talebani in marcia verso kabul
Afghanistan, «A Kabul stanno facendo la lista delle donne single»
Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
talebani avanzano
«I racconti che ci arrivano sono terribili. Nostro zio è appena fuggito da Mazar-i-Sharif e ci ha riferito di talebani che si sono iniettati dell’eroina davanti a tutti prima di tagliare le teste di quelli che considerano oppositori e nemici».
Nahal ha poco più di 30 anni, ha studiato in Afghanistan e all’estero e, dopo essere rientrata nel suo Paese, oggi lavora per un’organizzazione internazionale. Vive con la sorella Mahvash e con il padre, rimasto vedovo qualche tempo fa dopo che la moglie è morta di cancro.
«Nostro papà ci ha sempre cresciute libere. Quando i talebani presero il potere la prima volta nel 1995 ci portò in Pakistan affinché potessimo studiare. E anche dopo che siamo tornate qui a Kabul la sua priorità è sempre rimasta quella: che noi avessimo un’educazione e scegliessimo la strada che preferivamo».
prigionieri dei talebani a herat
Nahal e Mahvash non si sono mai sposate come invece viene imposto a molte loro coetanee. Vivono libere, escono da sole, hanno perfino potuto andare all’estero per seguire dei corsi di aggiornamento o per fare delle esperienze lavorative. Due ragazze single, la cui vita è sempre stata risparmiata e che non hanno mai indossato il burqa. «Ora tutto questo potrebbe cambiare.
prigionieri dei talebani a herat 1
Se arrivassero i talebani probabilmente verremmo costrette a sposarci. Sappiamo che anche qui a Kabul stanno facendo delle vere e proprie liste con i nomi di tutte le ragazze nubili», raccontano con la voce piena di angoscia.
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Come molte giovani, Nahal e Mahvash, pur vivendo in una società profondamente patriarcale e pur essendo abituate a non poter fare tutto quello che vogliono, non sopportano l’idea di perdere la loro libertà.
i talebani in marcia verso kabul
«Noi dobbiamo tutto ciò a nostro padre. Ma come potremmo vivere se fossimo obbligate a stare chiuse in casa, uscendo solo in sua compagnia. Perché così funziona il sistema del guardiano: non puoi nemmeno andare a fare la spesa senza che un uomo ti accompagni». Mahvash, minore solo di qualche anno rispetto a Nahal, è assunta come giornalista per un grosso network internazionale. Come la sorella ha studiato e lavora sodo.
«Per fortuna non devo apparire in video. Così a molti parenti ho detto che faccio l’insegnante. Qui il mestiere della giornalista è molto mal visto, oltre che essere pericoloso. Si ritiene che per una donna sia conveniente diventare o maestra o dottoressa, tutto il resto è un mestiere da poco di buono. Ma io non voglio smettere di dare notizie, soprattutto ora che è importante raccontare cosa sta succedendo qui».
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Nahal e Mahvash sono angosciate. Ascoltano i resoconti delle persone per strada e credono che la fine della loro vita così come l’hanno conosciuta fin qui sia vicina. «Sentiamo tantissime storie orribili, di ragazze portate via con la forza, costrette a sposarsi con uomini che non hanno mai visto. E allora pensiamo che l’unica cosa che possiamo fare è fuggire da qui, dalla nostra casa».
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Ad aiutarle per il momento non c’è nessuno, nonostante abbiano prestato servizio sia per istituzioni che per imprese private straniere. «Siamo completamente sole», spiegano Nahal e Mahvash. Impossibile trovare un visto per fuggire. «Ci hanno consigliato di andare in Iran ma in questo momento è molto pericoloso anche solo mettersi per strada».
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