Ilaria Maria Sala per "La Stampa"
la repressione di occupy honk kong
Il movimento di protesta che da oltre due mesi blocca alcune delle strade centrali di Hong Kong dà segnali sempre più forti di disunione al suo interno, ma malgrado questo l’occupazione continua e non diminuisce la determinazione con cui gli attivisti lottano per ottenere il suffragio universale.
Ieri pomeriggio i tre fondatori del gruppo Occupy Hong Kong with Love and Peace, fra gli ispiratori dell’occupazione iniziata alla fine di settembre, hanno deciso di volersi costituire e riconoscere il loro «crimine» di assembramento illegale e di aver incitato altri a partecipare, e concludere con questa ammissione di responsabilità l’occupazione.
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L’annuncio è stato dato nel corso di una conferenza stampa dai toni drammatici: il reverendo Chu, un pastore metodista, a più riprese è stato incapace di trattenere le lacrime. «Dobbiamo assumerci la responsabilità morale delle nostre azioni, perché alcuni membri della polizia sono fuori controllo, e vorremmo evitare ulteriori violenze», ha detto.
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Benny Tai gli faceva eco, con la voce a tratti rotta dal pianto, mentre chiedeva «a tutti gli occupanti di lasciare al più presto questo luogo pericoloso, e proteggere loro stessi e il movimento per la democrazia». I fondatori di Occupy dunque intendono recarsi alla polizia, sottomettersi a un eventuale arresto o processo, e promuovere poi la democratizzazione di Hong Kong in altri modi.
Piccolo particolare: le centinaia che continuano a dormire in tenda, malgrado anche Hong Kong sia ormai fredda e piovosa, non hanno intenzione di obbedire al loro appello. «Ho passato gli ultimi 15 anni della mia vita a fare soldi. Poi, è nato questo movimento e mi sono reso conto di non essere il solo a desiderare la democrazia: e ora, non ho intenzione di abbandonare le strade, tornare a casa senza aver concluso nulla, e lasciare che gli studenti se la sbrighino da soli. Il mio posto è qui, a dare loro sostegno e protezione», ha commentato Daniel Chan, un occupante di 37 anni che lavora in televisione.
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Anche Joshua Wong, uno dei volti più noti del movimento, da due giorni in sciopero della fame per ottenere un dialogo con il governo, non ha intenzione di fare le valige, e ha commentato l’annuncio con queste parole: «Ho tutto il rispetto per Benny Tai e gli altri membri di Occupy. Ma ognuno di noi deve agire come meglio crede. Credo che restare qui, portare avanti il nostro sciopero della fame sia più efficace per mettere pressione sul governo».
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Per molti altri occupanti presenti, di nuovo, lo stesso messaggio: «Abbiamo meno sostegno, alcune persone si sono stancate, e tanti ci dicono di andare via. Ma questo è un cammino lungo, che non può essere interrotto così. Se la polizia ci caccerà a bastonate, è un conto. Non saremo noi ad abbandonare le nostre posizioni», ha detto Joey Siu, una volontaria, ribadendo: «Resteremo fino all’ultimo».