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    ALLORA E’ UN VIZIO! QUANDO MELONI ATTACCAVA BANKITALIA: “L’ORO È DEGLI ITALIANI, NON DEI BANCHIERI” - DA DONNA GIORGIA BORDATE BEN PRIMA DI FAZZOLARI: NEL 2019 L’AFFONDO SULLE RISERVE AUREE: L’ITALIA ERA GOVERNATA DALL’ALLEANZA CONTE-SALVINI, E LO SPREAD COI TITOLI TEDESCHI ERA AI LIVELLI DI GUARDIA. DITE AL DUPLEX FAZZOLARI-MELONI CHE SE BANKITALIA NON FOSSE UN ENTE PUBBLICO PARTECIPATO DALLE FAMIGERATE BANCHE PRIVATE, NON AVREBBE AVUTO LA CREDIBILITÀ CHE OGGI PERMETTE AL TERZO DEBITO MONDIALE DI MANTENERE UNO SPREAD ACCETTABILE E DI…


     
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    Alessandro Barbera per la Stampa

    giorgia meloni e giovanbattista fazzolari giorgia meloni e giovanbattista fazzolari

     

    «L’oro è degli italiani, non dei banchieri!» Non occorre andare troppo indietro nel tempo per rivangare i tempi in cui Giorgia Meloni, allora leader dell’opposizione, attaccava la Banca d’Italia per le riserve auree dell’Istituto centrale.

     

    Correva il febbraio del 2019, l’Italia era governata dall’alleanza Conte-Salvini, e lo spread coi titoli tedeschi era ai livelli di guardia. I compratori di titoli pubblici italiani erano preoccupati da una legge di Bilancio in forte deficit e dalla proposta incendiaria di imporre a via Nazionale l’acquisto per legge di qualche centinaia di miliardi di debito.

     

    Tre anni dopo alla leader di Fratelli d’Italia non è bastato entrare dall’ingresso principale di Palazzo Chigi per dimenticare i toni populisti di quella campagna a braccetto coi Cinque Stelle. «La visione della Banca d’Italia riflette quella delle sue banche azioniste private», diceva due giorni fa il fedelissimo Giovanbattista Fazzolari.

     

    giovanbattista fazzolari giorgia meloni giovanbattista fazzolari giorgia meloni

    Mettiamo un attimo da parte le critiche alla prima Finanziaria Meloni, all’allentamento delle regole sul contante (una manna per gli evasori) o alla generosa tassa piatta garantita alle partite Iva. Se la Banca d’Italia non fosse autonoma dai governi che passano, se non custodisse nei suoi forzieri miliardi di lingotti d’oro, non avrebbe mai potuto acquistare e detenere - come accade oggi - quasi un quinto del debito emesso dal Tesoro italiano per conto della Banca centrale europea.

     

    Se non fosse un ente pubblico partecipato dalle famigerate banche private, non avrebbe avuto la credibilità che oggi permette al terzo debito mondiale di mantenere uno spread accettabile (ieri a 186 punti base) e di emettere buoni del tesoro a un tasso di interesse sostenibile per la sopravvivenza del governo. Dieci anni fa il famigerato governo Monti, quello che «faceva i compiti chiesti dalla Germania» (sempre Giorgia Meloni, 17 maggio 2014) non godeva di quel privilegio: per tenere a bada lo spread coi solidi Bund tedeschi dovette tagliare le pensioni.

     

    GIORGIA MELONI GIOVANBATTISTA FAZZOLARI GIORGIA MELONI GIOVANBATTISTA FAZZOLARI

    Dieci anni fa alle banche centrali non era permesso di fare le veci del mercato e di acquistare i titoli che nessun altro comprerebbe. Poi all’ultimo piano del grattacielo di Francoforte arrivò un signore italiano che vinse la resistenza dei tedeschi a fare ciò che ha sempre fatto la Federal Reserve americana. Si chiamava Mario Draghi e divenne governatore di un istituto di emissione pubblico fondato nel 1936 da un certo Benito Mussolini. A quel tempo le banche private erano sull’orlo del fallimento, e furono nazionalizzate. Ma questa è un’altra storia.

    ignazio visco foto di bacco (5) ignazio visco foto di bacco (5)

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