LETTERMAN INTERVISTA HILLARY CLINTON SU COMMISSIONE 11 SETTEMBRE E IRAQ: "CI TROVIAMO IN UNA REGIONE DEL MONDO CHE HA UNA CULTURA E UNA STORIA DIVERSA. NON POSSIAMO ARRIVARE LÌ A DIRE COME DEVONO COMPORTARSI SOLO PERCHÉ SIAMO NOI A DIRLO."
- Direttamente dal canale satellitare Rai Sat Extra, l'intervista di Dave letterman a Hillary Clinton.
Dave - Il libro della nostra prima ospite è l'autobiografia di un politico più venduta di tutti i tempi. S'intitola 'La mia vita. La mia storia' ed è già disponibile in versione economica.
Signore e signori, diamo il benvenuto al senatore Hillary Rodham Clinton. Bentornata. Il libro è andato a ruba, vero?
- E' andato benissimo.
Dave - Dell'edizione rilegata quante copie ha venduto?
- Circa un milione e mezzo.
Dave - Un milione e mezzo in questo paese e nel mondo, sa qual è il totale?
- Circa tre milioni.
..
Dave - Parliamo adesso della commissione sull'11 settembre. Suppongo che il rapporto sull'inchiesta sarà pubblicato dopo le elezioni, è questa la previsione?
- In realtà, si tenterà di diffonderlo entro la fine di luglio, per ora, il proposito è questo e credo che intendano mantenerlo.
Dave - Quindi sarà pronto prima delle elezioni.
- L'intenzione è questa.
Dave - Questa commissione servirà a qualcosa? sarà utile?
Ci riempiranno di parole vuote o ci fornirà informazioni preziose?
- Credo fermamente che stia svolgendo un lavoro prezioso ed encomiabile, in particolare i due presidenti, l'ex governatore Keane e il deputato Hamilton. Penso che stiano conducendo uno studio molto obiettivo e indipendente, cosa molto difficile, perché siamo in un periodo molto delicato ma credo che non avranno reticenze nel dirci cosa avremmo potuto o dovuto fare diversamente riguardo alla difesa dello spazio aereo o anche al controllo all'imbarco dei passeggeri. Ci sono tante altre questioni sulle quali argomentare. Ritengo che sarà molto utile per il paese.
Dave - Ci fu qualcosa del genere dopo l'attacco a Pearl Harbor?
A dire il vero, sì: ci fu la commissione su Pearl Harbor che si mise subito all'opera;
ci fu anche una commissione, voluta dal presidente Reagan quando morirono quei Marines a Beirut, quando fu bombardata la loro base in Libano. Il presidente Reagan incaricò una commissione totalmente bipartisan, chiedendo di conoscere i risultati dell'indagine al più presto. Cosa che la commissione fece, quindi, abbiamo ottimi precedenti al riguardo e non dovremmo temere di fare domande scomode. Inoltre, considerato quel che abbiamo subito l'11 settembre in questa città e in tutta la nazione, se non avremo la lucidità di dire a noi stessi che dobbiamo imparare dagli errori passati per migliorare, non so cosa potremmo aspettarci.
Dave - Questi due esempi che ha appena citato, le commissioni su Pearl Harbor e del presidente Reagan, hanno portato a dei cambiamenti? Abbiamo imparato qualcosa dall'esito di quelle indagini?
- Sì, da entrambe e credo che impareremo qualcosa anche da quella attuale. Resterei molto delusa se l'opinione pubblica americana lo ritenesse uno sforzo inutile.
Dave - Conosce Richard Clarke?
- Sì
Dave - Che tipo di persona è?
E' un uomo di forti convinzioni. E' un uomo molto coinvolto, è la persona più indicata per occuparsi di terrorismo, non sempre ci si troverebbe d'accordo con lui: potrebbe avanzare proposte che per diversi motivi non sarebbero attuabili ma sarebbe rassicurante se ci fosse una persona come lui ad occuparsi di certe questioni.
Dave - Quando è stato chiamato a testimoniare, e mi corregga se sbaglio, nel corso della sua premessa, ha chiesto scusa di essere un membro dell'amministrazione che ha fallito nei confronti dell'America per non aver impedito gli attacchi dell'11 settembre, dopodiché ha proseguito con la sua testimonianza. Ma fu quella dichiarazione che rimase impressa
e la gente ha iniziato a chiedersi come mai non si scusassero anche le altre cariche istituzionali. Inoltre, in quello stesso periodo, è uscito il suo libro e mi sono chiesto quanto fossero sincere e sentite le sue scuse e quanto costituisse per lui un mezzo per mettere in imbarazzo il governo e prenderne le distanze e al tempo stesso promuovere il suo libro
- Non ho parlato con lui, non ne ho una conoscenza diretta ma, basandomi su ciò che so di lui, ritengo che fosse sincero. Credo che sia stato ispirato da un profondo senso del dovere e dalla terribile sensazione che avrebbe potuto fare di più, se avesse lavorato 18 ore al giorno. Credo proprio che lui, come tante altre persone in questa e in altre amministrazioni, sentisse profondamente la propria responsabilità e, avendo l'occasione di poter parlare pubblicamente di fronte a una platea in cui erano presenti i familiari delle vittime, penso che gli sia sembrato opportuno farlo
Dave - Al suo posto, e dio ci scampi dal farmi mai avere una tale responsabilità, reagirei come ha appena detto lei prima. E sentendomi sopraffatto dai sensi di colpa, avrei indetto una conferenza stampa separata, invitando i familiari o chiunque ritenessi opportuno, esprimendo loro il mio rammarico e le mie scuse in quella sede, piuttosto di approfittare della commissione sull'11 settembre, soprattutto durante la stessa settimana quella precedente alla pubblicazione del mio futuro best-seller
- Io ho letto il libro e trovo che rifletta benissimo non solo gli ultimi due anni e mezzo, ma gli ultimi 20 anni. Inoltre, grazie al suo libro ho appreso molte cose: c'erano diversi episodi di cui non ero a conoscenza. Per esempio, c'è un paragrafo in cui racconta di non essere mai riuscito ad accertare il legame tra Terry Nichols, l'attentatore di Oklahoma City e Al Qaeda, di cui io non avevo mai sentito parlare. Perciò il suo libro contiene molte rivelazioni e da quanto ne so, avrebbe voluto che fosse pubblicato prima, ma facendo parte di un ente del governo e avendo accesso a documenti riservati, ha dovuto ottenere il nulla osta
Dave - Quindi, in questo caso sono troppo cinico?
No, no, insomma, essere cinici, essere scettici, fa parte del carattere degli americani
avremmo molto da perdere se la gente non facesse domande scomode e non ci fossero dei confronti. Una delle cose che mi infastidisce di più è che in questo momento ci venga chiesto di stare buoni, di non sollevare questioni e non chiedere, per esempio, che cosa si poteva fare di diverso. Ma questo significa essere americani. Dobbiamo discutere e porre queste domande.
Dave. Non avevo pensato, prima delle sue scuse, che forse era la cosa più opportuna, ma, ovviamente, questo punta maggiormente i riflettori sul presidente.
Non avrebbe dovuto, prima, dopo o in contemporanea, scusarsi anche lui?
Insomma, credo che il gesto sarebbe apprezzato, no? e comunque non significa che se ne assuma la colpa o la responsabilità.
- Certo.
Dave - Porgere le scuse a ciascuna delle persone le cui vite sono state stravolte in modo orrendo, non sarebbe apprezzabile?
- Però io credo che non solo il presidente, ma molte altre delle alte cariche di governo, abbiamo espresso il proprio rincrescimento. Istituire questa commissione al fine di chiarire che se c'era qualcosa da fare e non era stato fatto, serve a trarne una lezione. Quindi, in un certo senso, si è esso in moto un meccanismo, esplicito o implicito, con cui, chiunque abbia delle responsabilità in questo governo, ribadisce che dobbiamo fare il possibile per evitare che accada di nuovo. La questione secondo me è c'è ancora molto da fare: i nostri porti, le nostre frontiere, c'è ancora molto da fare ma non solo a livello governativo e federale. Ovviamente è compito dei nostri vigili del fuoco, degli agenti di polizia ma anche dei cittadini, bisogna tenere gli occhi aperti. Tutto questo ha ribaltato il nostro modo di pensare e credo che ciascuno abbia adottato modi diversi per andare avanti e non ho.. non potrei chiedere a nessuno di fare qualcosa se non lo ritiene adeguato o se non se la sente.
Dave - Come saprà, quando è stato qui, suo marito ha detto che si trovava in Australia al momento degli attacchi e disse anche di aver capito subito che era opera di Osama Bin Laden. Quindi, è logico chiedersi se lui e il suo governo siano meno responsabili di George Bush e il suo governo riguardo all'11 settembre.
- Credo che tutti i presidenti e i ministri di tutti i governi a partire, probabilmente dagli anni '70, se non addirittura prima, dovrebbero chiedersi se non si sono lasciati sfuggire qualcosa. So che mio marito era ossessionato dall'idea di prevenire eventuali attacchi intorno al nuovo millennio e ci è riuscito: furono messi tutto e tutti in massima allerta, erano tutti concentrati a evitare che certi gruppi portassero a termine i loro piani di sferrare i loro attacchi qui e in giro per il mondo, ma questa era una cosa impensabile in America e in effetti, avremmo avuto non poche difficoltà a convincere non solo il Congresso ma i nostri concittadini, per esempio, a togliersi le scarpe prima di salire in aereo. Sarebbe stata una misura impossibile da far adottare.
Dave - Io lo facevo già da anni
- A lei dovevano chiedere di mettersi le scarpe se voleva salire in aereo.
Dave - Cosa succederà il 30 giugno? Cosa succederà veramente? Noteremo una differenza, cosa che mi auguro ardentemente, perché come sa ogni giorno, basta accendere la radio per sentire che sono morti altri dieci Marine, altri 5 americani, altri civili uccisi. Cambieranno le cose il 30 giugno?
- Lo spero ma credo che nessuno possa esserne certo. Una delle questioni ricorrenti con il governo, quando ha riferito al senato davanti al comitato delle forze armate e in altre occasioni, è quella di cercare di farci dire esattamente cosa succederà e la verità è che il governo non lo sa. Si stanno adoperando per il trasferimento dei poteri cosa che ormai tutti si aspettano perché la data è stata fissata; si adoperano per fare del loro meglio nell'addestrare le forze di sicurezza irachene e abbiamo visto che oggi si tenterà di trasferire queste forze a Fallujah in sostituzione dei nostri soldati, quindi si stanno facendo degli sforzi in vista di una transizione, e per fortuna adesso ci saranno anche le Nazioni Unite, il che contribuirà a dare una svolta e una più ampia legittimazione internazionale. Comunque non sappiamo ancora chi assumerà il comando e non sappiamo come ci tratteranno perché comunque resteremo lì.
Dave - Quanti soldati americani ci sono adesso in Iraq, 130.000, all'incirca?
- Sì e in effetti il loro numero potrebbe aumentare un po' perché molti di quelli che si trovano lì dovevano tornare ma la loro partenza è stata posticipata.
Dave - Dopo il 30 giugno quindi, ce ne saranno sempre altrettanti
- Credo di sì, per qualche tempo. Ovviamente vogliamo riportare a casa gli uomini e le donne che si trovano lì da più di un anno. Il piano originario prevedeva la permanenza in loco di un anno e poi sarebbero tornati ma a causa dell'insorgere dei disordini e vista l'incertezza in cui avverrà la transizione credo che il generale Abizaid, che è un grand'uomo ed è il comandante attuale, abbia detto che era necessario rallentare i rientri e inviare più truppe. Questo è uno dei misteri: non capisco perché non siano state mandate più truppe dall'inizio per cercare di stabilizzare la regione. Ma questo è quanto e ora dobbiamo studiare un piano per andare avanti e cercare di portare a termine la missione
Dave - Quanto è concreto il timore che dopo il 30 giugno e man mano che la presenza americana diminuirà nel tempo, che possa andare tutto in malora? Che probabilità ci sono?
- Credo sia un'eventualità presa in considerazione. Secondo me, bisogna sempre sperare per il meglio e prepararsi al peggio. Non si può ignorare la possibilità che vada tutto in malora: la nostra speranza è anche di ovviare ad alcuni degli errori commessi in passato, come sbarazzarsi di tutti i membri del partito Baath, cosa che il governo ha ritenuto necessaria, e ci si è sbarazzati non solo di soldati e funzionari ma anche di medici, infermieri, insegnanti e così via, ma ora li stiamo reintegrando. C'è un ex generale dell'esercito iracheno che ora è al comando delle forze a Fallujah, perciò stiamo cercando di trasferire l'autorità, civile e militare, all'interno di una struttura in cui la forza militare americana continui a contribuire alla sicurezza, per vedere o meno se questo genere di governo funziona.
Dave - Il principio che era stato sbandierato e che credo si sia sovrapposto ai motivi per occupare l'Iraq erano le armi di distruzione di massa e la follia di Saddam Hussein, ma che lo scopo di stabilizzare l'Iraq insediandovi una forma di governo democratico doveva essere il primo passo per stabilizzare quella regione del mondo.
È vero tutto ciò? Crede veramente che le cose stiano così?
- Io credo che.. insomma, è un obiettivo valido. E' ovvio che riuscendo ad ottenere un Iraq democratico, in gradi di vivere in pace coi suoi vicini, che non miri a destabilizzare la regione, sarebbe una gran cosa per gli iracheni e per i loro vicini, il che potrebbe riflettersi su paesi come l'Iran e la Siria . E' un bel sogno e non credo che ci sia qualcuno che possa dire 'Non vogliamo che accada. Torniamo alla dittatura', ovviamente.
Dave. C'è una possibilità che funzioni?
- Credo sia troppo presto per dirlo, Dave, ma la cosa più importante adesso è che il nostro intervento funzioni, sia che gli altri fossero d'accordo o meno su quanto è successo, ormai bisogna fare tutto il possibile. John Kerry oggi ha detto una bella frase in un suo discorso di politica estera. Ha detto che dobbiamo mettere da parte l'orgoglio. Non c'è posto per il falso orgoglio in questa storia. Ci troviamo in una regione del mondo che ha una cultura diversa, una storia diversa e dobbiamo essere disposti a conoscerle. Non possiamo arrivare lì a dire come devono comportarsi solo perché siamo noi a dirlo. Dobbiamo lavorare insieme agli altri, costruire certezze, guadagnarci la loro fiducia. E' un progetto dai tempi molto lunghi; è un obiettivo valido ma richiede un processo a lunga scadenza.
Dave - C'è la possibilità che tra 40, 50 anni possa funzionare e che George Bush sia definito lungimirante?
- E' possibile. Avrei appoggiato maggiormente la marcia verso questo obiettivo se non ci fossero stati tanti errori nel corso della sua attuazione e tante occasioni mancate. Ma è un obiettivo condivisibile e nessuno deve dire che non vogliamo che gli iracheni ottengano la libertà e la democrazia. Non è solo nel loro interesse ma anche nel nostro, perciò dobbiamo ritenere responsabile il nostro governo per come cerca di attuare tutto ciò e credo che tutti sappiano cosa molti di noi vogliono fare, il senatore Kerry, io e altri, vogliamo solo cercare il modo per far sì che le cose funzionino, senza continuare a rifare sempre le stesse cose. Così adesso il governo ha dovuto fare marcia indietro e ha dovuto mandare altre truppe laggiù che dovranno restarci. Molti di noi hanno continuato a ribadirlo finché alla fine lo hanno fatto. Avevamo detto d'inviare laggiù l'ONU, la NATO e altri forze multinazionali in modo che tutti si sentissero coinvolti. Non vogliamo che gli altri rimangano da una parte con le braccia incrociate a sperare che l'America possa fallire perché questo non è positivo per il mondo arabo, il mondo islamico, per l'Europa e per nessuno
Dave - E la Spagna? È un problema, non lo è? possiamo infischiarcene?
- E' una democrazia, gli altri guardano la nostra democrazia e non sono d'accordo con le decisioni che prendiamo. La Spagna è un potente alleato e lo è sempre stato. Io o lei possiamo non essere d'accordo con la loro decisione di richiamare le truppe ma quell'uomo ha basato la sua campagna su quel punto e noi non possiamo mettere in discussioni le decisioni di un leader eletto democraticamente. Ci auguriamo che la Spagna torni in Iraq all'interno di una forza multinazionale ONU . Ci auguriamo che la Spagna partecipi attivamente alla guerra al terrorismo. Finora hanno fatto un ottimo lavoro arrestando i responsabili delle bombe sul treno e hanno anche scovato alcune persone coinvolte nell'11 settembre, quindi, stanno fornendo un contributo importante alla guerra al terrorismo e spero che tornino a contribuire militarmente.
Dave - Negli ultimi 4 o 5 mesi si dice che tutto sommato le cose vanno molto meglio e c'è una maggiore stabilità in Iraq. È vero o lo dicono solo per controbilanciare l'orrendo e tetro elenco di morti quotidiano?
- Credo che in molte aree del paese questo sia vero. Sicuramente nelle zone curde del nord si sono fatti dei passi avanti. Lo stesso dicasi per molte zone del sud e persino del cosiddetto 'triangolo sunnita' abbiamo ottenuto qualche progresso. C'è ancora molto da fare, ma ci sono ancora delle sacche di resistenza e non si tratta solo di iracheni che appoggiano Saddam Hussein o che sono scontenti della nostra presenza. Si tratta di guerrieri stranieri. Sono terroristi che cercano di crearsi un punto d'appoggio fomentando l'odio contro di noi e ci saranno ancora zone a rischio. Perdere uno solo dei nostri soldati è una tragedia e dobbiamo fare tutto il possibile per aumentare la sicurezza affinché i nostri giovani, uomini e donne, non sacrifichino più la loro vita in questa misura spaventosa
Dave - E' sempre un grande piacere averla tra noi. Questo è il libro 'La mia vita. La mia storia', compratelo perché vogliamo assicurarci che ne venda più di suo marito. Tanto per movimentare le cose a casa...
- Mi sta mettendo in un mare di guai.
Dave - No, no, se la caverà.
- Prima che vada, come sta Harry (il neonato di Dave, ndD)?
Dave - A meraviglia.
- Mi fa piacere.
Dave - Come ho già detto, Harry ha sei mesi ed è eccezionale. È un dono che non avrei mai immaginato di ricevere e di cui ancora non mi capacito.
- E' un miracolo.
Dave - E' stato un vero piacere
- Grazie.
Dave - E' stato bello rivederla
- Il piacere è tutto mio.
Dagospia 02 Maggio 2004
Dave - Il libro della nostra prima ospite è l'autobiografia di un politico più venduta di tutti i tempi. S'intitola 'La mia vita. La mia storia' ed è già disponibile in versione economica.
Signore e signori, diamo il benvenuto al senatore Hillary Rodham Clinton. Bentornata. Il libro è andato a ruba, vero?
- E' andato benissimo.
Dave - Dell'edizione rilegata quante copie ha venduto?
- Circa un milione e mezzo.
Dave - Un milione e mezzo in questo paese e nel mondo, sa qual è il totale?
- Circa tre milioni.
..
Dave - Parliamo adesso della commissione sull'11 settembre. Suppongo che il rapporto sull'inchiesta sarà pubblicato dopo le elezioni, è questa la previsione?
- In realtà, si tenterà di diffonderlo entro la fine di luglio, per ora, il proposito è questo e credo che intendano mantenerlo.
Dave - Quindi sarà pronto prima delle elezioni.
- L'intenzione è questa.
Dave - Questa commissione servirà a qualcosa? sarà utile?
Ci riempiranno di parole vuote o ci fornirà informazioni preziose?
- Credo fermamente che stia svolgendo un lavoro prezioso ed encomiabile, in particolare i due presidenti, l'ex governatore Keane e il deputato Hamilton. Penso che stiano conducendo uno studio molto obiettivo e indipendente, cosa molto difficile, perché siamo in un periodo molto delicato ma credo che non avranno reticenze nel dirci cosa avremmo potuto o dovuto fare diversamente riguardo alla difesa dello spazio aereo o anche al controllo all'imbarco dei passeggeri. Ci sono tante altre questioni sulle quali argomentare. Ritengo che sarà molto utile per il paese.
Dave - Ci fu qualcosa del genere dopo l'attacco a Pearl Harbor?
A dire il vero, sì: ci fu la commissione su Pearl Harbor che si mise subito all'opera;
ci fu anche una commissione, voluta dal presidente Reagan quando morirono quei Marines a Beirut, quando fu bombardata la loro base in Libano. Il presidente Reagan incaricò una commissione totalmente bipartisan, chiedendo di conoscere i risultati dell'indagine al più presto. Cosa che la commissione fece, quindi, abbiamo ottimi precedenti al riguardo e non dovremmo temere di fare domande scomode. Inoltre, considerato quel che abbiamo subito l'11 settembre in questa città e in tutta la nazione, se non avremo la lucidità di dire a noi stessi che dobbiamo imparare dagli errori passati per migliorare, non so cosa potremmo aspettarci.
Dave - Questi due esempi che ha appena citato, le commissioni su Pearl Harbor e del presidente Reagan, hanno portato a dei cambiamenti? Abbiamo imparato qualcosa dall'esito di quelle indagini?
- Sì, da entrambe e credo che impareremo qualcosa anche da quella attuale. Resterei molto delusa se l'opinione pubblica americana lo ritenesse uno sforzo inutile.
Dave - Conosce Richard Clarke?
- Sì
Dave - Che tipo di persona è?
E' un uomo di forti convinzioni. E' un uomo molto coinvolto, è la persona più indicata per occuparsi di terrorismo, non sempre ci si troverebbe d'accordo con lui: potrebbe avanzare proposte che per diversi motivi non sarebbero attuabili ma sarebbe rassicurante se ci fosse una persona come lui ad occuparsi di certe questioni.
Dave - Quando è stato chiamato a testimoniare, e mi corregga se sbaglio, nel corso della sua premessa, ha chiesto scusa di essere un membro dell'amministrazione che ha fallito nei confronti dell'America per non aver impedito gli attacchi dell'11 settembre, dopodiché ha proseguito con la sua testimonianza. Ma fu quella dichiarazione che rimase impressa
e la gente ha iniziato a chiedersi come mai non si scusassero anche le altre cariche istituzionali. Inoltre, in quello stesso periodo, è uscito il suo libro e mi sono chiesto quanto fossero sincere e sentite le sue scuse e quanto costituisse per lui un mezzo per mettere in imbarazzo il governo e prenderne le distanze e al tempo stesso promuovere il suo libro
- Non ho parlato con lui, non ne ho una conoscenza diretta ma, basandomi su ciò che so di lui, ritengo che fosse sincero. Credo che sia stato ispirato da un profondo senso del dovere e dalla terribile sensazione che avrebbe potuto fare di più, se avesse lavorato 18 ore al giorno. Credo proprio che lui, come tante altre persone in questa e in altre amministrazioni, sentisse profondamente la propria responsabilità e, avendo l'occasione di poter parlare pubblicamente di fronte a una platea in cui erano presenti i familiari delle vittime, penso che gli sia sembrato opportuno farlo
Dave - Al suo posto, e dio ci scampi dal farmi mai avere una tale responsabilità, reagirei come ha appena detto lei prima. E sentendomi sopraffatto dai sensi di colpa, avrei indetto una conferenza stampa separata, invitando i familiari o chiunque ritenessi opportuno, esprimendo loro il mio rammarico e le mie scuse in quella sede, piuttosto di approfittare della commissione sull'11 settembre, soprattutto durante la stessa settimana quella precedente alla pubblicazione del mio futuro best-seller
- Io ho letto il libro e trovo che rifletta benissimo non solo gli ultimi due anni e mezzo, ma gli ultimi 20 anni. Inoltre, grazie al suo libro ho appreso molte cose: c'erano diversi episodi di cui non ero a conoscenza. Per esempio, c'è un paragrafo in cui racconta di non essere mai riuscito ad accertare il legame tra Terry Nichols, l'attentatore di Oklahoma City e Al Qaeda, di cui io non avevo mai sentito parlare. Perciò il suo libro contiene molte rivelazioni e da quanto ne so, avrebbe voluto che fosse pubblicato prima, ma facendo parte di un ente del governo e avendo accesso a documenti riservati, ha dovuto ottenere il nulla osta
Dave - Quindi, in questo caso sono troppo cinico?
No, no, insomma, essere cinici, essere scettici, fa parte del carattere degli americani
avremmo molto da perdere se la gente non facesse domande scomode e non ci fossero dei confronti. Una delle cose che mi infastidisce di più è che in questo momento ci venga chiesto di stare buoni, di non sollevare questioni e non chiedere, per esempio, che cosa si poteva fare di diverso. Ma questo significa essere americani. Dobbiamo discutere e porre queste domande.
Dave. Non avevo pensato, prima delle sue scuse, che forse era la cosa più opportuna, ma, ovviamente, questo punta maggiormente i riflettori sul presidente.
Non avrebbe dovuto, prima, dopo o in contemporanea, scusarsi anche lui?
Insomma, credo che il gesto sarebbe apprezzato, no? e comunque non significa che se ne assuma la colpa o la responsabilità.
- Certo.
Dave - Porgere le scuse a ciascuna delle persone le cui vite sono state stravolte in modo orrendo, non sarebbe apprezzabile?
- Però io credo che non solo il presidente, ma molte altre delle alte cariche di governo, abbiamo espresso il proprio rincrescimento. Istituire questa commissione al fine di chiarire che se c'era qualcosa da fare e non era stato fatto, serve a trarne una lezione. Quindi, in un certo senso, si è esso in moto un meccanismo, esplicito o implicito, con cui, chiunque abbia delle responsabilità in questo governo, ribadisce che dobbiamo fare il possibile per evitare che accada di nuovo. La questione secondo me è c'è ancora molto da fare: i nostri porti, le nostre frontiere, c'è ancora molto da fare ma non solo a livello governativo e federale. Ovviamente è compito dei nostri vigili del fuoco, degli agenti di polizia ma anche dei cittadini, bisogna tenere gli occhi aperti. Tutto questo ha ribaltato il nostro modo di pensare e credo che ciascuno abbia adottato modi diversi per andare avanti e non ho.. non potrei chiedere a nessuno di fare qualcosa se non lo ritiene adeguato o se non se la sente.
Dave - Come saprà, quando è stato qui, suo marito ha detto che si trovava in Australia al momento degli attacchi e disse anche di aver capito subito che era opera di Osama Bin Laden. Quindi, è logico chiedersi se lui e il suo governo siano meno responsabili di George Bush e il suo governo riguardo all'11 settembre.
- Credo che tutti i presidenti e i ministri di tutti i governi a partire, probabilmente dagli anni '70, se non addirittura prima, dovrebbero chiedersi se non si sono lasciati sfuggire qualcosa. So che mio marito era ossessionato dall'idea di prevenire eventuali attacchi intorno al nuovo millennio e ci è riuscito: furono messi tutto e tutti in massima allerta, erano tutti concentrati a evitare che certi gruppi portassero a termine i loro piani di sferrare i loro attacchi qui e in giro per il mondo, ma questa era una cosa impensabile in America e in effetti, avremmo avuto non poche difficoltà a convincere non solo il Congresso ma i nostri concittadini, per esempio, a togliersi le scarpe prima di salire in aereo. Sarebbe stata una misura impossibile da far adottare.
Dave - Io lo facevo già da anni
- A lei dovevano chiedere di mettersi le scarpe se voleva salire in aereo.
Dave - Cosa succederà il 30 giugno? Cosa succederà veramente? Noteremo una differenza, cosa che mi auguro ardentemente, perché come sa ogni giorno, basta accendere la radio per sentire che sono morti altri dieci Marine, altri 5 americani, altri civili uccisi. Cambieranno le cose il 30 giugno?
- Lo spero ma credo che nessuno possa esserne certo. Una delle questioni ricorrenti con il governo, quando ha riferito al senato davanti al comitato delle forze armate e in altre occasioni, è quella di cercare di farci dire esattamente cosa succederà e la verità è che il governo non lo sa. Si stanno adoperando per il trasferimento dei poteri cosa che ormai tutti si aspettano perché la data è stata fissata; si adoperano per fare del loro meglio nell'addestrare le forze di sicurezza irachene e abbiamo visto che oggi si tenterà di trasferire queste forze a Fallujah in sostituzione dei nostri soldati, quindi si stanno facendo degli sforzi in vista di una transizione, e per fortuna adesso ci saranno anche le Nazioni Unite, il che contribuirà a dare una svolta e una più ampia legittimazione internazionale. Comunque non sappiamo ancora chi assumerà il comando e non sappiamo come ci tratteranno perché comunque resteremo lì.
Dave - Quanti soldati americani ci sono adesso in Iraq, 130.000, all'incirca?
- Sì e in effetti il loro numero potrebbe aumentare un po' perché molti di quelli che si trovano lì dovevano tornare ma la loro partenza è stata posticipata.
Dave - Dopo il 30 giugno quindi, ce ne saranno sempre altrettanti
- Credo di sì, per qualche tempo. Ovviamente vogliamo riportare a casa gli uomini e le donne che si trovano lì da più di un anno. Il piano originario prevedeva la permanenza in loco di un anno e poi sarebbero tornati ma a causa dell'insorgere dei disordini e vista l'incertezza in cui avverrà la transizione credo che il generale Abizaid, che è un grand'uomo ed è il comandante attuale, abbia detto che era necessario rallentare i rientri e inviare più truppe. Questo è uno dei misteri: non capisco perché non siano state mandate più truppe dall'inizio per cercare di stabilizzare la regione. Ma questo è quanto e ora dobbiamo studiare un piano per andare avanti e cercare di portare a termine la missione
Dave - Quanto è concreto il timore che dopo il 30 giugno e man mano che la presenza americana diminuirà nel tempo, che possa andare tutto in malora? Che probabilità ci sono?
- Credo sia un'eventualità presa in considerazione. Secondo me, bisogna sempre sperare per il meglio e prepararsi al peggio. Non si può ignorare la possibilità che vada tutto in malora: la nostra speranza è anche di ovviare ad alcuni degli errori commessi in passato, come sbarazzarsi di tutti i membri del partito Baath, cosa che il governo ha ritenuto necessaria, e ci si è sbarazzati non solo di soldati e funzionari ma anche di medici, infermieri, insegnanti e così via, ma ora li stiamo reintegrando. C'è un ex generale dell'esercito iracheno che ora è al comando delle forze a Fallujah, perciò stiamo cercando di trasferire l'autorità, civile e militare, all'interno di una struttura in cui la forza militare americana continui a contribuire alla sicurezza, per vedere o meno se questo genere di governo funziona.
Dave - Il principio che era stato sbandierato e che credo si sia sovrapposto ai motivi per occupare l'Iraq erano le armi di distruzione di massa e la follia di Saddam Hussein, ma che lo scopo di stabilizzare l'Iraq insediandovi una forma di governo democratico doveva essere il primo passo per stabilizzare quella regione del mondo.
È vero tutto ciò? Crede veramente che le cose stiano così?
- Io credo che.. insomma, è un obiettivo valido. E' ovvio che riuscendo ad ottenere un Iraq democratico, in gradi di vivere in pace coi suoi vicini, che non miri a destabilizzare la regione, sarebbe una gran cosa per gli iracheni e per i loro vicini, il che potrebbe riflettersi su paesi come l'Iran e la Siria . E' un bel sogno e non credo che ci sia qualcuno che possa dire 'Non vogliamo che accada. Torniamo alla dittatura', ovviamente.
Dave. C'è una possibilità che funzioni?
- Credo sia troppo presto per dirlo, Dave, ma la cosa più importante adesso è che il nostro intervento funzioni, sia che gli altri fossero d'accordo o meno su quanto è successo, ormai bisogna fare tutto il possibile. John Kerry oggi ha detto una bella frase in un suo discorso di politica estera. Ha detto che dobbiamo mettere da parte l'orgoglio. Non c'è posto per il falso orgoglio in questa storia. Ci troviamo in una regione del mondo che ha una cultura diversa, una storia diversa e dobbiamo essere disposti a conoscerle. Non possiamo arrivare lì a dire come devono comportarsi solo perché siamo noi a dirlo. Dobbiamo lavorare insieme agli altri, costruire certezze, guadagnarci la loro fiducia. E' un progetto dai tempi molto lunghi; è un obiettivo valido ma richiede un processo a lunga scadenza.
Dave - C'è la possibilità che tra 40, 50 anni possa funzionare e che George Bush sia definito lungimirante?
- E' possibile. Avrei appoggiato maggiormente la marcia verso questo obiettivo se non ci fossero stati tanti errori nel corso della sua attuazione e tante occasioni mancate. Ma è un obiettivo condivisibile e nessuno deve dire che non vogliamo che gli iracheni ottengano la libertà e la democrazia. Non è solo nel loro interesse ma anche nel nostro, perciò dobbiamo ritenere responsabile il nostro governo per come cerca di attuare tutto ciò e credo che tutti sappiano cosa molti di noi vogliono fare, il senatore Kerry, io e altri, vogliamo solo cercare il modo per far sì che le cose funzionino, senza continuare a rifare sempre le stesse cose. Così adesso il governo ha dovuto fare marcia indietro e ha dovuto mandare altre truppe laggiù che dovranno restarci. Molti di noi hanno continuato a ribadirlo finché alla fine lo hanno fatto. Avevamo detto d'inviare laggiù l'ONU, la NATO e altri forze multinazionali in modo che tutti si sentissero coinvolti. Non vogliamo che gli altri rimangano da una parte con le braccia incrociate a sperare che l'America possa fallire perché questo non è positivo per il mondo arabo, il mondo islamico, per l'Europa e per nessuno
Dave - E la Spagna? È un problema, non lo è? possiamo infischiarcene?
- E' una democrazia, gli altri guardano la nostra democrazia e non sono d'accordo con le decisioni che prendiamo. La Spagna è un potente alleato e lo è sempre stato. Io o lei possiamo non essere d'accordo con la loro decisione di richiamare le truppe ma quell'uomo ha basato la sua campagna su quel punto e noi non possiamo mettere in discussioni le decisioni di un leader eletto democraticamente. Ci auguriamo che la Spagna torni in Iraq all'interno di una forza multinazionale ONU . Ci auguriamo che la Spagna partecipi attivamente alla guerra al terrorismo. Finora hanno fatto un ottimo lavoro arrestando i responsabili delle bombe sul treno e hanno anche scovato alcune persone coinvolte nell'11 settembre, quindi, stanno fornendo un contributo importante alla guerra al terrorismo e spero che tornino a contribuire militarmente.
Dave - Negli ultimi 4 o 5 mesi si dice che tutto sommato le cose vanno molto meglio e c'è una maggiore stabilità in Iraq. È vero o lo dicono solo per controbilanciare l'orrendo e tetro elenco di morti quotidiano?
- Credo che in molte aree del paese questo sia vero. Sicuramente nelle zone curde del nord si sono fatti dei passi avanti. Lo stesso dicasi per molte zone del sud e persino del cosiddetto 'triangolo sunnita' abbiamo ottenuto qualche progresso. C'è ancora molto da fare, ma ci sono ancora delle sacche di resistenza e non si tratta solo di iracheni che appoggiano Saddam Hussein o che sono scontenti della nostra presenza. Si tratta di guerrieri stranieri. Sono terroristi che cercano di crearsi un punto d'appoggio fomentando l'odio contro di noi e ci saranno ancora zone a rischio. Perdere uno solo dei nostri soldati è una tragedia e dobbiamo fare tutto il possibile per aumentare la sicurezza affinché i nostri giovani, uomini e donne, non sacrifichino più la loro vita in questa misura spaventosa
Dave - E' sempre un grande piacere averla tra noi. Questo è il libro 'La mia vita. La mia storia', compratelo perché vogliamo assicurarci che ne venda più di suo marito. Tanto per movimentare le cose a casa...
- Mi sta mettendo in un mare di guai.
Dave - No, no, se la caverà.
- Prima che vada, come sta Harry (il neonato di Dave, ndD)?
Dave - A meraviglia.
- Mi fa piacere.
Dave - Come ho già detto, Harry ha sei mesi ed è eccezionale. È un dono che non avrei mai immaginato di ricevere e di cui ancora non mi capacito.
- E' un miracolo.
Dave - E' stato un vero piacere
- Grazie.
Dave - E' stato bello rivederla
- Il piacere è tutto mio.
Dagospia 02 Maggio 2004