libero».

     

    gero caldarelli gabibbo gero caldarelli gabibbo

    Per chi vota il Gabibbo?

    «Ha fondato un suo partito, il Pdg, Partito del Gabibbo. Ha depositato il simbolo al ministero dell' Interno».

     

    Che cosa raffigura?

    «Un Gabibbo nascente, come il sole nel vecchio simbolo del Psi».

     

    Perché polizia e carabinieri scattano sull' attenti davanti al Gabibbo?

    «Si mettono sull' attenti davanti a 11 milioni di telespettatori. Lo sanno bene anche i ministri, che quando mi scrivono usano il lei. Altrimenti, sa i calci in culo che mi darebbero?».

     

    È dura lavorare mascherati, nell' anonimato, quando invece la tv è fatta di riflettori e notorietà?

    «All' inizio sì. Quando si matura no».

     

    Ha il complesso della bassa statura?

    «L' ho avuto fino a quando me l' hanno fatto pesare le donne».

     

    Come glielo facevano pesare?

    MASSIMO DALEMA CON IL GABIBBO MASSIMO DALEMA CON IL GABIBBO

    «Guardandomi dall' alto in basso».

     

    E adesso?

    «Sono felicemente sposato da 33 anni. Ho una figlia di 28».

     

    Invidia qualcuno?

    «No. Vorrei rinascere per fare quello che sto facendo».

     

    E il giorno che si stancherà di essere un pupazzo?

    «Mi piacerebbe continuare a scrivere per i bambini. Rappresentano il futuro, i bambini. Io sono rimasto piccolo per essere più vicino a loro».

     

    Sia sincero, Gabibbo: ma lei si sente veramente libero da tutto e da tutti?

    «Passiamo alla domanda successiva».

     

     

    2. ‘HO VISTO IL GABIBBO SUL GABINETTO’

    Filippo Facci per ‘Libero Quotidiano

     

    Ai tempi - credo il 2005 - vivevo in una casa magnifica qui a Milano, un mega-loft con un tetto di vetro che dava su un parco secolare. Sembrava un immenso studio fotografico, e infatti, da un paio d' anni, avevo preso ad affittarlo per location di vari generi: spot pubblicitari, fotografie di moda, telepromozioni, anche film e un intero programma di Sky. Si lavorava a pieno ritmo e avevo preso una persona per aprire e chiudere la porta ai vari lavoranti, che iniziavano presto e spesso occupavano e sbaraccavano con la tendenza a spaccare tutto. I soldi mi servivano, ma cominciavo a non poterne più perché avevo la casa sempre occupata da decine di persone maldestre per mestiere.

     

    filippo facci filippo facci

    Intanto facevo una vita, come si dice, dissipata: mi alzavo a mezzogiorno e spesso ero rincoglionito forte, non sapevo neanche chi avevo in casa a lavorare da ore. Decisi che era ora di finirla un giorno d' estate, quando mi alzai dalla mia camera da letto al primo piano (off limits per i lavoranti) e aprii la porta del cesso senza neanche ricordare chi stesse girando boh, un film o qualcosa del genere al piano di sotto.

     

    La scena è indimenticabile: io, in mutande e coma da risveglio, che mi ritrovo il Gabibbo seduto sul mio water. Che mi guardava. Stralunato, perché dentro la bocca si vedeva l' espressione allucinata di un tizio, Gero Caldarelli, il mimo che viveva dentro al Gabibbo praticamente dal 1990. Era sudato e pareva disperato come succede spesso ai mimi.

     

    Giù, nel living, stavano girando una telepromozione di Striscia la Notizia con le veline e tutto. Ero annebbiato e non ricordo bene, ma io e il pupazzo parlammo quasi subito dei quadri che lui dipingeva e del fatto che, tra una balla e l' altra, lui viveva lì dentro. Poi gli feci capire che il bagno mi serviva proprio.

     

    ANTONIO RICCI ANTONIO RICCI

    Dapprima mi era sembrato un coglione, uno sfigato sul mio water tutto accaldato, poi mi aveva raccontato della sua carriera (dignitosa: dal Piccolo Teatro a qualche film, sino a Drive In e poi la proposta del Gabibbo, 15 anni prima) e del fatto che alla sua vita, da ripieno, aveva dedicato un paio di libri.

     

    Un personaggio mica da poco, benché lì dentro sembrasse imprescindibilmente un coglione. Tra due giorni avrebbe compiuto 75 anni. È morto di tumore nei giorni scorsi, lo sostituirà il suo allievo, Rocco. Ci fu un tempo in cui anche i gabibbi avevano due palle così.

     

     

     

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