Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
aldo grasso
Non farò nomi perché il problema è più importante dei singoli. Quali sono state, finora, le migliori telecronache di questi Europei? Quelle in cui si è parlato di meno, quelle dei telecronisti meno famosi. Sono anni che la ripeto: per il protagonismo dei telecronisti e delle seconde voci, la narrazione sta diventando più importante della partita stessa.
Troppe parole, troppe inutili digressioni, troppi dettagli superflui: ci sono le immagini (sempre più belle) e loro sono rimasti alla radiocronaca! La metto così: il telecronista soffre di horror vacui, il terrore del vuoto, del silenzio. Quasi una fobia patologica che porta lo sventurato a riempire in modo compulsivo ogni parte della sua cronaca per non lasciare momenti liberi.
fabio caressa
All'inizio, la seconda voce sembrava una soluzione innovativa: le osservazioni tecniche, se pertinenti, interrompevano la tautologia. Adesso sono solo eco, pleonasmo rococò, ridondanza per iniziati. Il calcio non è il basket: ha un respiro più grande, è un racconto più disteso dove i numeri non sono così essenziali. Se i telecronisti fossero Gadda o Arbasino (quelle merveille!) non chiederei loro di asciugare la prosa, di ricercare l'essenzialità, rinunciando a una sontuosa idea di mondo, ma agli aedi di Rai, di Sky, di Mediaset, di Dazn mi sento di dare un consiglio: tagliare, tagliare, tagliare. Per non farsi mancare nulla, invece, hanno anche inventato il ruolo del bordocampista. È venuto il momento di mirare a una telecronaca più asciutta: solo così si recuperano spettatori e s' invogliano i più giovani.
LELE ADANI
Spero che i responsabili dello sport, rivedano le partite con un solo telecronista e prendano atto che la descrizione non ha perso valore: il vuoto è stato egregiamente occupato dalle immagini. Per l'eccesso di retorica, lo spettatore si sente escluso dalla partita e invece di godersela inveisce contro il telecronista. È lo sport preferito.
FABIO CARESSA