Marco Ansaldo per “la Repubblica”
un'immagine di archivio del dicembre 1983, ritrae papa giovanni paolo ii mentre parla con il suo attentatore mehmet ali agca, nel carcere di rebibbia
Spunta all'improvviso da un viottolo, in una via trafficata di Istanbul, e saluta al modo dei Lupi grigi o degli amici molto stretti in Turchia: testa contro testa, due volte, dalla parte destra e da quella sinistra. Mehmet Ali Agca non è cambiato nel tempo: magro come un chiodo, camicia e giacca scure, la voce cavernosa che tutti ricordiamo. E il suo italiano ormai perfetto, quasi ricercato, anzi. «Il Vaticano ha definito il mio attentato come il compimento del Terzo segreto di Fatima. Quel gesto fu deciso dal sistema divino.
Però, se volete cercare qualche zampino umano sulla realizzazione di quel piano... allora dovete chiedere al presidente Trump perché non rivela il dossier super segreto della Cia», dice snocciolando nuovi e fantastici dettagli sull' attentato compiuto il 13 maggio 1981, 36 anni fa esatti, sparando due colpi contro Giovanni Paolo II sulla sua papamobile.
un momento dell'intervista di sabrina ferilli per agon channel ad ali agca, che nel 1981 tento?? di uccidere giovanni paolo ii in piazza san pietro
«Fu la Gru, la polizia segreta sovietica (che si occupava di intelligence e di addestrare i terroristi stranieri, ndr.), a contattarmi attraverso il trafficante turco Bekir Celenk, amico dei bulgari. Venni così addestrato nella Siria di Hafez al Assad. Il giudice Ilario Martella, che aveva indicato la pista bulgara, aveva visto giusto. Lavorò con grande coraggio a questo argomento. Magari gli si può rivolgere qualche domanda in proposito», consiglia senza fare una piega sull'entità delle sue nuove rivelazioni.
L'ex Lupo grigio vive oggi in un appartamento alla periferia di Istanbul. Definisce la sua vita come «monastica, aiutato da amici italiani, non ho quasi nessun amico vero in questo Paese». A 60 anni, scontata la metà esatta fra carceri turche e prigioni italiane, si trova in un regime di semi-libertà, che non gli ha però impedito di uscire qualche volta dalla Turchia.
papa giovanni paolo ii con il suo attentatore mehmet ali agca
Un tempo, si trovasse nella cella di Ancona o in guardina ad Ankara, inviava bigliettini e lettere zeppe di invocazioni religiose attente però a ogni tipo di fede, frammiste a dettagli sull'attentato tutti da sciogliere e interpretare. Da libero, adesso i mezzi sono diventati più agili: messaggi Whatsapp o via email a un indirizzo concordato.
Senza escludere gli appuntamenti a tu per tu: in una grande casa nel quartiere di Florya non lontano dal campo di allenamento del Galatasaray; sotto un'alta siepe all'inquietante penombra di un giardino di Pendik, quartiere asiatico a due ore di auto dal centro della metropoli; da poco, più liberamente in un bar di Besiktas, ma senza mai dare troppo nell'occhio.
il terrorista turco ali agca che il 13 maggio 1981 sparo' contro il papa, in una foto che risale al 20 luglio dello stesso anno
Mehmet Ali parla ora con un linguaggio fluido, senza quegli intoppi forzati, le minacce velate, il fingersi pazzo e "Gesù Cristo in terra" per salvarsi da condanne sicure di magistrati come Antonio Marini, disperato quando capiva che contro la diabolica furbizia del Lupo grigio c'era ben poco da fare.
ali agca in una immagine di archivio
Quel diavolo di Agca giocò gli inquirenti che lasciarono inavvertitamente l'elenco del telefono sul tavolo dei colloqui, e l'ex killer imparò a memoria una serie di cognomi italiani facendo impallidire i suoi interlocutori che gli chiedevano dettagli sulle sue conoscenze. Fu capace di scherzare con i servizi segreti di mezzo mondo, mettendo il Kgb contro la Cia, i bulgari contro gli israeliani, ma uscendone sempre miracolosamente vivo, quando i suoi compari (come quel Celenk del quale oggi sostiene: «Fu lui a contattarmi a nome della Gru, era amico dell' ambasciatore sovietico a Sofia e operava con il loro addetto militare in Bulgaria. Aveva ottimi rapporti con il dittatore comunista Todor Jivkov, e faceva regali costosi a sua figlia Svetlana»), sono stati eliminati in carcere.
ali agca arresto
La sua ossessione è la religione. Come se l'attentato non riuscito lo avesse marchiato. Due anni fa telefonò all'improvviso: «Ciao, sono a Piazza San Pietro. Dico sul serio. Sono venuto per deporre fiori sulla tomba di Karol Wojtyla». Oggi, serissimo, scrive frasi in apparenza deliranti: «Il 13 maggio 2017 ricorre il 100° anniversario del più grande miracolo del Cristianesimo dopo il mistero del Cristo. Chiedo a Francesco di proclamare la fine del mondo, come scritto nel segreto di Fatima. Che avverrà nel secolo ventunesimo, come mi ha detto Giovanni Paolo quando mi visitò a Rebibbia».
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Altra fissazione, le ambasciate per il Vaticano: chiede di accompagnare Jorge Bergoglio nel viaggio in Egitto, e poi a Fatima, mistero di cui ritiene - forse legittimamente - di far parte dopo che la Santa Sede spiegò il Terzo segreto con il martirio del Pontefice polacco.
La sua paranoia è l' attentato.
Da sempre tutti gli chiedono di rivelare i mandanti, e da tutti deve difendersi. Davanti a un tè turco non zuccherato dice con amarezza: «Sono libero da otto anni, ma sto vivendo nell'isolamento sociale perché non riesco a identificarmi in nessun gruppo religioso, politico, ideologico». Appoggia ancora la testa con due colpi, uno a destra e uno a sinistra, e scompare in un lampo nel traffico bestiale di Istanbul.
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