GIULIANO AMATO
Carlo Bertini per "la Stampa"
C'è un motivo se Enrico Letta, alla Direzione convocata in seduta comune coi gruppi Parlamentari del Pd il 13 gennaio chiederà un mandato pieno per trattare su un nome largamente condiviso per il Colle e sulla fine naturale della legislatura. E nulla più. Il segretario del Pd non sarà infatti in grado di lanciare un nome per il Quirinale, visto lo stallo delle trattative con il centrodestra. E visto che al Nazareno ormai danno per scontato che il ruolo di king maker spetterà di fatto a Silvio Berlusconi, che sta già dettando l'agenda della partita del Quirinale.
Giuliano Amato Enrico Letta
C'è poi il fattore governo che complica le cose: «Si tratta di vedere - dice il braccio destro di Letta in parlamento, Enrico Borghi - se questa maggioranza è in grado di assicurare la prosecuzione della legislatura ed eleggere un presidente della Repubblica». Tradotto, bisogna partire da quel perimetro e finire possibilmente con quello, per dare stabilità alla legislatura. Proprio nella speranza che quando si ritirerà il Cavaliere lanci un nome condiviso, Letta si tiene una carta di riserva, oltre a Draghi (che incontra resistenze nella sinistra di Orlando, Provenzano e Bersani e tra i 5stelle): una carta di prima grandezza che invece metterebbe d'accordo tutto il Pd, Giuliano Amato.
GIULIANO AMATO
Un nome di altissimo profilo, che se sostenuto da Fi, metterebbe in crisi Salvini e Meloni, che non amano il dottor Sottile, come del resto però anche i 5stelle. «I leghisti lo identificano ancora come quello del 6 per mille, che mise le mani in tasca agli italiani e i grillini come legato a Craxi e alla prima Repubblica», nota un capogruppo giallorosso, che invece voterebbe Amato e pure con entusiasmo.
meme del presepe con matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi
Sì perché il due volte premier e giudice costituzionale, riformista doc, piace molto alla sinistra d'ogni provenienza. Con D'Alema fece la staffetta a Palazzo Chigi nel 2000, Bersani lo propose a Renzi nel 2014 insieme al nome di Mattarella. Per non dire di Letta stesso, di cui è grande amico, anche perché vicino a tutto l'entourage pisano della Scuola di Sant' Anna. E pure tra i 5stelle, a quanto pare, non è detto che Amato incontri solo resistenze, se è vero che vanta un buon rapporto con Luigi Di Maio.
Quindi nel Pd si considera questa carta quasi a pari merito di quella di Draghi, favorita dalla circostanza temporale dell'elezione al vertice della Corte. Perfino papabile per un accordo con salvini, «perché con la garanzia che non si andrà a votare, il Capitano si farebbe convincere». Votare Mattarella subito Letta si sta tenendo in contatto con i suoi «alleati» Giuseppe Conte e Roberto Speranza, per non rompere il fronte. Ma la mossa dei gruppi 5stelle di lanciare il nome di Mattarella come candidato di bandiera rompe l'asse giallorosso.
giuliano amato
Creando più di una tentazione tra i grandi elettori del Pd a votare il presidente uscente fin dalla prima votazione, anche se l'ordine di scuderia fosse quello di votare scheda bianca per impedire che vi siano franchi tiratori pronti a votare il Cavaliere. «I 5stelle - nota Stefano Ceccanti del Pd - hanno fatto bene a dire di votare Mattarella, una mossa tattica per evitare che qualcuno di loro voti Berlusconi in funzione anti-Draghi. Se qualcuno di loro lo voterà fin dalla prima chiama, pure qualcuno di noi lo farà».
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Ma c'è chi frena: «Se il nome è Mattarella, deve essere votato da tutti», si indigna Federico Fornaro, capogruppo di Leu. «Io rispetto la sua scelta di non dirsi disponibile a un bis. Detto ciò, in determinate condizioni, potrebbe tornare in campo, ma non è un nome da usare per un posizionamento».